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Caso Server: razzismo nel basket Usa

Caso Server: razzismo nel basket Usa

Sport L'uso di un linguaggio insensibile alla razza, disparità di trattamento delle lavoratrici, dichiarazioni e comportamenti discriminanti di genere e il rapporto con i dipendenti, tra urla e insulti. Nella Nba che da anni si espone in prima fila contro le intolleranze c’è il secondo caso tra i proprietari delle franchigie finito nei guai per razzismo e bullismo

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 16 settembre 2022

L’uso di un linguaggio insensibile alla razza, disparità di trattamento delle lavoratrici, dichiarazioni e comportamenti discriminanti di genere e il rapporto con i dipendenti, tra urla e insulti. Nella Nba che da anni si espone in prima fila contro le intolleranze c’è il secondo caso tra i proprietari delle franchigie finito nei guai per razzismo e bullismo. Il patron dei Phoenix Suns, Robert Sarver, è stato punito dalla lega con una multa da dieci milioni di dollari e con la sospensione dal suo ruolo di presidente per un anno. Non potrà essere presente in nessuna struttura delle squadre, né partecipare ad eventi o rappresentarle in alcun modo, così come non potrà avere nessun ruolo nelle operazioni messe in atto. I dieci milioni di dollari della multa saranno destinati alle organizzazioni che si impegnano ad affrontare questioni razziali e di genere sia sul posto di lavoro che al di fuori.

La pena inflitta dalla lega al proprietario dei Suns è stata assai discussa, stelle come Lebron James e Chris Paul (la star dei Suns di proprietà Sarver) hanno accusato la Nba di esserci andata con la mano troppo leggera

LA VICENDA Sarver ha avuto inizio con un articolo-denuncia sul sito di Espn, a novembre. E’ partita così un’indagine indipendente, sono state ascoltate 320 persone tra impiegati ed ex dipendenti della franchigia, che hanno lavorato negli ultimi diciotto anni della proprietà di Sarver, consultati oltre 80 mila documenti più email, messaggi di testo e video. Nel comunicato ufficiale, la Nba ha precisato che Sarver e i vertici della squadra hanno collaborato attivamente alla raccolta delle informazioni. Nel rapporto consegnato alla Nba, è risultata una condotta che violava chiaramente gli standard da tenere sul posto di lavoro.

LA PUNIZIONE inflitta dalla lega al proprietario dei Suns è stata assai discussa, stelle come Lebron James e Chris Paul (la star dei Suns di proprietà Sarver) hanno accusato la Nba di esserci andata con la mano troppo leggera. Secondo James, la Nba non si è mostrata come un esempio dei valori che gli atleti vogliono rappresentare mentre Paul è stato ancora più duro, lega non all’altezza e sanzione non adeguata al comportamento di Sarver. Lo stesso Chris Paul era la star dei Los Angeles Clippers di proprietà di Donald Sterling, che fu praticamente estromesso dalla Nba otto anni fa  – cedendo la franchigia per diversi miliardi di dollari – con lo stesso carico di accuse rivolte a Sarver. Paul guidò la protesta dei compagni di squadra contro il datore di lavoro, si sfilarono la maglietta lasciandola cadere sul parquet al centro del logo dei Clippers, prima di una partita di playoff contro Golden State.

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