Caso Ruby, il Csm è orientato a non dare seguito alle accuse a Bruti Liberati
Giustizia Dopo la lettera del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il Consiglio superiore della magistratura decide di non inviare al procuratore generale della Cassazione la richiesta di vagliare la questione dell’assegnazione del fascicolo Ruby che ha innescato uno scontro senza precedenti all’interno della procura di Milano
Giustizia Dopo la lettera del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il Consiglio superiore della magistratura decide di non inviare al procuratore generale della Cassazione la richiesta di vagliare la questione dell’assegnazione del fascicolo Ruby che ha innescato uno scontro senza precedenti all’interno della procura di Milano
Riunione complicata quella di ieri sera al Consiglio superiore della magistratura (Csm). Anche se le indiscrezioni per tutta la giornata hanno anticipato quello che poi dovrebbe essere stato l’esito del plenum (troppo tardi per darne conto su questo giornale): non ci sarà nessuna richiesta al procuratore generale della Cassazione di vagliare la delicata questione dell’assegnazione del fascicolo Ruby ter che ha innescato uno scontro senza precedenti all’interno della procura di Milano.
Il braccio di ferro prosegue dallo scorso marzo, da quando il procuratore aggiunto Alfredo Robledo ha denunciato al Csm il capo della procura Edmondo Bruti Liberati per presunte irregolarità nell’assegnazione delle più scottanti inchieste, dall’Expo al caso Ruby, dal San Raffaele all’inchiesta Gamberale-Sea. Sembra che il nuovo orientamento del Csm, che suona come una marcia indietro, una sorta di non luogo a procedere nei confronti del capo della procura di Milano, sia stato fortemente influenzato da una lettera che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (che è anche presidente del Csm) ha scritto proprio l’altro giorno al vice presidente Michele Vietti. Insomma, questa partita la decide l’arbitro.
Cosa ha “suggerito” Napolitano? Come ha spiegato lo stesso Vietti, “ha auspicato che nell’esame delle proposte sullo scontro alla procura di Milano si tenga conto del ruolo e delle responsabilità che la legge assegna ai dirigenti degli uffici e che ci si preoccupi di salvaguardare la credibilità della magistratura, che non può essere indebolita da polemiche”. Nella lettera, il presidente avrebbe raccomandato di rispettare quanto stabilito dalla riforma dell’ordinamento giudiziario del 2006, e cioè il rafforzamento del ruolo e dei poteri del procuratore della Repubblica.
Un auspicio che sembra fatto apposta per tutelare la figura di Bruti Liberati, e forse non è un caso se poche ore prima della riunione del Csm i relatori delle pratiche hanno presentato due proposte “integralmente sostitutive” rispetto a quelle approvate nei giorni scorsi in Commissione. Le modifiche più significative riguardano la relazione della Settima Commissione, quella che criticava più duramente la gestione del procedimento Ruby da parte di Edmondo Bruti Liberati: il passaggio in cui si chiedeva che gli atti fossero mandati al Pg (il titolare delle azioni disciplinari nei confronti dei magistrati) è stato cancellato, e sostituito con una considerazione poco incisiva sul fatto che sarebbe stato “preferibile” mettere per iscritto le ragioni dell’assegnazione delle inchieste contestate dal pm Robledo. Insomma, una piccola infrazione non tale dal far dubitare della sua correttezza ed imparzialità. Anche il testo relativo al caso Ruby è stato “addolcito” rispetto all’originale in cui si censurava la mancanza di una motivazione formale dell’assegnazione del fascicolo a Ilda Boccassini.
Tra le proposte sul tavolo del Csm ce n’erano alcune che chiedevano di aprire la procedura del trasferimento d’ufficio per il pm Robledo. Una volta sciolta l’ingarbugliata procedura, non sarà comunque il Csm a decidere sulla permanenza di Bruti Liberati al vertice della procura di Milano: già oggi il procuratore ha superato i 70 anni, età pensionabile per tutta la pubblica amministrazione, dunque anche per i magistrati.
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