Politica

Caso Open, il senato sta con Renzi

Caso Open, il senato sta con RenziMatteo Renzi ieri durante il suo intervento in senato – LaPresse

Giustizia L'aula vota a grande maggioranza per sollevare un conflitto di attribuzione contro i pm di Firenze che hanno chiesto il rinvio a giudizio del senatore di Rignano per finanziamento illecito: «Dovevano chiedere l'autorizzazione per sequestrare mail e whattsap». Contrari solo M5S (che si era astenuto in giunta) e Leu

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 23 febbraio 2022

Sarà che aveva alimentato aspettative eccessive, promettendo addirittura di far «tremare» l’aula, ma ieri sera l’intervento auto difensivo di Matteo Renzi in senato è scivolato via quasi scontato. Tutto già sentito, il senatore del resto aveva avuto la possibilità di esporre in giunta per le autorizzazioni le sue ragioni contro i pm fiorentini che ne hanno chiesto il rinvio a giudizio per finanziamento illecito, considerando la fondazione Open la cassaforte per la sua scalata al Pd e al governo. La giunta gli aveva dato ragione, chiedendo al senato – con l’astensione di Pd e 5 Stelle – di sollevare conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale contro la procura fiorentina, colpevole di aver utilizzato mail, messaggi whatsapp ed estratto conto di Renzi senza chiederne l’autorizzazione preventiva al parlamento. E ieri sera l’aula del senato ha risposto di sì, con il solo voto contrario dei 5 Stelle (che dopo quell’astensione in giunta avevano fatto autocritica) e di Leu. Nel Pd ha prevalso, alla fine, un orientamento garantista e il partito ha votato a favore, insieme a tutto il centrodestra.

Il senato dunque si affiderà all’avvocatura dello stato per chiedere alla Corte costituzionale di disegnare i confini dell’articolo 68 della Costituzione, che dopo la riforma post Tangentopoli del 1993 che ne ha limitato l’ambito continua tuttavia a tutelare la corrispondenza dei parlamentari. Per sequestrarla dev’essere chiesta l’autorizzazione preventiva, così come per le intercettazioni telefoniche o ambientali. Ma non per le intercettazioni indirette, quelle cioè che gli inquirenti registrano sulle utenze di terze persone non parlamentari, in contatto con deputati o senatori. È il caso della mail e dei messaggi di Renzi, che si trovavano nei telefoni e nei computer di altri indagati cittadini semplici dell’inchiesta Open e che sono stati per questo sequestrati e utilizzati per motivare gli atti investigativi. E per questa via sono arrivati ai giornali, tant’è che è ormai a tutti nota la storia di Renzi che si fa pagare dalla fondazione il noleggio dell’aereo per andare negli Usa. Per Renzi i pm hanno violato la Costituzione, tant’è che li ha contro denunciati per abuso d’ufficio. Pur continuando, arditamente, a sostenere che non vuole opporsi all’utilizzo della sua corrispondenza, che non ha nulla da nascondere.

«Abbiamo dei pm che si ritengono depositari di una verità fattuale, sostituti della politica, ispiratori dei commenti sui giornali e addirittura pronti a disattendere il dettato costituzionale», ha detto ieri in aula il senatore di Rignano. Impostando un discorso a difesa della «politica» contro il «populismo» che poco si concilia, per esempio, con i toni della sua campagna elettorale per il referendum costituzionale del 2016 pagata, abbiamo saputo dagli atti dell’indagine, con i fondi bonificati alla fondazione Open da un bel numero di società private. Per la relazione della giunta, firmata dalla senatrice Modena di Forza Italia, non c’è dubbio che messaggi whatsapp e mail siano da assimilare alla corrispondenza. Tesi condivisa dal Pd, la cui posizione ha argomentato il senatore Parrini: «Il conflitto di attribuzione può rappresentare un fattore di chiarezza, utile alla politica e ai giudici, non è una mancanza di rispetto per l’indipendenza della magistratura». Ma il senato non ha deciso di chiedere un parere consultivo alla Corte costituzionale, cosa non prevista, bensì ha deciso di agire contro i pm fiorentini perché pensa che abbiano violato l’articolo 68 e la legge 140 del 2003 che ne ha attuato la previsione (all’articolo 4 dispone che l’autorità giudiziaria debba aspettare l’autorizzazione del parlamento per sequestrare la corrispondenza). Viceversa, per il senatore Pietro Grasso che è intervenuto per Leu, mail e whatsapp non sono assimilabili alla corrispondenza perché, come sostenuto anche dalla Cassazione nel 2021 – che però non si riferiva alle guarentigie dei parlamentari – quando sequestrati nella memoria di un telefono hanno natura di «documenti». Con Leu anche i 5 Stelle, che hanno cambiato l’orientamento espresso in giunta «per coerenza ai nostri valori», come ha detto Conte (valori che evidentemente vacillarono quando il Movimento votò contro l’autorizzazione a procedere per Salvini nel caso Diciotti). «Bisogna eliminare le zone grige nei rapporti tra un portatore di interessi e una forza politica», ha detto la capogruppo grillina Castellone. Dimenticando che dall’inchiesta Open sono venuti fuori anche i pagamenti di Onorato a Grillo e alla Casaleggio e le pressioni del «garante» sui parlamentari M5s nell’interesse dell’armatore. Anche qui indaga una procura (Milano). «È capitato a me, può capitare a tutti», ha detto Renzi. Alla fine 167 voti per lui e 67 contro.

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