Casaleggio: il parlamento ha i lustri contati
M5S Il capo della piattaforma Rousseau profetizza la fine della delega e della democrazia indiretta. Il vice premier Di Maio non lo smentisce: di solito ci azzecca
M5S Il capo della piattaforma Rousseau profetizza la fine della delega e della democrazia indiretta. Il vice premier Di Maio non lo smentisce: di solito ci azzecca
«Il parlamento potrebbe chiudere domani, nessuno se ne accorgerebbe» diceva Beppe Grillo cinque anni fa, quando il Movimento 5 Stelle era all’opposizione e Gianroberto Casaleggio profetizzava che «il peso delle decisioni si sposterà sul cittadino togliendo la delega al parlamento, i tempi non si possono sapere ma è ineluttabile». Ieri il figlio di Gianroberto, Davide, erede dell’associazione Rousseau che tiene le redini del Movimento, ha dettagliato la previsione e offerto un orizzonte temporale: «Tra qualche lustro è possibile che il parlamento non sarà più necessario». Luigi Di Maio, vertice del Movimento nel governo o, come ha detto lui stesso, nel «paese», ha raccomandato di prenderlo sul serio: «Di solito i Casaleggio ci prendono sempre quando parlano di futuro».
Non che questa affermazione del vicepresidente del Consiglio sia del tutto vera, per esempio Gianroberto Casaleggio qualche anno fa aveva previsto la chiusura entro il 2018 di un bel po’ di giornali quotidiani, come la Gazzetta dello Sport, il Corriere della Sera, il Sole 24 Ore e la Repubblica, che per fortuna sono ancora in edicola oltre che in rete. E Davide Casaleggio ha del resto scelto proprio un quotidiano di carta, uno tra i più giovani (il destro la Verità che non ha ancora due anni di vita), per la sua lunga intervista di ieri. Interrompendo il tradizionale silenzio stampa, Casaleggio figlio ha spiegato che il futuro della «democrazia digitale» per molti versi è già tra noi: «La democrazia partecipativa è già una realtà grazie a Rousseau che per il momento è stato adottato dal M5S ma potrebbe essere adottato in molti altri ambiti». Intendendo forse che altri partiti potrebbero decidere di aderire alla piattaforma, magari obbligando anche i loro parlamentari, come già i grillini, a devolvere 300 euro al mese all’associazione di cui Davide Casaleggio è presidente. Più probabile che l’allusione si riferisca alla possibilità – persino più inquietante – che qualche amministrazione pubblica possa adottare il software licenziato dalla Casaleggio associati.
Tra le altre affermazioni notevoli dell’intervista a Casaleggio figlio, quella in risposta alla domanda sull’immigrazione: è una vera emergenza? «Quel che conta è la percezione che ne hanno i cittadini», l’assioma che serve a coprire la stretta governativa. La frase più forte è però quella sul parlamento, preceduta dalla convinzione che «oggi grazie alla rete esistono strumenti di partecipazione decisamente più democratici ed efficaci in termini di rappresentatività popolare di qualunque modello di governo novecentesco». La Verità non ha fatto notare a Casaleggio che alle ultime elezioni online sulla piattaforma Rousseau, la settimana scorsa, hanno partecipato poco più di 13 mila elettori, mentre alle ultime elezioni politiche «novecentesche» gli elettori del M5S sono stati tra Italia ed estero quasi undici milioni. Per un parlamento che, secondo Casaleggio figlio, potrebbe continuare ad esistere «con il suo primitivo e più alto compito: garantire che il volere dei cittadini venga tradotto in atti concreti e coerenti», ma potrebbe pure «tra qualche lustro non essere più necessario».
La correzione di tiro di Di Maio è quasi impercettibile, «starà a noi nel lavoro che faremo dimostrare che invece il parlamento è ancora uno strumento utile e democratico per questo paese» dichiara il vicepremier. Mentre il ministro ai rapporti con il parlamento (e la democrazia diretta) Fraccaro si lancia in un’interpretazione ardita: «Vuole valorizzare il parlamento con la piattaforma Rousseau». Nulla dichiara il presidente della camera Fico che nel suo primo discorso aveva annunciato di voler recuperare la «centralità» delle camere. Mentre le opposizioni ovviamente insorgono e ricompare anche la ex ministra Boschi. Però non se la prende con i grillini ma con gli avversari della«sua» riforma costituzionale del 2016: «Ci hanno accusato di deriva autoritaria, adesso i custodi della Costituzione dove sono?».
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