Casa, Luca Fagiano in sciopero della fame contro il silenzio della politica
Movimenti Incontro con l'attivista del Coordinamento cittadino di lotta per la casa ai domiciliari per il corteo del 31 ottobre
Movimenti Incontro con l'attivista del Coordinamento cittadino di lotta per la casa ai domiciliari per il corteo del 31 ottobre
«Il signor Luca Fagiano si trova al citofono a sinistra». Il cartello, con il nome dell’attivista del Coordinamento cittadino di lotta per la casa conosciuto ai più per la partecipazione alle trasmissioni di Santoro e Formigli dopo la manifestazione del 19 ottobre 2013, è esposto all’entrata di via del Casale Demorense a Roma.
L’occupazione abitativa è composta da una scuola e una clinica e da otto anni ospita centinaia di persone, molti nuclei familiari italiani e maghrebini. Siamo a Tor Marancia, uno spicchio di quartiere assolato sulla Cristoforo Colombo, poco distante dalla sede della giunta Regionale del Lazio che svetta all’entrata di Garbatella. Lunghi corridoi e passaggi sospesi, considerati cattedrali dello spreco e occupati per denunciare le speculazioni di «Lady Asl» Anna Giuseppina Iannuzzi sugli immobili dell’Ipab in locazione a Roma.
C’è un’aria familiare, vapori domestici, bambini che guardano placidi dai loro passeggini le madri velate che stendono la biancheria nei corridoi. Luca Fagiano è nato a Ostia ed è arrivato alle lotte per la casa dopo un lungo periodo di militanza iniziato con gli studenti medi e proseguito con le attività del Vittorio occupato dove si è battuto per i diritti dei migranti. Al «Casale», tre anni fa, ha incontrato la sua compagna Samia. Il cartello con il suo nome si ripete ad ogni scala e indica la strada alle forze dell’ordine che, ad ogni ora del mattino o della notte, controllano che rispetti gli obblighi di dimora imposti dal Gip Cinzia Parasporo.
Cinque mesi dopo il corteo del 31 ottobre 2013 a Fagiano, a Paolo Di Vetta dei Blocchi Precari Metropolitani (Bpm) e ad altri 15 attivisti romani sono state rivolte le accuse di adunata sediziosa, violenza, resistenza, lesioni, danneggiamento aggravati e, quello più grave, di «rapina» di un manganello e di uno scudo di protezione in dotazione ai carabinieri, restituito dai manifestanti. Lunedì, a 4 dei 17 indagati romani, il Gip ha trasformato l’arresto domiciliare in obbligo di firma. A Fagiano è stato concesso di recarsi al suo lavoro da educatore, ma per lui come per Di Vetta e altri restano i domiciliari.
«La manifestazione del 31 ottobre era determinata – racconta Fagiano – dal presidio di Montecitorio ci siamo mossi verso via della Stamperia dove si teneva la conferenza Stato Regioni con all’ordine del giorno il problema degli sfratti. Con la mediazione della Questura siamo attivati in via del Tritone dove abbiamo trovato lo sbarramento delle camionette. È nato un parapiglia tra centinaia di persone e i cordoni di polizia, la gente spingeva ed era impossibile arretrare. Noi abbiamo chiesto di passare, inutilmente. La tensione è salita e gli agenti hanno iniziato a manganellarci. Noi abbiamo cercato di fermarli con le nostre mani, come atto di auto-difesa».
L’accusa di «rapina» viene ritenuta inverosimile rispetto a quanto accaduto. «Ridurre le lotte sociali a questioni di ordine pubblico significa delegittimare il loro senso come accade per il movimento No Tav – riflette Fagiano – Si vuole far tacere una voce scomoda e prevenire la crescita dei movimenti sociali. L’ascesa di Renzi ha fatto calare il silenzio sull’emergenza sfratti che è un dramma in Italia. Sento che il clima sta cambiando a Roma».
Visibilmente indebolito da una settimana di sciopero della fame, l’attivista si nutre di tè o caffé «molto zuccherati» e spiega le ragioni della sua protesta con Di Vetta, che ha ricevuto la visita della deputata 5 Stelle Roberta Lombardi: «Il silenzio della politica è assordante – afferma Fagiano – Siamo stati ricevuti dal presidente della regione Nicola Zingaretti, dal suo vice Massimiliano Smeriglio, dal sindaco Ignazio Marino e dal suo vice Luigi Nieri [di cui oggi Il Manifesto pubblica un intervento, ndr.]». Questa negoziazione conflittuale ha portato alla definizione di una delibera regionale sull’emergenza abitativa e allo stanziamento di un fondo da 15 milioni di euro per il recupero pubblico abitativo e sociale degli immobili.
«Dopo i provvedimenti tutto è stato sospeso – sostiene Fagiano – Noi vogliamo proseguire sulla strada del confronto con i movimenti. La politica non può pensare che che una manifestazione e un percorso politico siano riducibili all’idea di una rapina collettiva». Contro il silenzio, e in solidarietà con Fagiano e gli altri, i movimenti hanno realizzato ieri un blitz sui ponteggi della Piramide Cestia dove domani alle 15 partirà un corteo verso il Campidoglio. «Vogliamo parlare con il sindaco Marino – hanno detto – perché il Comune deve realizzare il piano di emergenza sulla casa».
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