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Carne, mangiamone meno e meglio

Greenpeace lancia una nuova campagna a livello globale: ridurre la produzione e il consumo e di carne e prodotti lattiero-caseari del 50 per cento, a livello globale, entro il 2050. […]

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 19 aprile 2018

Greenpeace lancia una nuova campagna a livello globale: ridurre la produzione e il consumo e di carne e prodotti lattiero-caseari del 50 per cento, a livello globale, entro il 2050.

Meno carne e prodotti lattiero-caseari per un clima migliore, per la salvaguardia delle foreste e della biodiversità, per consumare e inquinare meno acqua, per il benessere degli animali, per avere a disposizione più cibo per le persone e – da ultimo, ma non meno importante – per una salute migliore.

Si pensa sempre ai trasporti e alle industrie, ma gli allevamenti intensivi sono un’altra grande fonte di emissioni di gas serra causate dall’uomo. Secondo i dati della FAO le emissioni sono pari a circa il 14 per cento del totale. Gestione dei liquami, produzione e uso di fertilizzanti e pesticidi nella produzione dei mangimi, il processo di digestione dei ruminanti e il cambiamento d’uso del suolo (per far spazio a pascoli e produzione di mangimi), generano grandi quantità di gas a effetto serra, come l’anidride carbonica, il metano e il protossido di azoto. Ridurre la produzione e il consumo di carne, e derivati del latte, diventa quindi fondamentale per rispettare gli impegni presi con l’Accordo di Parigi sul clima, ma non solo. Una vasta area di terra coltivabile e produzione agricola è destinata alla mangimistica animale invece che a nutrire direttamente le persone: oltre il 50 per cento nell’Unione europea e circa un terzo a livello globale secondo i dati della FAO. Ciò comporta anche una minaccia per la sicurezza alimentare e un incremento del degrado dell’ambiente, deforestazione compresa, sia nell’UE che a livello globale.

Il modello industriale di allevamento intensivo è anche una strada senza uscita per molte aziende agricole a conduzione familiare che ora sono sull’orlo della bancarotta. Intrappolate fra debiti e costi elevati per gli input esterni da un lato e bassi prezzi di mercato dall’altro.
In Europa i settori della carne e della distribuzione sono molto concentrati, e le dimensioni degli allevamenti sono drasticamente cresciute nell’ultima decade, fino ad arrivare alla situazione attuale con tre quarti degli animali allevati in aziende molto grandi, mentre il numero degli animali allevati nelle aziende di piccole dimensioni si è più che dimezzato durante lo stesso periodo.

La richiesta all’Unione europea e al prossimo governo italiano è di mettere fine ai sussidi che sostengono la produzione intensiva di carne e prodotti lattiero-caseari e di incrementare invece sussidi e politiche a sostegno di aziende agricole ecologiche e locali.

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