Chi già negli anni Settanta restò folgorato (e non è iperbole) dalla lettura della Svastica sul sole, I simulacri, La penultima verità, di Philip Dick, allora ripubblicati dall’Editrice Nord in edizioni rilegate, non può non ricordare le prefazioni di Carlo Pagetti, che affrontava uno scrittore di fantascienza (genere allora tutt’altro che amato dall’accademia) con l’acume critico e la capacità di analisi proprie a un brillante anglista-americanista. Cominciava così la lunga relazione dello studioso milanese con lo scrittore californiano, vero e proprio nume tutelare dello stato più a ovest dell’ovest: una relazione ora coronata da Il mondo secondo Philip K. Dick (Mondadori, pp. 382, euro 15,00).

Quasi tutte le prefazioni che Pagetti ha scritto per l’edizione integrale Fanucci dell’opera di Dick si trovano raccolte in questo sostanzioso volume, testimonianze – a partire dagli anni 2000 – del definitivo sdoganamento di un classico contemporaneo: una quarantina di titoli che costituisce la migliore introduzione all’opera di un narratore di grande leggibilità, ma di non sempre facilissima interpretazione.
Come spiega Pagetti, Dick aspirava a diventare uno scrittore realistico, concentrato sull’America suburbana e piccolo borghese se non proletaria, ma non trovò sponda presso le case editrici «rispettabili» (tranne per due romanzi, Tempo fuor di sesto e La svastica sul sole, editi da Lippincott, che però riuscirono presto come pulp paperback con alieni e astronavi sulla copertina).

Avrebbe potuto essere un altro Richard Yates, ma dovette incanalare la sua produzione verso le riviste di fantascienza e verso il fantasy, per poi restar confinato in quello che all’epoca era effettivamente un ghetto perlopiù ignorato dall’accademia e decisamente povero: la iperproduzione di Dick era la risposta alle basse retribuzioni, che rendevano difficile sbarcare il lunario. Vi troviamo di tutto, dalla quotidianità delle periferie di In questo piccolo mondo alla visionarietà religiosa di Invasione divina, dall’inferno dei tossici di Un oscuro scrutare all’utopia antipsichiatrica di Follia per sette clan.

Il complesso rapporto di Dick con la fantascienza, della quale è al tempo stesso un innovatore e un demolitore, viene analizzato puntualmente da Pagetti man mano che ci guida nelle opere fondamentali come in quelle meno note; e l’attenzione va anche ai romanzi realistici, usciti quasi tutti postumi, da leggere anche solo per lo scavo sociologico nei tranquilized Fifties, che visti da Dick non paiono sotto l’effetto di calmanti, anzi si direbbero percorsi da tutta una serie di inquietudini e gesti di ribellione. Un merito innegabile della stesura di Il mondo secondo Philip K. Dick sta nel proporre sempre i singoli romanzi nel duplice contesto biografico dell’autore e sociopolitico degli Stati Uniti dal 1950 ai primi anni Ottanta, mostrando come Dick, anche quando ci porta su Marte, ha sempre ben presente la sua California dove sta nascendo la postmodernità, dove si mettono in scena le prove generali del mondo in cui viviamo oggi.

Pagetti, inoltre, evita di appiattire Dick sulla dimensione filosofica se non pseudo-filosofica, non perdendo mai di vista la fitta trama di influenze letterarie che attraversano l’opera di questo scrittore dallo strano ma innegabile talento: ne esce un ritratto a tutto tondo, un atlante dei mondi sognati da Dick, una guida che aiuterà i futuri lettori e interpreti a non perdersi nelle sue realtà perfidamente ingannevoli.