Carlo Cassola, un grande scrittore e cittadino
I due lunghi racconti italiani che lessi da ragazzo con più emozione sono stati, tanti anni fa, Il taglio del bosco di Carlo Cassola e Casa d’altri di Silvio D’Arzo, assai diversi tra loro anche se entrambi ambientati in un contesto appenninico che conoscevo per esserci nato. Avevano un finale ugualmente luttuoso, che non poteva non risentire delle difficoltà e dei lutti dell’epoca, in un’Italia ancora molto povera, di scarsissime comunicazioni interne.
D’Arzo è morto molto giovane e ha lasciato purtroppo ben pochi scritti; Cassola è vissuto a lungo ed è stato un protagonista della nostra letteratura volendo bensì esserlo anche della nostra società. I suoi romanzi sono stati spesso dei best-seller, soprattutto La ragazza di Bube, che tornava al racconto della Resistenza dal dentro degli anni del boom e che suscitò gli odiosi sarcasmi del Gruppo 63, avanguardisti che erano bensì privi di un progetto comparabile a quelli di altre nouvelles vagues in giro per il mondo, a cominciare dalla francese. E non mi sembra che le loro opere abbiano ancora molto da dire ai nostri giovani e a noi stessi, facendo eccezione per molti versi di Sanguineti e di Balestrini, e qualcosa d’altro. Ma Cassola fu nella sua seconda stagione non soltanto scrittore, e volle però essere – dentro una storia che dava ancora grandi polemisti, da Pasolini a Sciascia a Fortini – anche una sorta di profeta politico, contemporaneo di Capitini e di Pannella e per molte convinzioni non lontano da loro.
Qualche anno fa e/o ripropose una lunga intervista (Conversazione su una cultura compromessa) che gli era stata fatta da un suo amico e seguace palermitano. E’ un testo decisamente politico, tra i non molti che danno ancora conto dei più gravi dilemmi del dopoguerra e del boom, dalla divisione del mondo tra due imperi alla paura atomica al risveglio di tanti paesi di America Latina, Asia, Africa… E’ uscito ora, edito direttamente dal Corriere della sera, un libro che raccoglie tutti gli articoli scritti da Cassola per il quotidiano tra il 1953 e il 1984 (Cassola e il Corriere della sera, più di 850 fitte pagine per 60 euro). Lo ha curato la bravissima Alba Andreini, la cui prefazione ha un titolo molto chiaro, che richiama quello dell’intervista citata: L’extraterritorialità di Carlo Cassola: il prezzo e le sfide di una cultura non compromessa.
Ha spesso toni profetici, questa specie di diario politico di un trentennio, che bensì non serve solo a conoscere (e apprezzare) meglio Cassola, ma anche a riflettere sulla nostra storia civile, culturale, politica. Ho avuto la fortuna di conoscere Cassola a Parigi in casa di sua cugina Lidia, che era una Campolonghi della famiglia di socialisti toscani che emigrò in Francia negli anni trenta o ancora prima per sfuggire alle persecuzioni fasciste. Ci intendemmo poco, perché mi sapeva amico di Capitini, e questa della rivalità con Capitini è una delle cose che non riesco – pur con tanta ammirazione e solidarietà con loro – a non rimproverare a Cassola come a Pannella, che accusavano Capitini di difetti che, a mio parere, erano piuttosto i loro, narcisismo, leaderismo… Se ne consideravano ingiustamente rivali, mentre sarebbe stato bello che si confrontassero e unissero le loro forze, il loro proposito di unire pensiero e azione come aveva voluto in passato Mazzini. E penso a quanto avrebbe giovato a tutti, e alla storia italiana di quegli anni, se i tre avessero proceduto in collegamento tra loro.
Cassola fu un po’ diffidente nei miei confronti e si sciolse solo quando si passò a parlare della letteratura del tempo, della francese come dell’italiana. Seguiva attentamente sia gli avvenimenti della politica quanto quelli della cultura – questi con la sensibilità e la passione del grande critico e «collega», e il libro lo dimostra magnificamente. Il convegno che a partire da quello si è tenuto a Milano, proprio nella sede del Corriere sulla parte più critica e più attiva e politica e quotidiana del suo lavoro, ha reso giustizia a un grande scrittore che fu anche, sin dalla Resistenza, un grande cittadino.
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