Rubriche

Carla Accardi senza passato

Divano La rubrica settimanale a cura di Alberto Olivetti

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 31 marzo 2017

Sono cinque i punti propositivi e programmatici elencati nel Manifesto del Gruppo Forma sottoscritto a Roma, il 15 marzo del 1947, da otto artisti: Accardi, Attardi, Consagra, Dorazio, Guerrini, Perilli, Sanfilippo e Turcato. Il primo recita: «in arte esiste soltanto la realtà tradizionale ed inventiva della forma pura». La forma è in grado di contrastare efficacemente le derive del decadentismo, dello psicologismo e dell’espressionismo. E la ricerca della forma si muove e prende avvio marcando una separazione netta, una vera e propria repulsa da «ogni esperienza tendente ad inserire nella libera creazione d’arte fatti umani attraverso deformazioni».

La forma pura, dunque, contro ogni de-formazione, o sia contro le dinamiche e le interferenze che la costringono a ibridazioni incongrue, nate dall’indulgere a psicologismi di varia natura. Così è fonte di de-formazione in arte il non sapersi liberare dagli svariati, numerosi e poco interessanti canoni compositivi che limitano la creazione artistica ad un contatto con «la natura intesa sentimentalmente». Guardarsi da ogni coinvolgimento ‘sentimentale’. Diffidare dell’artista che guarda ‘ispiratamente’ al mondo, segue l’emozione immediata che lo afferra o si abbandona ad evocare uno stato d’animo, un lontano ricordo: «tutto ciò non ci interessa ai fini del nostro lavoro». E invece, si ribadisce che in arte l’espressione o è insita nella forma e risiede come segno perfetto nei margini della cifra, della sigla o l’esprimersi è un restare al di qua dell’ambito dell’arte. Nel terzo punto si concepisce l’espressione quale integralità e compiutezza del quadro e della scultura come tali, conclusi e astanti, in ‘presenza’. Se dunque «il quadro, la scultura, presentano come mezzi di espressione il colore, il disegno, le massa plastiche, e come fine una armonia di forme pure», gli otto artisti affermano che «la forma è mezzo e fine». La coincidenza di mezzo e fine fa sì che l’opera si affermi come la realizzazione di una endiadi che immedesima colore e disegno. Disegno in forma di colore. Colore in forma di disegno. Se tale è l’intento si tratta di recingere una porzione misurata di superficie a renderla spazio circoscritto e riconoscibile, formulato in sigla, in lemma, in cifra, in segno. Lemma, segno, cifra, sigla che, una volta istituiti, siano suscettibili di elaborazioni modulari tali da consentire nell’invarianza non esercizi di mera ripetizione, ma una ricognizione, la scoperta, propriamente, de le forme della forma. È la forma che genera per accostamento, replica e combinazione la sua declinazione plurale, conseguita in virtù di ripetute disposizioni della formula singolare. Disporre; avvicinare; sovrapporre; distanziare; ridurre. Far collimare con una congrua indagine modulare la forma fissata, per verificare se non vi sia eccesso, o disparità, ed, a contrasto, evincere dal positivo il negativo, conseguire dal dentro il fuori. Comporre. Agire il lemma, la cifra, il segno come libera creazione. Pura, non pregiudicata da «elementi spurii», ovvero, si legge nell’ultimo punto del Manifesto, «il casuale, l’apparente, l’approssimativo, il sensibilismo, la falsa emotività, gli psicologismi». Non il casuale, allora, ma il calcolato, l’essenziale e il primario. Non l’apparente, ma l’effettivo, il sostanziale, lo strutturale. Non l’approssimativo, ma l’esatto, il preciso. Esattezza del costrutto, estrema precisione esecutiva, assidua indagine e verifica costante di un codice primario perseguito nella sua aperta formulazione come rivelazione semantica continua: tanto mostrano le trentasette opere di Carla Accardi esposte a Roma, presso La Nuova Pesa in collaborazione con la Galleria Mucciaccia, a cura di Fabrizio D’Amico, che introduce il prezioso catalogo Carla Accardi senza passato edito da Carlo Cambi.

Trentasette smaglianti dipinti, da Rosso del 1954 a Minuti e decenni del 2012. Ho creduto opportuno richiamare gli assunti del 1947 di «Forma» perché la importante mostra documenta perfettamente la viva coerenza di Accardi, la felicità che la prende, nel corso di settant’anni, nell’approfondire i principi della sua passione di pittrice.

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