Lavoro

Cariche e botte, Ikea fa il bis

Cariche e botte, Ikea fa il bisLavoratori in presidio

Appalti Nuova protesta dei facchini per le condizioni di lavoro a Le Mose. Bloccato il magazzino, nonostante le manganellate

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 8 maggio 2014

Con il presidio operaio ancora saldo nella notte davanti ai cancelli, potrebbe restare chiuso fino a domenica il “Deposito 2” di Ikea, il più grande magazzino del sud Europa della multinazionale. Un luogo già simbolo delle spesso insostenibili condizioni di lavoro nel comparto della logistica e del facchinaggio, diventato ancora una volta teatro di una efficace protesta contro le pratiche organizzative delle cooperative che gestiscono l’attività nell’area piacentina di Le Mose. Metodi che i manifestanti, documenti alla mano, definiscono come antisindacali e lesivi dei diritti dei lavoratori.

La sospensione dell’attività del magazzino è stata comunicata da Ikea Italia Distribution “in seguito al blocco ai cancelli attuato questa mattina ad opera di un gruppo di manifestanti, blocco che impedisce l’accesso sia dei lavoratori che delle cooperative, sia dei mezzi di trasporto e quindi delle operazioni di carico e scarico”. Quello che la multinazionale non ha scritto sono le cariche di polizia e carabinieri in assetto antisommossa, impegnati per ore nel vano tentativo di rimuovere i picchetti organizzati dai facchini del sindacato intercategoriale Si Cobas, con l’aiuto dei giovani del Network antagonista piacentino e, da Bologna, del Laboratorio Crash e dello Spazio occupato Hobo.

A fare da detonatore alla protesta, come già accadde nel 2012, sono stati i “licenziamenti temporanei” di 33 facchini – sei italiani e gli altri originari di Albania, Marocco, Algeria, Macedonia, Tunisia, Romania, Filippine, Brasile, Senegal e Nigeria – e il tentativo di sostituirli con personale esterno. Provvedimenti presi da un’altra vecchia conoscenza del macrocosmo de Le Mose, la cooperativa San Martino, aderente a Confocooperative e che ha in appalto una parte dei servizi all’interno del magazzino Ikea.

Due anni fa la stessa coop di facchinaggio, con le gemelle Crystal ed Euroservice, faceva parte del consorzio Cgs, sorta di general contractor cui la multinazionale svedese aveva dato carta bianca. In seguito alle proteste per le condizioni di lavoro, la scorsa estate Ikea aveva deciso di organizzare una nuova selezione. “La gara – segnala Roberto Luzzi del Si Cobas – è stata vinta dalla San Martino, che era la coop più forte dentro il consorzio Cgs, cui è stata affiancata una teorica new entry come la Sigest. Che, guarda caso, ha la sede allo stesso indirizzo della Crystal”.

Ora la San Martino annuncia querele contro Edoardo Pietrantoni del Si Cobas e Carlo Pallavicini, consigliere comunale di Rifondazione, in prima fila in una mobilitazione che dovrebbe portare a una manifestazione cittadina, così come accadde nel 2012. “Adesso non c’è più margine al dialogo – replicano dal sindacato di base – finché non mandano via la San Martino. Oltre ai problemi contrattuali e sanzionatori fanno picchiare la gente, e sostituiscono quelli che scioperano con altri operai. Non si gioca con la vita della gente”. Da Montecitorio, Giovanni Paglia di Sel chiede alla San Martino una marcia indietro: “La sospensione dei dipendenti iscritti al Si Cobas appare chiaramente una ritorsione, e non è accettabile che imprenditori o presidenti di cooperative si scelgano soggetti sindacali a proprio piacimento”. Mentre Paolo Ferrero osserva: “Ancora una volta la risposta per chi lotta è il manganello. Chiediamo il reintegro dei lavoratori sospesi e l’avvio immediato di un confronto per migliorare le condizioni di lavoro interne ad Ikea, così come richiesto dai lavoratori”.

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