Via libera ieri dal Consiglio dei ministri al decreto cosiddetto “svuota carceri”. Non un indulto né tanto meno un’amnistia, ma una «risposta di dignità del Paese all’emergenza carceraria – come ha detto il premier Enrico Letta – che se non affrontata avrebbe portato gli osservatori internazionali a puntare il dito sull’Italia incapace di gestire dignitosamente la vita nelle carceri», e il riferimento è chiaramente alla condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo che ha condannato solo pochi mesi fa l’Italia per la condizione di vita dei detenuti. 

Nel provvedimento «non c’è nulla che possa essere letto a favore o contro Silvio Berlusconi – ha sottolineato la guardasigilli Anna Maria Cancellieri – non tocca affatto il presidente Berlusconi ma la popolazione carceraria».
Le norme contenute del decreto agevolerebbero l’uscita e renderebbero più difficile l’ingresso in carcere dei detenuti. Così, secondo i calcoli della ministra Cancellieri, si arriverebbe ad avere seimila presenze in meno in due anni, escludendo dai benefici chi abbia compiuto reati gravi o reati di mafia. Per prima cosa il decreto allarga la cosiddetta “liberazione anticipata”, ovvero lo sconto di pena per buona condotta; in secondo luogo permetterebbe in alcuni casi di attendere in condizioni di libertà la decisione del tribunale di sorveglianza sulla richiesta di misure alternative al carcere.

Per le donne madri e per i detenuti con gravi patologie è sarà prevista direttamente la detenzione domiciliare, senza il passaggio per il carcere, e il decreto amplierà la platea di detenuti che potrà ricorrere a misure alternative al carcere, come i lavori di pubblica utilità o gli arresti domiciliari, per esempio permettendo l’accesso a questi meccanismi anche ai recidivi per i piccoli reati, abolendo nei fatti le norme restrittive inserite nell’ex Cirielli del 2005.

Per Fausto Raciti (Pd) «la direzione è quella corretta, ma ancora non basta per risolvere il dramma delle nostre carceri. Non c’è dubbio che ci sia bisogno di depenalizzare molti reati ma soprattutto c’è bisogno di un provvedimento di urgenza come l’amnistia o l’indulto». Della stessa opinione la stessa ministra Cancellieri che si dice «ancora convinta della necessità di un provvedimento come l’amnistia che porterebbe fuori dalle carceri almeno 20.000 persone».

Ancora una volta però il cammino per arrivare a un’amnistia sembra decisamente in salita, vista la maggioranza dei due terzi necessaria. E il Pdl, ma anche il movimento di Grillo – per non parlare della Lega e di Fratelli d’Italia – da quell’orecchio non sentono. Sembra poi difficile la revisione sostanziale delle leggi liberticide figlie del delirio securitario degli anni 2000 come la Bossi-Fini e la Fini-Giovanardi su immigrazione e droga, che continuano a portare un flusso continuo nelle carceri. Insomma il decreto del governo Letta servirà a poco e un’amnistia sarà solo una soluzione temporanea, se non si interverrà radicalmente sulle possibilità di detenzione alternativa e depenalizzando o mitigando le pene per molti reati.

Già la Lega, sfoderando il miglior repertorio da emergenza sicurezza attacca a testa bassa con Nicola Molteni, capogruppo in commissione giustizia a Montecitorio, che definisce il provvedimento «un condono per chi commette reati e una ulteriore resa dello Stato di fronte alla criminalità. Da un lato lo Stato controlla i conti correnti dei cittadini onesti, dall’altro libera e premia chi commette reati. Siamo al paradosso». Soddisfazione invece dal centrodestra di governo che con Renato Schifani e Altero Matteoli, soddisfatti di un provvedimento che definiscono «equilibrato».