Cappato: «Legalizzare per la democrazia»
ASSOCIAZIONE LUCA COSCIONI Le conclusioni del Consiglio generale dell'associazione radicale. Il tesoriere: «La ricerca scientifica avanza, servono nuove leggi. Non solo cannabis ed eutanasia: anche le nuove tecniche di modifica del genoma vanno normate»
ASSOCIAZIONE LUCA COSCIONI Le conclusioni del Consiglio generale dell'associazione radicale. Il tesoriere: «La ricerca scientifica avanza, servono nuove leggi. Non solo cannabis ed eutanasia: anche le nuove tecniche di modifica del genoma vanno normate»
«Legalizzare droghe, eutanasia, aborto, ricerca scientifica sulle staminali embrionali o sulla modifica del genoma: se la politica non si muove su questi temi viene superata dalla realtà della scienza e della società. Il governo italiano e il parlamento mostrano di non avere alcuna consapevolezza dell’urgenza di affrontare queste istanze che vengono dal basso. E a farne le spese non sono soltanto le singole persone, vittime del proibizionismo, ma tutto il sistema democratico». Il radicale Marco Cappato sintetizza così le principali richieste del Consiglio generale dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà della ricerca scientifica che si è concluso ieri, a Roma, dopo due giorni di dibattito.
Sulle sostanze e sull’eutanasia perfino il Parlamento non ha potuto ignorare la pressione dell’opinione pubblica. Eppure voi non rinunciate alla disobbedienza civile. Perché?
È vero, la Camera si appresta a discutere il prossimo 25 luglio il ddl sulla legalizzazione della cannabis sostenuto da un folto intergruppo parlamentare, mentre eutanasia e testamento biologico dopo essere stati divisi in due ddl separati, hanno appena cominciato l’iter ma sono fermi da tempo nelle commissioni Giustizia e Affari sociali. Con il referendum costituzionale alle porte, gli equilibri tra i partiti e le correnti interne alla coalizione di maggioranza stanno provocando una situazione di stallo. Anche sul ddl di legalizzazione della cannabis mi sembra che ci sia un clima di paura generalizzata che non facilita una discussione aperta e serena. A questo si aggiunge l’assenza di approfondimenti e dibattiti da parte del servizio pubblico radiotelevisivo. Nel frattempo, i nostri scienziati emigrano, i cittadini vanno all’estero per ottenere ciò che sarebbe un loro diritto, oppure cercano di cavarsela senza lo Stato. Chi vuole curarsi con la cannabis si rivolge al mercato nero, coloro che vogliono drogarsi lo fanno lo stesso, perché come ha detto la Direzione nazionale antimafia ci sono 3 milioni di persone che fanno uso di cannabis, i malati terminali che chiedono l’eutanasia vanno in Svizzera se possono o si suicidano o ricorrono a forme di eutanasia clandestina… Pensi che su Sosoeutanasia.it in pochi mesi sono arrivate centinaia di richieste di aiuto. Per questo, a partire dai casi individuali, sia sull’eutanasia che sulla cannabis, bisogna ravviare una stagione di disobbedienza civile. Naturalmente noi lo faremo alla luce del sole.
Non le sembra che da tempo assistiamo alla trasformazione di malati o portatori di diritti negati in leader politici? Proprio come Luca Coscioni e Piergiorgio Welby.
Questa è esattamente la ragione di vita dell’Associazione Coscioni: promuovere il protagonismo nell’iniziativa politica delle persone direttamente coinvolte in questi temi. Vale per i malati ma anche per gli scienziati. Un percorso che sarebbe virtuoso, se le istituzioni si facessero davvero carico di quelle esigenze personali e sociali che si sono imposte sull’agenda politica. Mentre invece questa incapacità di riformare secondo le istanze sociali rischia di aggravare la crisi di credibilità e di legittimità delle istituzioni, soprattutto nei Paesi democratici. Sarebbe una grande occasione riuscire ad organizzare un processo decisionale comprensibile all’esterno che porti a risultati tangibili nel migliorare la vita delle persone.
Sta dicendo che il problema sta anche nell’assenza di un approccio “scientifico” alle questioni sociali, da parte degli organi legislativi?
Certo, se guardiamo al rapporto tra metodo scientifico e metodo democratico, allarghiamo lo sguardo su questioni che riguardano tutti i cittadini, non solo una parte della popolazione. Quando parliamo della frontiera avanzata della scienza medica sulle staminali o sulla modificazione genetica, o anche quando parliamo di riscaldamento globale, stiamo affrontando temi che interessano tutta la società.
Scienza e nuove tecnologie: la ricerca ha bisogno di maggiore libertà o più limiti?
Pensiamo alle nuove tecniche di gene editing, il cosiddetto Crispr Cas9, cioè la tecnica di modifica chirurgica del genoma umano e vegetale, che potenzialmente può servire a prevenire o evitare malattie genetiche gravi. È evidente che una tecnica di questo genere potrebbe essere anche applicata a scopi di eugenetica o manipolativi, e dunque è necessario normare e legalizzare la loro applicazione – non gli studi -, per evitare il rischio già paventato dagli scienziati, che la ricerca in massa si trasferisca in Paesi autoritari e antidemocratici per renderli più competitivi. E questo metterebbe in pericolo tutto il sistema democratico liberale dei Paesi occidentali. Non possiamo fermare queste tecniche, possiamo solo decidere se farle sviluppare in un sistema di regole democratiche o no.
È un problema che non riguarda solo l’Italia, però.
No, però l’Italia è messa ancora peggio di altri Paesi, sia per la quantità degli investimenti che in termini di criteri decisionali sugli investimenti. Basti pensare allo Human Technopole, il polo scientifico da costruire nell’area ex Expo a Milano: sarà il più grande investimento pubblico sulla ricerca in Italia, solo che invece di assegnare attraverso un bando la gestione di queste risorse, il governo Renzi ha già scelto l’Iit di Genova, sulla base di criteri tutti politici.
Non si rischia di passare dalla partitocrazia alla tecnocrazia?
Noi non proponiamo uno scientismo che sostituisca la democrazia, non vogliamo mettere le decisioni politiche nelle mani degli scienziati. Solo che politica e organi legislativi non possono prescindere dai dati di fatto. E prima di prendere provvedimenti governativi vanno fatte ricerche sull’impatto che essi avranno sui fenomeni che si pretende di governare.
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