Caos Lombardia, l’ospedale Fiera già rischia di chiudere
Sanità Sul tavolo del governo c’è un decreto che chiede alle Regioni di avere una scorta di posti di rianimazione, la grande opera potrebbe non avere i requisiti. Mentre slitta a mercoledì prossimo, dopo il nulla di fatto di ieri, la nomina del presidente della commissione d’inchiesta sull’emergenza Covid
Sanità Sul tavolo del governo c’è un decreto che chiede alle Regioni di avere una scorta di posti di rianimazione, la grande opera potrebbe non avere i requisiti. Mentre slitta a mercoledì prossimo, dopo il nulla di fatto di ieri, la nomina del presidente della commissione d’inchiesta sull’emergenza Covid
È un giorno di straordinario disordine in Regione Lombardia. Dopo le polemiche sul via libera ai test sierologici a pagamento, sancito dall’ordinanza regionale, su Palazzo Pirelli si rovesciano le dichiarazioni di Antonio Pesenti, primario di Anestesia e Rianimazione del Policlinico di Milano, che in un’intervista a Fanpage.it anticipa la probabile chiusura dell’ospedale monstre della Fiera entro poche settimane. Pesenti, responsabile dell’Unità di crisi della Regione per le terapie intensive, spiega quanto la struttura – costata 21 milioni di euro – sia superflua in una fase in cui cala il numero dei ricoveri in rianimazione. Al momento, infatti, il reparto allestito nel padiglione della Fiera conta solo 5 pazienti e ne avrebbe curati poco più di una decina dall’apertura, il 6 aprile scorso, a oggi. Sul tavolo del governo, c’è infatti un decreto che chiederebbe alle Regioni di avere una scorta di posti di rianimazione: «Se la Fiera corrisponderà ai requisiti richiesti dal governo, resterà in piedi, altrimenti verrà smantellata», aggiunge Pesenti. Dopo le dichiarazioni del primario, Regione Lombardia ha subito diffuso una nota nella quale parla di «decisioni in capo alla Direzione generale Welfare ancora in fase di valutazione». Più che una precisazione, sembrerebbe una parziale ammissione. Sulle barricate le opposizioni che parlano di «un quanto mai necessario commissariamento della sanità».
Ma la contesa non si limita all’ospedale. Slitta infatti a mercoledì prossimo, dopo il nulla di fatto di ieri, la nomina del presidente della commissione d’inchiesta sull’emergenza Covid voluta dai gruppi di minoranza in Consiglio regionale. La carica, come da statuto, deve essere espressa dalle opposizioni, che non riescono comunque a raggiungere la maggioranza assoluta necessaria. Anche a causa delle 50 schede bianche di Lega, FI e FdI, che dopo la mozione di sfiducia a Gallera proposta dai dem (e poi bocciata) avevano avvertito: «Non avrete mai la presidenza». Il candidato unico dei gruppi di minoranza, il dem Jacopo Scandella ottiene infatti solo 29 voti, 2 in meno rispetto ai 31 della minoranza. Transitoriamente ritirata – fino alla seduta del 20 maggio – la candidatura del consigliere di + Europa-Radicali, Michele Usuelli, cui potrebbe aggiungersi quella ancora non ufficiale della renziana di Italia Viva, Patrizia Baffi, finora cauta nelle esternazioni, ma che potrebbe mettere d’accordo più d’uno anche nel centrodestra. Se da un lato la mancata nomina di ieri ha scatenato l’ira dei dem e del M5s contro la maggioranza, accusata di non voler «fare luce su quanto non ha funzionato nella gestione dell’emergenza», dall’altro ha mostrato una frattura nella compagine della minoranza, non del tutto concorde sul nome di Scandella.
La scelta di proporre il consigliere bergamasco sembrerebbe obbedire più a una logica partitica, secondo la quale la carica spetta a quello più rilevante, che non a uno di competenza. Nella fattispecie: Scandella non fa parte della Commissione Sanità, né se n’è mai occupato. Una cosa è certa: nei 12 mesi che avranno a disposizione, i commissari lombardi dovranno accertare le responsabilità degli errori commessi durante l’emergenza, in particolare in materia di rsa, oltre che valutare i danni prodotti dallo scaricabarile della Regione sul Governo.
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