Canzio: «La mafia ha occupato il nord»
Anno giudiziario Il presidente della Corte d’appello di Milano lancia l’allarme Expo. E contesta i pm che hanno interrogato Giorgio Napolitano
Anno giudiziario Il presidente della Corte d’appello di Milano lancia l’allarme Expo. E contesta i pm che hanno interrogato Giorgio Napolitano
I clan al nord esistono, non si sono infiltrati ma piuttosto hanno occupato il territorio. A certificarlo ieri è stato il presidente della Corte d’Appello di Milano, Giovanni Canzio, all’inaugurazione dell’anno giudiziario. In particolare, la ’ndrangheta controlla intere aree della Lombardia «col metodo intimidatorio e in un clima d’omertà, che ne consente la penetrazione negli interstizi della società, delle istituzioni, delle amministrazioni locali, dell’economia, dell’impresa e della finanza». Un intreccio che ruota intorno ai finanziamenti pubblici e l’aggiudicazione degli appalti attraverso la corruzione.
Nei due anni appena trascorsi, numerosi processi giunti a sentenza (in particolare Infinito 1 e Infinito 2) hanno ricostruito le dinamiche criminali, i rapporti fra gli organismi di vertice della ’ndrangheta calabrese e le decine di ’locali’, radicati nel territorio regionale e coordinate dai capi della Lombardia. «La ’ndrangheta – ha spiegato Canzio – ha un assetto organizzativo unitario, l’organismo di vertice fissa le regole, i riti, le gerarchie e ne verifica l’osservanza. Ha il potere di decretare la punizione e l’eliminazione degli avversari o degli stessi associati troppo intraprendenti». L’infiltrazione è gestita dal vertice «in una sorta di franchising per cui la ’casa madre’, con le ’ndrine di origine, resta proprietaria del marchio». Una diffusione veloce e distruttiva. Naturalmente l’Expo alle porte rischia di accelerare i processi malavitosi: «Il fiorire di iniziative imprenditoriali collegate all’evento – sottolinea Canzio – lascia presagire che per la criminalità organizzata si aprano, insieme con nuove e più ricche opportunità, impreviste criticità, a causa del conflitto latente fra le originarie regole delle ’ndrine e i più ampi orizzonti di profitto».
La mattinata era cominciata con le proteste dei lavoratori precari della giustizia, in presidio fuori dal palazzo, mentre a varcare la soglia dell’Aula magna, dove si è svolta la cerimonia, il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati, assente Alfredo Robledo: il gesto di pace, cioè l’ingresso dei duellanti, non c’è stato. La relazione di Canzio è proseguita mettendo sul tavolo un altro tema forte: Expo come palcoscenico per attacchi «di natura eversiva o terroristica o di matrice fondamentalista». Annunciata massima allerta ma intanto arriveranno 28 magistrati in più per il distretto Milano, perché anche solo l’Expo produrrà un «incremento della domanda di giustizia».
Se Canzio ha rivendicato l’efficienza crescente della macchina non ha però nascosto le polemiche suscitate da molte vicende giudiziaria. A cominciare dall’audizione di Giorgio Napolitano nel processo sulla trattativa Stato-mafia: «È mia ferma e personale opinione che questa dura prova si poteva risparmiare al Capo dello stato, alla magistratura stessa e alla repubblica italiana». Una frase che scarica il pm Nino Di Matteo, titolare del processo, che ha replicato a distanza: «L’utilità della citazione a testimoniare dell’ex presidente è già stata oggetto di valutazione della Corte d’assise di Palermo».
Preoccupato invece il presidente della Corte d’Appello di Milano per i processi rimasti senza colpevole e le sentenze come twitter: «L’opinione pubblica ha espresso indignazione per le recenti decisioni di proscioglimento (Cucchi, Berlusconi, gli scienziati e il sisma aquilano, Eternit). Il disorientamento nasce dall’oggettiva discrasia fra l’ipotesi d’accusa, il pregiudizio mediatico da subito costruito nel processo parallelo sulla stampa e in tv, le ansie securitarie dei cittadini, da un lato; le conclusioni della verifica dibattimentale dall’altro».
Un’incursione nel dibattito politico è arrivata dall’Avvocato generale dello stato, Laura Bertolè Viale, a cui non è andata giù la cosiddetta «salva Berlusconi» (proposta e poi congelata dal governo Renzi), né le riforme in via di approvazione: «Non poche norme peccano di distonia, cioè sono irragionevoli» come falso in bilancio e prescrizione. Critico anche il presidente dell’Anm Rodolfo Sabelli sulle misure del governo sulla corruzione e sulla riforma dei reati tributari.
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