Cantami, o Dea, del Pelide Gasp
Calcio Il successo in Europa League del club orobico e le varie fasi del «modello» Atalanta
Calcio Il successo in Europa League del club orobico e le varie fasi del «modello» Atalanta
Il tifoso d’altri tempi non si abituerà mai a quasi un decennio di vacche grasse, qualificazioni in champions, terzi posti, acquisti mirati e milionari e partite scintillanti, dentro e fuori i confini nazionali. Il tifoso d’altri tempi resterà sempre e inevitabilmente legato alle salvezze all’ultimo secondo, alle discese negli inferi della serie cadetta, alle trasferte a Barletta, Matera o a Sant’Angelo Lodigiano (nell’anno della retrocessione in C…).
Perfino a Dublino, sul 3-0 contro gli invincibili del Bayer a un passo dalla coppa pronta a far compagnia all’unico trofeo mai vinto dal club orobico (Coppa Italia, 1963), sono riemersi i fantasmi dell’infausta rimonta dell’Avellino a Bergamo: dal 3 a 0 al 3-3. Anno di grazia 1984… Niente, si spegne il televisore per i quindici minuti restanti alla fine del match e si sbircia sullo smartphone, giusto per non rischiare le coronarie…
Tifare Atalanta non è cosa per deboli di cuore, anche adesso che i tempi son cambiati, che delle antiche gestioni di Turani dal dopoguerra in poi, dei petrolieri Bortolotti e del timido Ruggeri, i giovanissimi poco ricordano. Giustamente.
L’ERA DEI PERCASSI
Ora è l’età d’oro dei Percassi, Antonio e Luca (figlio), forse il vero stratega e organizzatore a Zingonia. Percassi (padre) ha trascorsi calcistici proprio con la Dea, con lei ha militato in cadetteria negli anni settanta per poi decidere di appendere gli scarpini al chiodo e dedicarsi all’imprenditoria.
Bene gliene colse, perché dagli affari locali degli inizi l’impero di Percassi si è espanso in mille direzioni.
A incrementare il suo patrimonio è il successo della sua holding Odissea. Ma il successo di Percassi arriva anche dalla distribuzione in Italia di altri marchi, tra cui Starbucks, Lego, Victoria’s Secret, Nike e Gucci. Con la divisione Real Estate, inoltre, il gruppo opera nel settore immobiliare. Comprare e rivendere. E il fatturato aumenta: nel 2022 ha raggiunto gli 1,3 miliardi di euro.
E anche se ora in realtà il patron orobico ha ceduto la maggioranza delle azioni del club a Bain Capital – contratto stipulato nel febbraio 2022 – ne è restato il Presidente con ampi margini di manovra. L’accordo ha permesso l’ingresso dei nuovi investitori capeggiati da Stephen Pagliuca, presidente di Bain Capital e co-proprietario dei Boston Celtics, con una quota complessiva del 55% nel capitale sociale de La Dea Srl, sub-holding della famiglia Percassi detentrice di circa l’86% del capitale sociale dell’Atalanta.
La famiglia Percassi mantiene la quota del 45% ed è il maggior singolo azionista della società. Un modo per incrementare gli investimenti, ridurre i rischi e – di fatto mantenere la gestione del club e l’indirizzo sportivo.
CENERENTOLA
Insomma, la leggenda della provinciale e della Cenerentola al ballo delle debuttanti è tramontata già da un pezzo. In realtà dietro la società c’è un disegno ben preciso, chiaro sin dal ritorno di Percassi alla guida del club nel 2010.
Nel bel mezzo di una crisi societaria – Ivan Ruggeri colpito da ictus aveva passato la mano al figlio Cesare, e di una retrocessione devastante, l’Atalanta rischiava persino di non mantenere la categoria. Percassi la rileva e la riporta in A dopo una sola stagione, un gruppo solido dietro a Doni, guidata da Colantuono (alla sua seconda esperienza con i nerazzurri), da dove non è più scesa, nonostante i primi due anni sia stata costretta a due penalizzazioni, rispettivamente da 5 e 3 punti per lo scandalo del calcio scommesse in cui fu coinvolto proprio il capitano Cristiano Doni.
LO STADIO
Ma non rischia di fatto mai la B, e nel frattempo fa crescere il vivaio di Zingonia – la primavera da sempre fiore all’occhiello del club è una realtà importante e vince due volte lo scudetto di categoria -, e inizia il lavoro sottotraccia per acquistare dal comune lo stadio di Bergamo, che a settembre sarà completato definitivamente.
Il salto di qualità – è cosa nota – è l’arrivo di Giampiero Gasperini nel 2016, reduce da ottimi campionati con il Genoa dopo la delusione patita a Milano – sponda Inter – che lo esonera dopo poche giornate.
A Bergamo piacciono le sue idee visionarie di calcio, l’attacco, l’impostazione di gioco e le strategie martellanti dettate ai giocatori durante gli allenamenti, ma le prime giornate sono un disastro su tutta la linea: pochissimi punti e una debacle difensiva disarmante. Percassi stavolta resiste – nella sua prima presidenza Atalanta nel 1990 era stato costretto ad esonerare un giovane Guidolin – e a chi fa pressioni per cacciare il trainer di Grugliasco, risponde picche. E arriva la rivoluzione del Gasp, via i senatori e dentro tutti (o quasi) i giovani della primavera. Si vince a Crotone ma soprattutto un gol di Petagna permette alla dea di battere il Napoli in un match che i media descrivevano come, una sorta di replica calcistica di Davide contro Golia.
Il resto è storia, il quarto posto nel primo anno, tre terzi posti consecutivi e altrettante qualificazioni alla Champions, tre finali di Coppa Italia (ahimé, tutte sconfitte…) e una sfilata di campioni in erba e vecchi assi che Gasperini rigenera miracolosamente, come Gomez ma soprattutto Ilicic, il geniale attaccante sloveno, forse il più grande fuoriclasse che abbia mai militato nel club bergamasco.
A Bergamo oggi si festeggia quello che sarebbe stato definito come un sogno ‘inosabile’, la conquista dell’Europa League ma soprattutto il modo in cui la squadra si è sbarazzata dell’imbattuto club campione di Germania. Ora il tifo si lascia andare a voglie di scudetto, Gasperini non spegne l’entusiasmo – conferma la sua fedeltà al club nonostante le tentazioni napoletane, e prova – termine abusato ma inevitabile – ad alzare l’asticella.
Ma il pessimismo cosmico del tifoso d’altri tempi resiste: continuerà a scrutare l’orologio contando i minuti prima della fine della partita e e a temere un’altra Atalanta-Avellino…
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