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Cani e gatti all’arrembaggio della letteratura

Cani e gatti all’arrembaggio della letteraturaDa Il richiamao della foresta di Jack London

Frammenti La fortuna di questi animali fra le pagine dei romanzi, fra dimistichezza con il selvatico e fughe dalla solitudine

Pubblicato circa 4 ore faEdizione del 12 ottobre 2024

Cani e gatti abitano le nostre città, vivono nelle nostre case. Ricordo un film di un regista dell’Est, I favoriti della luna di Otar Ioseliani, che una quarantina d’anni fa mostrava lo sbalordimento dell’autore nell’assistere – lunga sequenza iniziale – a tanti esseri umani che, la città era Parigi, portavano a spasso un cane, o se ne lasciavano guidare. Ioseliani veniva da un paese dove i cani avevano una loro antica funzione sociale, quella raccontata anche dal nostro Collodi: fare la guardia alle case, alle greggi. Ma oggi questi cani, come quelli addestrati per aiutare nel loro lavoro i poliziotti o per guidare i ciechi, sono piuttosto rari come sono sempre stati, mentre tantissimi sono quelli la cui funzione è semplicemente di far compagnia a uomini e donne adulti, soli o non soli – soprattutto perché sono bisognosi di affetto, perché l’affetto degli umani per altri umani chiede molta fatica e reciprocità. Si accontentano di poco, i cani e i gatti, per amarti e riverirti – pur se con modi diversi.
Uno scrittore francese amico di Camus, scrisse una volta che i cani, coccolati da padroni che li nutrono e li portano a spasso e li accarezzano, li considerano come loro dèi, mentre i gatti, coccolati dai loro padroni, se ne considerano loro, al contrario, gli dèi… Differenze ben note.

Di recente, Maurizio Braucci ha scritto per e/o un bel libro di racconti che hanno a protagonisti i cani, mentre più vicino a noi il milanese Alberto Rollo ha scritto per Ponte alle Grazie un vero e proprio romanzo, anche se di esperienze reali, dirette, Billy il cane, degno delle grandi storie di Jack London (e non c’è solo Billy, nel romanzo), mentre il napoletano e più giovane Alessio Forgione ha pubblicato per La nave di Teseo Anni felini, un immaginoso romanzo che mette a confronto una piccola colonia di gatti con un disponibile adulto in una campagna nei dintorni di Napoli. In questi due «romanzi» piacevoli quanto acuti, storie umane e canine oppure umane e gattesche si intrecciano o sovrappongono. Più accattivanti che provocanti, soprattutto per chi ha dimestichezza e affetto per quelle bestie, e ha imparato a conoscerle bene dal dentro di una convivenza molto goduta. Sono un grande rimedio alla solitudine, cani e gatti, animali per eccellenza domestici e addomesticati – che chiedono poco e danno molto e volontariamente, più che non diano i bambini, i figli, che chiedono, soprattutto quando in tenera età, tutto o quasi a genitori amorevoli.
E sì, avessi una casa adeguata, con tetti e giardino per loro raggiungibili, terrei anch’io uno o più gatti, e se non mi muovessi così spesso da una città a un’altra, mi convertirei facilmente alla compagnia di un gatto, di un cane… E però mi sento vicino a Ioseliani nel vedere quanti adulti, all’alba, portano a spasso i cani e in quante famiglie un gatto vive da re, e nel sapere di quanti bambini che, nel mondo e anche in Italia, non hanno l’affetto e la cura di cui hanno bisogno. Confesso di sentirmi vicino a papa Bergoglio quando dice – e non lo ha fatto solo una volta – che oggi tante famiglie preferiscono avere cani e gatti al posto dei bambini, e che tanti adulti li sostituiscono nei loro affetti a figli che essi, per mero egoismo, non hanno voglia di mettere al mondo perché quelli sì che chiedono tanto… o anche perché hanno paura del mondo che viene, in cui saranno costretti a crescere.

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