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Canem et circenses

divano

Divano La rubrica settimanale a cura di Alberto Olivetti

Pubblicato più di un anno faEdizione del 23 giugno 2023

Mi sono permesso (irrispettosamente) di giocare nel titolo di questo Divano sulle parole che dalla decima Satira di Giovenale (10, 81) son passate quasi in proverbio. Che fa, lamenta Giovenale, il popolo romano («questa gentaglia di Remo»)? «Spasima solo per due cose: il pane e i giochi del circo (panem et circenses)». Un titolo giocoso che si adatta alla perfezione, come spero si potrà constatare a lettura ultimata, ad un episodio divertente che racconta Vittoria Colonna (1880-1954) nelle sue Memorie, stampate da Treves nel 1937.

Donna di grande bellezza e universalmente celebrata, Vittoria, figlia di una nobildonna inglese, fu molto ammirata da Edoardo VII d’Inghilterra che quando la conobbe a Roma, nel 1903, non mancò di notare: «Assomiglia a sua madre e a sua nonna, che erano due delle più belle donne che io abbia mai conosciute». Vittoria ricorda che Edoardo, in quella occasione, «si divertì a farmi chiacchierare sulla mia infanzia nel Norfolk, trattenendomi vicino a lui tutta la serata. Alla fine, con un buon sorriso, mi disse: ‘desidererei tanto avere una sua fotografia, come vecchio amico della sua famiglia. Non ne ha una da regalarmi?». E Edoardo, «quando partì», racconta Vittoria, «mi diede la sua fotografia dicendomi: ‘ci rivedremo in Inghilterra’».

L’anno seguente Vittoria è a Londra e le capita di passare qualche giorno ospite del banchiere Alfred Rothschild («vecchietto simpaticissimo, che portava i capelli bianchi raccolti in due grossi ricci sulle orecchie. Al suo castello di Halton ogni particolare era studiato per la comodità degli ospiti: pensava egli stesso a tutto»). In quegli stessi giorni ad Halton Rothschild ospitava anche Sua Maestà Edoardo. Vittoria racconta che Rothschild «adorava gli animali e si divertiva ad ammaestrarli per poi farli ammirare dai suoi amici in un piccolo circo equestre che aveva fatto costruire appositamente». E aggiunge, non senza una punta di perfidia: «Non so se li ammaestrasse egli stesso, ma è probabile, perché quelle bestie non sapevano fare quasi niente. I malevoli raccontavano che una volta un coniglio bianco lo aveva assalito e il povero vecchietto si era talmente spaventato che da allora, prima della rappresentazione, faceva somministrare degli stupefacenti a tutto il suo serraglio». Ebbene, una sera, Rothschild annuncia una eccezionale rappresentazione da darsi in onore di re Edoardo. Egli si sarebbe esibito con i suoi animali nella sua veste di provetto domatore ed avrebbe per la prima volta presentato un cagnolino bianco saltatore, la sua ultima attrattiva. «Prendemmo posto tutti nel circo. Il re fumava il suo solito grosso sigaro e io ero seduta vicino a lui», racconta Vittoria. Inizia lo spettacolo. Rothschild, indossando il costume di rito, alamari e code, fa schioccare la frusta. «Il circo era elegantissimo, ricco di dorature: un immenso tappeto Aubusson ricopriva tutta la pista», riferisce Vittoria. «Alcuni graziosi cavalli fecero una breve apparizione, girando una volta intorno alla pista, e poi scomparvero. Parecchie tortore, portate in gabbia da vari inservienti, furono liberate, ma mostrarono il loro buonsenso rifiutando di muoversi. Seguirono dei gatti ancora meno condiscendenti. Il re aveva gli occhi semichiusi ed eravamo tutti in uno stato di dolce torpore. L’unico che si divertiva immensamente era Alfred Rothschild».

Ma ecco che lo spettacolo si anima nel gran finale dagli spettatori atteso con impazienza per non dire, segretamente, dal trepidante domatore. Stiamo al resoconto di Vittoria, che scrive: «finalmente arrivò il cagnolino bianco che si mise subito in una posa curiosa, in mezzo alla pista. Devo confessare di essere estremamente miope: mentre cercavo il mio occhialino, esclamai: ‘Guardi, guardi, Maestà! Ecco finalmente un cane che fa qualche cosa! ‘Stia zitta my dear child! – rispose il re sottovoce – sta accadendo appunto questo!’ Come rise! Sembrava non dovesse mai finire: ogni tanto ricordava la mia ‘gaffe’, ed allora le spalle sussultavano. Intanto un enorme staffiere incipriato, in livrea di gala con calze di seta, entrò nella pista e ripulì tutto con una pala dorata».

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