La giunta De Luca ci riprova: approvata in commissione Infrastrutture il disegno di legge regionale «Disposizioni in materia di semplificazione edilizia, di rigenerazione urbana e per la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente», la norma dovrà avere il via libera in Consiglio. Legambiente Campania non usa mezzi termini: «La proposta rappresenta un ulteriore duro colpo al governo del territorio, prevedendo deroghe ai limiti di carico insediativo anche e soprattutto laddove tali limiti sono stati già ampiamente superati e se ne constatano gli effetti deleteri sulla qualità della vita. Con quella legge si procurerà un vantaggio per pochi a danno di molti. Non dobbiamo meravigliarci se con tale disposizione verranno individuati nuovi ecomostri legalizzati».

Alessandro Dal Piaz, esperto in Progettazione urbanistica, sulle colonne di Infinitimondi spiega: «Il ddl conta solo 5 articoli, il terzo e il quarto contengono le disposizioni cruciali sotto forma di emendamenti alla vigente legge urbanistica regionale 16/2004 e di elenco dei contenuti innovativamente ammessi per gli interventi di rigenerazione urbana. Nel primo articolo il contrasto al consumo di suolo viene esclusivamente citato come mera giustificazione della densificazione edilizia nelle aree già costruite, la quale costituisce il vero obiettivo del provvedimento, che si presenta come una istituzionalizzazione perenne della licenziosità edificatoria del “piano casa”».

Il quarto articolo identifica la riqualificazione delle «aree urbane degradate (ma si scopre presto che il degrado non è un requisito essenziale) con puri e semplici interventi edilizi su tutti gli immobili esistenti, la cui incentivazione è a sua volta riduttivamente individuata in un incremento volumetrico, nella misura del 20% in caso di ristrutturazione del fabbricato o addirittura del 35% in caso di sua sostituzione. L’alternativa è a disposizione discrezionale della proprietà» prosegue Dal Piaz. Quando gli interventi configurano una ristrutturazione urbanistica, sono attuati mediante un permesso di costruire semplificando le procedure, che poi significa cancellare i controlli.

Per gli immobili dismessi di qualunque tipologia e destinazione sono ammessi interventi di ristrutturazione/sostituzione con un incremento di volume del 20%: «L’intera volumetria può essere delocalizzata “laddove vi sia la disponibilità di una area alternativa” – sottolinea ancora Dal Piaz -. Se il proprietario dell’immobile possiede un suolo, dovunque collocato e comunque urbanisticamente disciplinato (anche in una zona agricola), vi può ricostruire il volume dismesso con la sua maggiorazione, dal momento che “gli interventi previsti dal presente articolo non costituiscono variante allo strumento urbanistico comunale”. Con buona pace del contrasto al consumo di suolo». E poi c’è l’incentivazione volumetrica addirittura del 50% per la ricostruzione in ambiti individuati dal piano urbanistico comunale di edifici posti in aree ad alto rischio idrogeologico.

«Il ddl contiene un grave indebolimento del governo pianificato del territorio – conclude Dal Piaz -. In particolare, non sarà più possibile definire il dimensionamento dello strumento urbanistico comunale in base alla stima del numero di nuclei familiari. Si avranno comunque nuovi alloggi, frutto delle decisioni autonome della proprietà edilizia (in particolare della grande proprietà) di ampliare o sostituire i propri fabbricati. E la monetizzazione degli standard, che diverrà procedura consueta anziché eccezionale, non produrrà l’aumento di attrezzature e servizi pubblici proporzionato agli incrementi volumetrici. La densificazione edilizia aumenterà la congestione delle zone più appetibili e produrrà una crescita dei costi degli affitti e delle vendite. Un tipico meccanismo economico che avvantaggia una precisa minoranza sociale determinando serio disagio e gravi svantaggi per la collettività».