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Campagna elettorale, chi ha sciolto l’Lsd nell’acqua?

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Certe volte, in questa campagna elettorale, sorge il dubbio che qualche vecchio hippie sia riuscito a viaggiare nel tempo e nello spazio per realizzare proprio qui in Italia il sogno […]

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 18 maggio 2014

Certe volte, in questa campagna elettorale, sorge il dubbio che qualche vecchio hippie sia riuscito a viaggiare nel tempo e nello spazio per realizzare proprio qui in Italia il sogno dei freaks americani dei ’60: inondare di acido lisergico le tubature dei palazzi della politica, per poi godersi lo spettacolo fumandosi una canna alla faccia di Carlo Giovanardi.
Nel Paese che alla ridente esperienza del fascismo europeo ha dato i natali, per esempio, la marcia su Roma parrebbe una minaccia che a nessuno dotato di buon senso verrebbe in mente di agitare, pena un discredito tombale. Qui invece sgomitano per aggiudicarsi la palma del primo marciatore. «Marceremo su Roma», aveva profetizzato giorni fa Beppe l’Iperbolico. Ma Silvio l’Ex non ci sta a farsi mettere da parte: «Dopo le elezioni la marcia su Roma la faremo noi». Applausi.

Trattasi dello stesso leader, più volte presidente del consiglio e imminente «padre della Patria», che pochi giorni fa aveva riveduto e corretto la storia repubblicana attribuendo a Stalin il merito di aver fermato i progetti rivoluzionari di Palmiro Togliatti. Colpo di freni recuperato però da Gramsci, il quale, pur essendo trapassato da una decina d’anni, suggerì al Migliore di procedere per via di egemonia culturale invece che d’insurrezione. Un complotto.

A Silvio eravamo abituati, con lui l’Lsd è pioggia sul bagnato. Ma il comico a 5 stelle regge il confronto e supera il maestro. Un giorno propone di squartare per esperimenti scientifici Dudù, il barboncino bianco che detta legge nel terzo partito della Repubblica. Il giorno dopo ci ripensa e svela una passione per i cani in generale e per il suo in particolare. Che, si viene a sapere, ha battezzato «Delirio», e se qualcuno trova il particolare un po’ inquietante si stenta a dargli torto.

E’ solo l’antipasto, segue grazioso commento sul servilismo di Renzi nei confronti di Frau Angela: «L’ebetino è andato a dare due linguate a quel culone tedesco della Merkel». E a Silvio, che in nome della nota tendenza a spararle grossissime, lo taccia in un comizio sì e nell’altro pure di essere la reincarnazione di Adolf Hitler, replica con un fragoroso più uno: «Io sono oltre Hitler». Finalmente un po’ d’Europa. Anche lui, tuttavia, ci tiene a ringraziare Giuseppe Stalin, che «se non era per lui Schulz stava con la svastica sulla fronte». Ha da tornà Baffone.

Sul nuovo Pd, quello che se hai più di quarant’anni è meglio che scompari, il potente allucinogeno ha effetti diversi, ma non meno esiziali. Matteo l’enfant prodige contrasta l’avanzata del padrone di Delirio ricorrendo agli scongiuri: «Quello gufa». Spiega che il bene del suo governo e quello del Paese sono tutt’uno: l’état c’est moi. Quindi vibra contro i rivali la mazzata finale: «Loro fischiano l’inno nazionale, noi lo portiamo nelle scuole». Chi osa chiedere di più?

La sua squadra non sfigura al confronto. Un giorno è la ministra degli Esteri che suggerisce di liquidare le rivelazioni sulla tendenza europea a decidere sugli affari di casa nostra con l’eterno inno alla trasparenza: chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdammose ’o passato. Il giorno dopo, giusto ieri, la collega responsabile delle riforme istituzionali spiega seria che se si ritrova ogni santo giorno a chiedere una nuova fiducia è «per colpa del bicameralismo perfetto» e che se i sondaggi danno alto i 5 Stelle è perché i sondaggisti, pavidi e ignavi, hanno paura di sbagliare i conti e quindi alzano le percentuali di Grillo. E’ noto che tra i sondaggi e l’antico gioco della Morra, dove si spara una cifra tirando a indovinare su quante dita alzeranno i giocatori, la differenza è esile. Salvo naturalmente quando si attribuiscono al Pd percentuali stratosferiche, che quella invece è scienza esatta.

Però, a saperli decodificare, anche i deliri lisergici, come la follia, hanno un senso riposto. Dicono molto più di quanto non appaia. C’è il caso che questo proliferare di accenni a Hitler e a Stalin, al nazismo, alle marce su Roma, al culto del capetto di turno valga più di molte dotte analisi a registrare lo stato delle cose in una Repubblica che somiglia sempre più da vicino a quella di Weimar.

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