Visioni

Cambio d’abito. Riflessioni sull’oggi

Cambio d’abito. Riflessioni sull’oggiUna modella durante la sfilata Gucci

ManiFashion La moda - attraverso le creazioni presentate nelle recenti sfilate - prova a concentrarsi sul contemporaneo

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 28 febbraio 2015

La moda non può non reagire al presente. Con l’inizio delle sfilate a Milano per le collezioni donna per il prossimo inverno la riflessione sul tempo presente affascina i designers. Che si sono concentrati più sull’analisi del tempo che sulle forme, sui colori, sull’immagine. Che ci sono, ma come in sotto traccia, perché la moda non può vivere senza abiti e gli abiti hanno forme, volumi, linee e colori che, messi insieme, stanno delineando una donna che si distacca dalle espressioni troppo esplicite delle proprie manifestazioni fisiche e di pensiero.

Quello che però è appassionante più degli abiti che calcano le passerelle, sono le riflessioni sul tempo che la moda sta raccontando. Alessandro Michele, nuovo direttore creativo di Gucci che ha presentato la sua prima collezione femminile per il marchio, per esempio, si sofferma a pensare sul significato stesso del presente. Cita Giorgio Agamben e il suo studio sul Contemporaneo e fa concludere al filosofo che «È davvero contemporaneo chi non coincide perfettamente col suo tempo, né si adegua alle sue pretese», e a Roland Barthes che «Il contemporaneo è l’intempestivo». Michele sta orientando Gucci verso una nuova storia, si capisce che lo farà per gradi e che nel suo progetto l’aderenza della moda a tutto quello che il tempo significa culturalmente è molto importante. In questo, recupera grandi lezioni di moda del passato, da Chanel a Saint Laurent che sulla cultura del loro senso del tempo hanno compiuto delle rivoluzioni. Ma ai sintomi del tempo reagisce anche Miuccia Prada che aggredisce il pensiero attuale distruggendone i cliché, ma con un’operazione politica che fa finta di esaltarli per meglio annientarli.

Si torna anche qui alla lezione di Yves Saint Laurent che regalava alle signore borghesi le sue idee per meglio sconfiggere la deriva piccolo-borghese della società degli Anni 60 e 70. Al tempo che stiamo vivendo si riferisce anche Giorgio Armani per dire che non gli piace, soprattutto quando riflette sulle notizie che arrivano dal mondo. Armani legge la notizia della distruzione delle statue assire a Mosul come un sintomo di un tempo che ha perso la bussola del proprio significato civile, se ne addolora, se possibile, ancora più di quando riceve le notizie delle decapitazioni umane perché in quello sente la distruzione di culture condivise. È per questo, dice, che la sua moda non può essere accondiscendente con le facili derive populiste del nostro presente in cui basta parlare di argomenti facili per ottenere ascolto e audience o diventare influenti. Vedremo, nelle prossime due settimane anche con le sfilate di Parigi, come ancora la moda rifletterà sul tempo e se risolverà di fare delle fughe in avanti con il rischio di immaginare un futuro che non esisterà mai, o se si concentrerà sull’analisi dell’oggi per indurlo a ripensare se stesso.
Manifashion diventa quindicinale, prossimo appuntamento il 14 marzo

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