Cambiare l’Europa, non vederla morire
Mi candido per cambiare l’Europa, non per vederla morire. Sono cresciuto con l’idea che fosse una speranza collettiva, intessuta di solidarietà vera e opportunità concrete: quelle che si danno ai […]
Mi candido per cambiare l’Europa, non per vederla morire. Sono cresciuto con l’idea che fosse una speranza collettiva, intessuta di solidarietà vera e opportunità concrete: quelle che si danno ai […]
Mi candido per cambiare l’Europa, non per vederla morire. Sono cresciuto con l’idea che fosse una speranza collettiva, intessuta di solidarietà vera e opportunità concrete: quelle che si danno ai ragazzi per formarsi, apprendere, crescere, e alle culture di incrociarsi, contaminarsi, migliorarsi. Mi sono ritrovato ad un certo punto a Bruxelles a lavorare per far sì che quei sogni di ragazzo potessero avere gambe per camminare.
Ho toccato con mano quanto poteri finanziari e istituzioni non elette, sotto il mantra dell’austerity, trasformassero quell’Europa che alludeva a un sogno in un incubo. Oggi Europa significa 120 milioni di poveri, una generazione intera confinata nella precarietà, bambini non in grado di curarsi, ricchezze enormi – il 10% del Pil europeo, pari a 240 miliardi di euro – trasferite in pochi anni dal lavoro alla rendita finanziaria, migliaia di migranti senza nome sepolti nel più grande cimitero, il Mediterraneo. Abbiamo speso milioni di euro per ’difendere’ le nostre frontiere per poi scoprire che ci siamo difesi da chi cerca rifugio su una zattera e muore con un bimbo in braccio.
Questa non è l’Europa che sognavano Altiero Spinelli o Ernesto Rossi. Né quella che le giovani generazioni hanno guardato come a un’opportunità di studio, lavoro, di crescita. Nel dibattito italiano, così come nelle scelte degli ultimi quattro governi, il «ce lo chiede l’Europa» è servito a legittimare gli ordini che provenivano dalle istituzioni meno democratiche (Banca Centrale, Fondo monetario e Commissione), quelle non elette, mentre il Parlamento di Strasburgo emetteva risoluzioni che restavano inascoltate: sul reddito minimo garantito, presente in tutta Europa tranne, guardacaso, in Italia e Grecia.
Ma l’Europa democratica che ci chiede questo, come di risolvere la situazione indegna delle nostre carceri e del nostro welfare, rimane oggi inascoltata a vantaggio di chi vuole strangolare i popoli in difficoltà. Per questo è importante andare in Europa per incidere sul cambiamento delle istituzioni e delle politiche, per far sì che questo spazio comune torni ad essere quello dei diritti per tutte e tutti, dei fondi per la crescita e la buona occupazione, del rispetto delle norme per la tutela ambientale, delle fonti rinnovabili e nella cura del territorio.
Il tempo è adesso. Perché questo si candida a fare Alexis Tsipras, e questo spero di poter fare al suo fianco. Perché non mi capacito all’idea che la sinistra o è succube e alleata delle destre o non è. Perché vorrei riportare al centro del dibattito italiano ed europeo la parola uguaglianza. Perché vorrei mettere in questa avventura tutto quello che ho incontrato nella vita: dalle fatiche dei miei genitori alle speranza tradite dei ragazzi della mia generazione. Perché ancora un filo ci tiene insieme: l’idea che un altro mondo, un’altra Europa è possibile. E che la costruiremo insieme.
*candidato di L’altra Europa con Tsipras, circoscrizione centro
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