Alias Domenica

Calvino 100, dispositivi critici per l’inafferrabile

Calvino 100, dispositivi critici per l’inafferrabileEnrico Baj, «Il gioco degli scacchi», 1988, Vergiate, Archivio Enrico Baj, foto A. Baj, courtesy Electa

Lettere, inediti, biografie «Chi era veramente Italo Calvino?». L’interrogativo posto da Ernesto Ferrero ci guida all’attivazione di nuove sinapsi per orientarci nella rete dello scrittore: rassegna di un anno di pubblicazioni

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 17 dicembre 2023

Chi era Italo Calvino? Sembra una domanda superflua, perché riguarda uno degli scrittori più noti, letti, tradotti, studiati in Italia e nel mondo; una domanda addirittura paradossale alla fine di quest’anno, scandito dalle numerosissime iniziative organizzate per celebrare il centenario della nascita dell’autore.

Eppure chiedersi ancora chi era Calvino è opportuno, a maggior ragione adesso che libri, convegni, mostre, spettacoli hanno portato in primo piano la sua opera e la sua figura, avvicinandola così tanto allo sguardo dei lettori da rendere a tratti più difficile una visione d’insieme. È stato impossibile, in questi mesi, sottrarsi all’incontro (spesso cercato e atteso) con uno dei molti ritratti di Calvino: sulle pagine dei giornali, sulle locandine, in rete, in libreria, il suo volto sorridente o pensoso, ancora giovane o di aspetto già senile, fa ormai l’effetto delle foto di famiglia – i nostri antenati – in cui ci rispecchiamo. Ma quel ritratto rischiamo di guardarlo senza davvero vederlo, come tutto ciò che è familiare. Forse questa latenza non sarebbe dispiaciuta allo stesso Calvino: anche quando sembra più esporsi, per esempio attraverso il personaggio autobiografico di Palomar (1983), non si consegna direttamente al lettore, ma adopera il proprio ‘doppio’ di finzione per mettere tra noi e lui, e tra lui e il mondo, uno schermo. Il signor Palomar non è un autoritratto ma un dispositivo ottico (come suggerisce il nome stesso del personaggio, ripreso da quello di un famoso telescopio); un macchinario dietro cui lo scrittore si nasconde, come facevano un tempo i fotografi sotto la cappa scura dell’apparecchio.

Nessuna delle recenti ricorrenze letterarie, nemmeno quella pasoliniana del 2022, regge il confronto (a eccezione forse dei settecento anni dalla morte di Dante: ma è un caso molto diverso, se non altro per la distanza temporale). Specialmente sul piano editoriale: la festa di Calvino ha mobilitato l’editoria italiana come mai prima d’ora, a cominciare dal gruppo Mondadori, che ha profuso un impegno straordinario.

Oltre ai volumi negli «Oscar», di cui parleremo, sono usciti per Electa: i cataloghi delle due mostre principali, allestite rispettivamente a Roma e a Genova, cioè Favoloso Calvino, a cura di Mario Barenghi (recensito su queste pagine da Raffaele Manica lo scorso 5 novembre), e Calvino cantafavole, a cura di Luca Scarlini e Eloisa Morra; e Calvino A-Z, a cura di Marco Belpoliti (pp. 512, € 45,00). Si aggiunge a questi volumi la nuova edizione di Idem di Giulio Paolini (pp. 168, € 25,00), pubblicato nel 1975 da Einaudi con una introduzione di Calvino, qui riprodotta in una versione più ampia e inedita, con l’accompagnamento di due saggi di Belpoliti e di Andrea Cortellessa. Proprio il caso di Electa, come in parte quello di Treccani – presso cui sono usciti quest’anno Gli animali di Calvino di Serenella Iovino (pp. 213, € 18,00) e Le parole di Calvino, a cura di Matteo Motolese (pp. 197, € 18,00) – e, come vedremo, di Hoepli, suggerisce l’importanza che l’autore ha assunto quale occasione di rinnovamento nell’identità e nei programmi di case editrici storiche.

Questa funzione-Calvino dipenderà forse anche dal legame intrinseco dello scrittore con l’editoria, di cui è stato uno dei protagonisti nel secondo Novecento, come testimoniano Il libro dei risvolti e I libri degli altri. Di quei volumi, usciti tra la fine dello scorso anno e i primi mesi del 2023, ho già dato conto in una prima rassegna calviniana («Alias Domenica», 4 giugno 2023): in quel caso, si rifletteva sulla necessità di superare certi tenaci stereotipi, da correggere o rimuovere del tutto, alla luce di studi e edizioni recenti che hanno permesso di attivare nuove ‘sinapsi’ critiche.

Patria del trionfante strutturalismo

Le ulteriori importanti pubblicazioni di cui si parlerà qui tendono nel complesso a ricostruire una storia di Calvino, aggiungendovi elementi – lettere e testi inediti o rari – utili a comprenderne meglio la formazione e i riferimenti. Ha l’andamento di una biografia culturale, per esempio, il libro che Ernesto Ferrero (1938-2023) ha dedicato a Calvino, al quale è stato legato da un ventennale rapporto di collaborazione e amicizia all’Einaudi: Italo (Einaudi «Frontiere», pp. 224, € 19,00). È proprio Ferrero, nel primo capitolo, a porsi la stessa domanda da cui siamo partiti: «Che cosa si estendeva sotto la punta dell’iceberg che ha voluto essere? In definitiva, chi era veramente Italo Calvino». Ferrero, in questo che è diventato il suo ultimo libro, cerca una risposta ripercorrendo la strada dello scrittore: dalla genealogia famigliare ai luoghi della giovinezza, dalla Resistenza al lavoro editoriale, dagli amori ai cantieri dell’invenzione narrativa. Nel capitolo «Una città da consultare», Ferrero riassume gli anni trascorsi dallo scrittore a Parigi (1967-1980), a contatto discreto, perfino appartato, con la «patria del trionfante strutturalismo e di ogni più sofisticata, sottile e capziosa astrazione, al colmo di una effervescente stagione culturale».

L’esperienza parigina ha contato almeno per due aspetti: il primo è l’affermazione di Calvino nel ruolo di scrittore internazionale, illustrato adesso con dati e riferimenti precisi da Francesca Rubini in Italo Calvino nel mondo Opere lingue paesi (1955-2020) (Carocci editore, pp. 168, € 18,00, uscito nella collana del Laboratorio Calvino, diretto alla Sapienza da Laura Di Nicola).

Il secondo aspetto riguarda le influenze e le sintonie culturali con la letteratura e la teoria d’oltralpe. Se c’è un terreno negli studi calviniani che potrebbe essere ulteriormente sondato con strumenti critici raffinati è proprio quello della relazione con la cultura francese di quegli anni; una relazione che non ha trasformato Calvino in profondità, ma lo ha portato a situare sotto un’altra prospettiva le proprie costanti.

Intanto, nei mesi scorsi sono usciti due volumi che accompagnano il lettore nella Parigi calviniana. Il primo è Italo Una biografia, ricordi e sei articoli (Roma, Ventanas, pp. 88, € 14,00) di Bernardo Valli, corrispondente per i maggiori quotidiani italiani e amico di Calvino, a cui ha dedicato articoli e interviste rilevanti (in parte raccolte nel libretto). Del secondo, Lo scoiattolo sulla Senna L’avventura di Calvino a Parigi (Feltrinelli, pp. 176, € 18,00), è autore Fabio Gambaro, già direttore dell’Istituto italiano di cultura della capitale francese, che si è giovato, oltre che della conoscenza personale del milieu parigino, di interviste con i famigliari (Esther Judith Singer, la moglie dello scrittore nota anche con il soprannome di ‘Chichita’; la figlia Giovanna e suo fratello Marcelo Weill) e con intellettuali di diversi ambiti (da Paolo Fabbri a Goffredo Fofi, da Paul Fournel a Renzo Piano).

Proprio le figure famigliari sono state oggetto di interesse negli studi recenti, in particolare la madre Eva Mameli (1886-1978) e appunto Esther Singer (1925-2018): è anche attraverso di loro che la domanda «chi è stato veramente Calvino» trova qualche parziale risposta. Su Eva Mameli, importante scienziata, docente di botanica all’Università di Cagliari, hanno fatto luce Maria Cristina Secci (Eva Mameli Calvino Gli anni cubani, uscito l’anno scorso da Franco Angeli), e ora Silvia Bencivelli con il suo Il dubbio e il desiderio. Eva Mameli Calvino (Electa, pp. 96, € 18,00).

Italo Calvino a Parigi nel 1970, foto Louis Monier / Gamma-Rapho via Getty Images

Chichita ho voglia di stare con te

Ma veramente cruciale, anche per l’apertura dell’autore verso la cultura internazionale, è stato l’incontro con Esther Singer; le Lettere a Chichita 1962-1963, pubblicate a cura di Giovanna Calvino (Mondadori «Oscar Moderni», pp. VIII-177, € 14,00), permettono ora di comprendere l’intensità del dialogo tra Italo e Esther, traduttrice e interprete presso l’Unesco, nata a Buenos Aires, dotata di esprit e cultura cosmopolita. Sono anni decisivi: si prepara ad esempio la svolta delle Cosmicomiche. Le lettere illuminano anche quella condizione, e vanno ben al di là del referto personale.

Italo e Esther si sposeranno nel 1964, appena due anni dopo il primo incontro a Parigi; nel frattempo, lui le scrive le lettere qui raccolte, dalle quali si sprigiona l’euforia dell’incontro tra due elementi dell’indole calviniana: la passione felice e la contrainte razionale, che si esprime nella bizzarra casistica di pro e contro che lui elenca nelle prime lettere: «Ho voglia di stare con te. | Dobbiamo decidere come passare assieme i tuoi 10 (…) giorni di libertà. Le possibilità sono le seguenti…» (12 aprile 1962). Italo le parla tra l’altro del lavoro sulle carte di Pavese, le racconta di Vittorini e di Fenoglio; capisce di essere entrato grazie a lei in un’«era di miglioramento spirituale» e desidera farle conoscere chi è anche attraverso il mondo in cui si è formato.

È con questo intento che le regala, nella primavera del ’62, una copia dei Racconti del ’58, con una dedica eloquente: «a Chichita perché sappia tutto di Italo» (l’esemplare è esposto tra i materiali della mostra Lo sguardo dell’archeologo. Calvino mai visto, allestita fino al 26 gennaio alla Biblioteca nazionale centrale di Roma). Non stupisce che Calvino abbia scelto proprio quel libro, sintesi e riepilogo della sua attività di scrittore oltre che della sua esperienza storica e personale, per rivelarsi a Chichita, per cominciare a rispondere alla domanda che anche lei doveva ormai essersi posta: «Chi è Italo Calvino?».

Del resto, la fabbrica della scrittura breve è quella in cui bisogna entrare per conoscere meglio l’autore; ci permette di farlo ora la raccolta di cinquanta racconti, dieci dei quali inediti, composti da Calvino tra il 1941 e il 1949: Un dio sul pero Racconti e apologhi degli anni Quaranta (Mondadori «Oscar Moderni», pp. 368, € 13,00); nell’importante saggio introduttivo, Prove d’immaginazione, il curatore Bruno Falcetto spiega l’obiettivo del volume: «Uno degli intenti dell’antologia che qui si propone è quello di suggerire un diverso modo di guardare alla prima produzione calviniana dei racconti. Innanzi tutto considerandola al plurale, come un insieme di prime produzioni». Un esordio all’insegna della molteplicità, insomma, una sequenza di diversi segni nello spazio narrativo del primo Calvino che già ispira un confronto, come del resto ben osserva Falcetto, con il libro degli incipit che lo scrittore pubblicherà trent’anni dopo: Se una notte d’inverno un viaggiatore.

Scaturisce da quei segni l’immaginazione calviniana, che ha spesso bisogno di figure e di oggetti concreti per prendere una forma narrativa. È così che nascono le fiabe raccolte da Mario Barenghi in Il teatro dei ventagli (Mondadori «Oscar Moderni», pp. XLI-165, € 16,00), frutto di una collaborazione tra Calvino e Toti Scialoja risalente al 1977-’78. Le fiabe sarebbero dovute andare in onda sulla Seconda rete Rai, per poi essere pubblicate in volume; ma né la trasmissione né il libro vennero realizzati. Ora vedono la luce, nella versione inviata da Toti Scialoja alla Rai, insieme alle riproduzioni dei bozzetti dello stesso Scialoja per le scene e i costumi. Il nucleo dell’invenzione coincide appunto con una coppia di oggetti; gli «interessi di Scialoja e di Calvino» spiega il curatore nella bella Prefazione «evidentemente convergevano»; infatti «il principio teorico per cui una stessa cosa cambia significato a seconda del contesto (sia esso verbale o gestuale) era stato applicato in maniera sistematica da Calvino nel Castello dei destini incrociati».

L’immagine in movimento

È ancora Barenghi, insieme a Paolo Squillacioti, a curare le lettere fra Italo Calvino e Leonardo Sciascia: L’illuminismo mio e tuo Carteggio 1953-1985 (Mondadori «Oscar Cult», pp. XXX-292, € 14,00). Lo scambio comincia nella primavera del ’53, il 19 maggio, quando Sciascia scrive a Calvino chiedendogli per recensione una copia di Caratteri di Mario La Cava, uscito quell’anno nei «Gettoni», e invitandolo a collaborare alla rivista «Galleria». Prende avvio così un rapporto epistolare che prosegue regolarmente per un ventennio, lungo l’arco di tempo cioè in cui i due scrittori quasi coetanei compongono le loro opere decisive. Il dialogo conosce una flessione dalla fine degli anni settanta; li divide, in quel periodo, il diverso atteggiamento su due questioni politiche e morali: la rinuncia dei giudici popolari nel processo di Torino contro le Brigate rosse e le responsabilità della morte di Moro.

Ma nel frattempo i due corrispondenti avevano affidato alle lettere un intenso scambio. Per esempio, Sciascia trova «incantevole» il Barone rampante e ne scrive una recensione per il «Ponte»; il recensito, da parte sua, giudica quell’articolo «uno dei più belli che mai abbia avuto». Più tardi, notando in A ciascuno il suo la felice convergenza tutta sciasciana tra «commedia di caratteri» e «saggistica storico-letterario-filologica», Calvino rileva attraverso una sua immagine caratteristica (la scacchiera) un connotato che ancora oggi segna tanta fiction di ambiente regionale: «La soddisfazione che danno le storie siciliane è come quella d’una bella partita a scacchi, il piacere delle infinite combinazioni di un numero finito di pezzi» (10 novembre 1965). Sciascia saprà farne tesoro.

L’epistolario, come mostrano il carteggio con Sciascia e soprattutto le lettere a Chichita, è forse il settore dell’opera che meglio aiuta a capire chi è stato davvero Italo Calvino. I racconti, i romanzi, le altre scritture ci consegnano infatti un’immagine più o meno indiretta, ma sempre conseguente all’idea autoriale che implicitamente ne ricaviamo. Provenendo da un testo finito, pubblico, quell’immagine resta fissa, immobile anche se magari sfocata; varia, certo, da un libro all’altro ma corrisponde sempre a un soggetto canonico.

Le lettere proiettano invece l’immagine in movimento di una persona che ci appare viva, perché i suoi pensieri e esperienze non sono ancora cristallizzate. Quest’immagine ci viene ora restituita nella sua dinamica dalla nuova edizione riveduta e ampliata delle Lettere 1940-1985, a cura di Luca Baranelli (Mondadori «Oscar Moderni Baobab», pp. XXIV-1044, € 32,00). Dalla prima edizione nei «Meridiani» sono passati ventitré anni, durante i quali il curatore, come scrive nell’Avvertenza, non ha smesso di cercare lettere di Calvino, trovandone, scegliendone e annotandone «molte altre delle innumerevoli da lui scritte». L’aggettivo in questo caso non è un’iperbole: non si comprenderebbe chi è stato Calvino senza rendersi conto della enorme quantità di lavoro e di scrittura, diversamente creativo e spesso criticamente impegnato, che l’epistolario testimonia.

Le lettere aggiunte sono circa un centinaio: risaltano quelle a Giovanni Falaschi (1973-’74) intorno a letteratura e Resistenza, esemplari per il tema e per l’esperienza redazionale mostrata da Calvino; a Renato Solmi sull’invasione dell’Ungheria; a Cesare Cases; a Natalia e Carlo Ginzburg. Tra le lettere dei primi anni, molte destinate al padre Mario o al compagno di scuola Eugenio Scalfari, e quelle degli ultimi mesi (tra gli altri, a Maria Corti, a Primo Levi, a Fernand Braudel), scorrono le stagioni della vita e delle opere calviniane insieme ai nomi e ai fatti che hanno caratterizzato la storia e la cultura del secondo Novecento.

Una storia culturale del Novecento

In questo senso, l’epistolario è una rete, un sistema di connessioni di cui per quasi mezzo secolo Calvino è stato un nodo fondamentale. Per illustrarlo, potremmo usare la metafora delle sinapsi a cui ho già fatto ricorso, e a cui rimanda una definizione in cui ci s’imbatte nel mezzo di un libro (anzi, un iper-libro) che, per forma e misura, somiglia a sua volta a una rete: la formula è «autobiografia della mente di Calvino» e il testo da cui proviene è Calvino fa la conchiglia La costruzione di uno scrittore (Hoepli, pp. XVI-864, € 30,00) di Domenico Scarpa.

Summa e sviluppo del lavoro del critico su uno dei suoi autori privilegiati, il saggio –il più notevole tra quelli usciti quest’anno – è già un punto di riferimento nella bibliografia calviniana. Non solo per l’estensione ma anche e soprattutto per due aspetti: uno di forma, l’altro di contenuto. Il primo riguarda appunto la concezione e la struttura, basata sull’alternanza di capitoli-annale e capitoli-saggio su temi, questioni, prospettive che s’intreccino e attraversano l’opera di Calvino, quasi restituendone la complessa rete mentale, appunto. Il secondo aspetto è la quantità di notizie e risultanze critiche che Scarpa fornisce, componendo una storia di Calvino che è insieme una storia culturale del Novecento.

Forse è in questo modo che dovremmo rispondere alla domanda «chi è stato Italo Calvino?», cioè seguendo le tracce di tutti i suoi incontri, percorrendo le rotte dei suoi viaggi, ricostruendo le sue letture… Sembra una storia delle sue, e non potrebbe essere altrimenti.

***

Appendice: Calvino A-Z, lemmario enciclopedico per descrivere infiniti mondi

«Il signor di Palomar è sempre stato un ghiotto degustatore d’enciclopedie…». Parte da questa suggestione – Calvino che commenta sul Corriere l’uscita del primo volume dell’Enciclopedia Einaudi (1977) – l’idea di racchiudere in un lemmario inevitabilmente finito, limitato, i mondi infiniti dello scrittore «centenario»: Calvino A-Z, a cura di Marco Belpoliti (Electa). Le voci sono grappoli tematici e/o concettuali (Antropologia, Città, Classici, Fantasia/Immaginazione, Guardare, Neo-realismo, Sanremo, Scienza ecc.), ciascuno dei quali si conclude con una stringata bibliografia delle fonti. Nel folto elenco degli estensori delle voci figura Niccolò Scaffai, autore di questo articolo-rassegna per Alias.

 

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.



I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento