Nessun intervento strutturale, a cominciare da uno legislativo per decreto, al fine di proteggere i lavoratori dal caldo. Ma accordi a livello aziendale e la stipula di un «protocollo» in cui affrontare i temi dell’organizzazione del lavoro e delle «buone prassi» con la fornitura di «Dispositivi di protezione individuali ad hoc» e «supporti anticalore». È l’esito interlocutorio dell’incontro online, organizzato ieri dal ministero del lavoro con le parti sociali, in attesa di un altro lunedì prossimo quando sarà discussa la possibilità di chiedere la cassa integrazione ordinaria se si superano i 35 gradi, come previsto dell’Inps. «Ci proponiamo di intervenire potenziando gli strumenti già esistenti e disegnando ulteriori strategie» ha detto la ministra Marina Calderone.

LA SENSAZIONE è che il rapporto traumatico tra la vita dei lavoratori nelle temperature torride che stiamo subendo sia stato sottovalutato. Da qualche giorno sembra che sia stato scoperto che è in corso una trasformazione climatica che viene però trattata come uno dei picchi di calore stagionale. Come se fosse la prima volta, e quelli degli ultimi vent’anni, compreso il terribile 2022, fossero state emergenze occasionali che non hanno bisogno di interventi sistemici, ma solo individuali, categoriali, limitati alla congiuntura.

È L’APPROCCIO VISTO durante l’emergenza pandemica, la regola contestata dai movimenti per la giustizia climatica in quella ecologica. Sembra che sia solo un problema tecnico, di «comunicazione», una questione di «decaloghi» mentre continua a mancare la forza della legge nel definire procedure e responsabilità, distinguere le modalità di applicazione per settore, l’accordo sui fondamentali principi, oltre che sulle politiche di fondo.

«NON POSSIAMO discutere una volta all’anno del tema – ha sostenuto la segretaria confederale della Uil Ivana Veronese – Ormai le condizioni climatiche sono diventate estreme: gli interventi, dunque, devono essere immediati e strutturali». Per La Uil ci vuole un «decreto», e non un “protocollo» per fermare «le attività lì dove si superino i 32/33 gradi. Ci sono settori e mansioni nell’edilizia, nei cantieri stradali, nell’agricoltura, nella logistica con riferimento, in particolare ma non solo, ai rider, dove non si possono attendere le decisioni delle aziende per concedere alle lavoratrici e ai lavoratori gli ammortizzatori sociali, altrimenti continueranno a verificarsi decessi sul lavoro. E questo non è accettabile». «I datori di lavori – prosegue – devono sapere che hanno l’obbligo anche negli ambienti chiusi, di fermare le attività con le alte temperature e di fare ricorso agli ammortizzatori sociali».

«È INDISPENSABILE fronteggiare l’emergenza con interventi immediatamente operativi e contemporaneamente è fondamentale individuare delle misure strutturali perché il riscaldamento climatico non è un evento eccezionale – ha sostenuto la segretaria confederale della Cgil Francesca Re David – La cassa integrazione per temperature elevate va resa immediatamente fruibile e deve essere vincolante l’interruzione delle attività quando non ci sono le condizioni, altrimenti non si affronta l’emergenza. Sono fondamentali, oltre all’intervento normativo, le misure da concordare nelle aziende con i sindacati sull’organizzazione del lavoro e sui dispositivi gratuiti per i lavoratori indipendentemente dal tipo di rapporto di lavoro. La ministra Calderone ha dato particolare valore all’utilizzo dello smart working che però non riguarda le categorie di lavoratori più esposti».

L’IMPRESSIONE di vivere nell’anno zero, dentro una conflittualità potenziale, è emersa dall’intervento della presidente dei costruttori edili Ance Federica Brancaccio: «Solo da un confronto tra le parti può venire fuori qualche idea, qualche procedura, qualche protocollo per affrontare momenti emergenziali – ha detto – Sul calcolo delle temperature bisogna individuare chi fa questa rilevazione, perché noi abbiamo una temperatura che è generale sulla città o su macroaree della città, mentre la temperatura percepita è una questione molto puntuale e può variare da strada a strada. Immaginare soluzioni generali basate su cambi di turni, per far lavorare gli operai nelle ore più fresche della giornata, però, non è cosa banale, dipende sia dall’organizzazione del lavoro, sia dalla possibilità e disponibilità del lavoratore».