L’annuncio lo fa in mattinata Pasquale Tridico a Napoli durante la presentazione itinerante del Rapporto annuale dell’Inps: «Ci ho parlato al telefono e la vedo oggi». Il soggetto è la nuova ministra del Lavoro Marina Calderone e l’incontro diventa immediatamente una notizia.

Subito ridimensionata – i due si conoscono da anni – dalla stessa ministra e poi dalla stessa Inps: «Un saluto informale di augurio di buon lavoro». Stesso concetto ripetuto dallo staff di Calderone: «Un incontro di pura cordialità in cui il presidente dell’Inps ha voluto augurare buon lavoro al ministro», declinato al maschile con da input di Meloni.

La verità è che il presidente dell’Inps sta cercando di mandare chiari messaggi al suo nuovo «controllore»: «Lasciamo tempo al governo di vedere i dossier», ha detto ancora ieri a Napoli, contando sulla possibilità che Calderone, aperta al dialogo, appoggi l’idea dello stesso Tridico sulle pensioni di un’uscita flessibile a 63 anni con un assegno limitato alla sola parte contributiva oppure di limitarsi a rivedere il Reddito di cittadinanza alla sola parte di politiche attive, contrariamente al diktat di Fratelli d’Italia di cancellarlo. L’intento è chiaro: giocarsi le carte per una riconferma.

Fece la stessa cosa Tito Boeri con il neo ministro Luigi Di Maio ai tempi del governo del cambiamento, il Conte I dell’alleanza Lega-M5s: il professore voluto da Matteo Renzi alla guida dell’Inps cercò di tenersi buono l’allora leader pentastellato puntando sul taglio delle pensioni d’oro.

Tentativi lodevoli che hanno avuto e avranno pochissime possibilità di successo: la poltrona di numero uno dell’Inps è una delle più ambite – in parallelo con l’Inal – ed è sempre stata merce di scambio nelle spartizioni fra maggioranze di governo.

Il vero punto di domanda – a oggi irrisolto – riguarda la scadenza del mandato dell’attuale presidente dell’Inps. Tridico infatti fu nominato prima commissario dell’Istituto nazionale previdenza sociale il 14 marzo 2019. La battaglia fra Lega e M5s infatti si trascinò a lungo e coinvolse la riforma della governance dell’Inps senza più il direttore generale, chiudendo una diarchia che aveva creato problemi e bloccato qualsiasi decisioni negli anni precedenti.

La guerra politica si trascinò per mesi e il nuovo Consiglio di amministrazione a cinque posti fu varato con il governo Conte 2. Solo il 15 aprile 2020 il Cda «si è insediato, alla presenza del Ministro del Lavoro Nunzia Catalfo, in una riunione in videoconferenza. Da quel giorno ad affiancare Tridico arrivarono la vicepresidente Luisa Gnecchi (Pd) e i consiglieri Roberto Lancellotti, Rosario De Luca e Patrizia Tullini.

Proprio Rosario De Luca è un elemento importante negli equilibri futuri dell’Istituto. De Luca è il marito di Marina Calderone e proprio ieri ha dato le dimissioni per evitare un palese conflitto di interesse.

Fra poco però dovrebbe lasciare anche Roberto Cancellotti, producendo un quasi dimezzamento dello stesso Cda.

Ricostruiti gli elementi del puzzle, la partita futura risulta alquanto complessa. Se il governo Meloni – come legittimo – volesse sostituire il presidente con un proprio esponente si aprirebbe una nuova guerra sulla tempistica del mandato. I quattro anni da presidente di Tridico scadrebbero infatti a marzo, fra solo cinque mesi.

Lo stesso Tridico però avrebbe un parere dell’avvocatura dello stato che lo metterebbe al riparo: quando è stato insediato il nuovo Cda, lui è diventato anche presidente del Cda, con una novazione del suo compenso (leggasi corposo aumento). In questo modo Tridico rimarrebbe – almeno nel Cda – fino ad aprile 2024.

E qui torna in auge l’ipotesi di un colpo di mano del nuovo governo: commissariamento dell’Inps a causa dei soli tre membri del Cda su cinque previsti.

Nomi per la successione ancora non ci sono. Sembra scampato il pericolo che il nuovo governo punti su Alberto Brambilla: l’inventore del flop Quota 100 e Quota 102 è ormai inviso perfino alla Lega che lo sponsorizzò al posto di Tridico. Un nome possibile è invece quello di Mauro Nori, ex direttore generale dell’Inps ai tempi di Elsa Fornero ministro. Per lui si parla già della nomina a direttore generale del ministero del Lavoro di Calderone: da lì il trasloco all’Inps sarebbe più semplice e politicamente attutito.

Errata Corrige

Lettera pubblicata sul giornale in edicola il 26 ottobre 2022

Da Tito Boeri «con preghiera di pubblicazione»

Cara Direttrice,

Massimo Franchi sul suo giornale insinua che nel 2018, prossimo alla scadenza del mio mandato, io abbia cercato di “tenermi buono l’allora leader pentastellato (Di Maio) puntando sul taglio delle pensioni d’oro”. Vorrei ricordare ai lettori che la proposta di tagliare le pensioni “di privilegio” (mai usato il termine pensioni d’oro) è stata formulata dall’Inps nel 2015, pochi mesi dopo la mia nomina, quando il M5s era saldamente all’opposizione.

Inoltre credo di non avere mai lesinato critiche a Luigi Di Maio Ministro del Lavoro. Consiglierei al suo giornalista di ascoltare la mia audizione parlamentare del 20 luglio 2018 sul cosiddetto decreto dignità in cui invitavo il Ministro Di Maio a non perdere contatto con la crosta terrestre nei suoi attacchi alle valutazioni tecniche fornite dall’istituto che a quell’epoca avevo l’onore di presiedere. Cordialmente
Tito Boeri

Risposta

Rispondo volentieri al professor Tito Boeri che – a più di 4 anni di distanza – si adombra quando si ricorda il suo tentativo di rimanere alla guida dell’Inps anche con il “governo del cambiamento” Conte I a maggioranza M5S-Lega. Tutti i resoconti giornalistici del 4 luglio 2018 – giorno in cui Boeri presentò in parlamento il bilancio annuale Inps – riportarono la sintonia con l’allora ministro del Lavoro Luigi Di Maio che quel giorno dichiarò: «L’ottima collaborazione istituzionale avuta con l’Inps», «Non so se andremo d’accordo su tutto, ma sulle pensioni d’oro lo siamo».

Vorrei ricordare ai lettori che il giudizio di Boeri sul decreto Dignità – primo atto da ministro di Di Maio – fu “positivo”. Consiglierei a Boeri di controllare meglio la cronologia dei fatti, visto che le critiche che cita sono del 20 luglio, dopo il sostanziale benservito che arrivò dalla maggioranza giallo-verde con la quale voleva «collaborare». (m.fr.)