Calderone «ascolta» le parti sociali. Cgil, Cisl e Uil scrivono a Meloni
La ministra del Lavoro Marina Calderone
Economia

Calderone «ascolta» le parti sociali. Cgil, Cisl e Uil scrivono a Meloni

Dialogo Sociale Ventisei sigle convocate a via Flavia: tre minuti a testa per parlare. I «confederali» chiedono di essere sentiti subito a palazzo Chigi su salari e pensioni
Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 4 novembre 2022

Un «primo» incontro con tutte le parti sociali. Per oggi alle 14 nella sede decentrata di via Flavia la neo ministra del Lavoro Marina Calderone ha convocato ben ventisei sigle: sette sindacati (oltre a Cgil, Cisl e Uil, anche Usb e le vicine al governo Ugl, Confasal e Cisal) e sette sigle imprenditoriali (Confindustria, Confapi, Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Cna, Casartigiani) più Alleanza delle cooperative, le quattro organizzazioni dell’agricoltura (Confagricoltura, Coldiretti, Cia, Copagri), più Abi (banche), Ania (assicurazioni), Confprofessioni, Confservizi, Confimi, Federdistribuzione e Confetra. Numeri che non si vedevano dai tempi degli Stati Generali del governo Conte 2 nel giugno 2020. Considerato che alle 17 è previsto un consiglio dei ministri e che la stessa Calderone vuole fare un «punto stampa» – naturalmente senza domande – le stime parlano di un tempo di soli tre minuti per organizzazione.
«Un primo ascolto doveroso», lo definiscono da via Veneto. Che fatalmente non porterà a niente, se non alla «definizione di un metodo di lavoro».
Calderone dunque ascolterà tutti e infine farà una sintesi annunciando un metodo di lavoro per affrontare le «priorità»: i temi più urgenti che inevitabilmente la legge di bilancio dovrà trattare.
Ma proprio sulla parola «priorità» si misureranno immediatamente le divisioni fra le parti sociali. Se l’espressione «caro energia» sarà comune a tutti, i modi per affrontarla sono opposti fra Bonomi e Landini.
La richiesta dei sindacati è di tutelare subito i salari erosi dall’inflazione – con un differenziale di oltre il 10% certificato dall’Istat – detassando completamente la tredicesima e garantendo un bonus molto più ampio dei 200 euro di Draghi a precari, autonomi e disoccupati.
Dopo le divisioni dei mesi scorsi sul governo Draghi e la sua ultima manovra, sembra tornata l’unità fra i sindacati confederali che domani saranno insieme in piazza per la grande manifestazione per la pace. Tanto che Cgil, Cisl e Uil mercoledì sera hanno inviato una richiesta di incontro alla «gentile presidente» – per ovviare al dilemma del genere – Giorgia Meloni. La missiva di Cgil, Cisl e Uil è concisa e allo stesso tempo decisa: «Consapevoli che il nostro paese è chiamato ad affrontare una situazione molto difficile e totalmente inedita, siamo a richiederle la convocazione di un incontro preventivo alle decisioni che intenderete assumere in materia». Firmato Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri.
Un chiaro segnale del fatto che a Cgil, Cisl e Uil non basta il dialogo con la ministra «tecnica» del Lavoro ma vogliono discutere direttamente con la presidente del Consiglio la legge di Bilancio con l’obiettivo di non trovarsi – come con Draghi – ad ascoltare un semplice annuncio di decisioni prese.
L’argomento più delicato è sicuramente la previdenza. Come evitare il ritorno della riforma Fornero è il vero rebus per il governo Meloni. La piattaforma sindacale chiede l’uscita flessibile dal lavoro dai 62 anni senza penalizzazioni dell’assegno. L’ultimo «boatos» fra i tanti usciti in questi giorni parla dell’ipotesi di una doppia quota per andare in pensione dal 2023: l’attuale Quota 102 (almeno 64 anni e 38 anni di contributi) diventerebbe 61 anni di età e 41 di contributi. Prima conseguenza: ridurre la platea che ne potrebbero usufruire e così la posta di bilancio. Tutto il contrario delle richieste di Cgil, Cisl e Uil.

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