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Calderoli: «Scusate ma non mollo»

Calderoli: «Scusate ma non mollo»Roberto Calderoli

Palazzo Madama Il pentimento di coccodrillo del leghista Calderoli che non si dimette

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 17 luglio 2013

Calderoli piange lacrime di coccodrillo ma non molla, nonostante l’esplicita richiesta rivolta l’altro ieri da Letta a Maroni e appoggiata da Sel e Sc: «Non mi dimetto. Sarei stato pronto a farlo se nell’ufficio di presidenza ci fosse stata un’amplissima maggioranza che me l’avesse chiesto. Ma così non è stato». E «basta alimentare polemiche» taglia corto il governatore lombardo, accusato di essere «correo degli insulti di Calderoli» in una nota diffusa ieri da Palazzo Chigi, che non ci sta a far rientrare così facilmente il caso.
Niente dimissioni, quindi, ma un Calderoli in un’inedita versione galantuomo, prova ad appianare le polemiche con bel gesto conciliatorio: un mazzo di fiori per il ministro Kyenge: «Al ministro invierò un mazzo di rose. E assicuro sul mio onore che mai più attaccherò l’avversario politico con parole offensive». Come se fosse una scaramuccia privata, come se il vicepresidente del Senato non si rendesse davvero conto della gravità e dell’assurdità delle offese razziste scagliate sotto lo sguardo esterrefatto della stampa di mezzo mondo all’indirizzo di Kyenge, che, via twitter, ha ricevuto parole di solidarietà anche dalla presidente della camera Boldrini: «Dal vicepresidente del Senato Calderoli parole volgari e incivili, indegne per le Istituzioni». Oppure, se ne rende conto e gioca col fuoco, con l’intenzione – e non sarebbe la prima volta – di attirare su un partito allo sbando un po’ di attenzione mediatica; anche a costo di scatenare la bufera, perché la Lega si pasce delle polemiche e dell’invettiva, con calcolata spregiudicatezza, ha fatto uno strumento «politico».
In ogni caso, per Calderoli ci si può mettere una pietra sopra, anzi, un mazzo di rose. Il che la dice lunga, peraltro, sull’atteggiamento sessista, oltre che razzista, del vicepresidente del Senato. Invece il caso è tutt’altro che chiuso. Dopo Letta lo ha ribadito il segretario del Pd Epifani che ha sottolinato che «in qualsiasi altro paese un rappresentate della Camera alta che avesse pronunciato un’espressione così razzista se ne sarebbe andato» e ha lamentato la mancanza di strumenti legali per agire contro Calderoli (il vicepresidente non è dimissionabile).
Il Pd intanto cerca di rovesciare Calderoli con tutti i mezzi: i segretari provinciale e comunale di Ferrara hanno presentato una denuncia per diffamazione aggravata dall’odio razziale, mentre il deputato piddino Khalid Chauki propone di disertare l’aula ogni qual volta intervenga Calderoli.
Ben più fredde le reazioni del M5s, che non ha chiesto le dimissioni, definendole, per bocca del suo capogruppo Nicola Morra, «inutili». «Sono anni che si ascoltano dichiarazioni razziste da parte della Lega», ha precisato. Si sono già assuefatti, evidentemente. Molto oltre è andata Serenella Fucksia, senatrice stellata, che ha sfoggiato il trito argomento del razzismo al contrario per prendere le difese di Calderoli, salvo poi, con tutti i buoi scappati dalla stalla, cospargersi il capo di cenere.
Dal suo blog, ci prova Grillo a mettere un po’ d’ordine nella linea del partito: «l’indignazione verso Calderoli è giusta. La sua battuta razzista verso un ministro di origini congolesi è da condannare. Calderoli è lo stesso della maglietta che sbeffeggiava l’Islam in diretta televisiva, il tizio che passeggiava con un maiale al guinzaglio sul terreno dove doveva sorgere una moschea», ha fatto presente. «Perché chi ora si indigna ha permesso che venisse nominato al Senato?» Un interrogativo su cui in effetti varrebbe la pena riflettere.

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