Calcio nelle colonie israeliane, Infantino rinvia ancora
Fifa Il Consiglio della Fifa ha deciso di non esaminare la richiesta palestinese di sospensione delle squadre degli insediamenti israeliani nei Territori occupati. Decisiva una telefonata di Netanyahu al presidente della Federazione internazionale calcio
Fifa Il Consiglio della Fifa ha deciso di non esaminare la richiesta palestinese di sospensione delle squadre degli insediamenti israeliani nei Territori occupati. Decisiva una telefonata di Netanyahu al presidente della Federazione internazionale calcio
Tre settimane fa era stato il giornale Haaretz a riferire dell’intenso lavoro diplomatico che Israele stava svolgendo dietro le quinte per rimuovere all’agenda del congresso a Manama della Federazione internazionale gioco calcio (Fifa) la proposta di risoluzione contro le squadre delle colonie israeliane nei Territori palestinesi occupati. Pressioni che alla fine hanno raggiunto lo scopo. Con una decisione che non ha destato sorpresa, la Fifa, guidata da un italiano, Gianni Infantino, due giorni fa ha scelto ancora una volta di rinviare ogni discussione sulla questione. Decisiva, riferiva ieri ancora Haaretz, è stata la telefonata che Benyamin Netanyahu aveva fatto domenica a Infantino, durante la quale il premier israeliano ha messo in guardia il presidente della Fifa dall’adottare «iniziative politiche» che, a suo dire, non avrebbero legami con lo sport e che finirebbero per «rovinare» la Federazione internazionale. Da qui la decisione di due giorni fa: «A seguito della relazione di Tokyo Sexwale, presidente del comitato di monitoraggio Israele-Palestina, il Consiglio della Fifa ritiene che in questo momento sia prematuro per il Congresso prendere qualsiasi decisione». È stato un duro colpo per i palestinesi che, oltre alla questione dei team delle colonie, da tempo cercano di ottenere dalla Fifa sanzioni contro Israele per gli ostacoli che, denunciano, pone allo svolgimento delle attività dei calciatori (e non solo) in Cisgiordania e Gaza, a cominciare dalle restrizioni ai movimenti. Ostacoli che Israele si era impegnato a rimuovere due anni fa, dopo un accordo con il presidente della Federcalcio palestinese Jibril Rajoub, e che invece sarebbero ancora in atto.
I team delle colonie sono sei: Hapoel Oranit, Maccabi Ariel, Hapoel Bikat Hayarden, Ironi Ariel, Beitar Givat Zeev Shabi, Beitar Maale Adumim. Una settima squadra, l’Hapoel Katamon Yerushalaim, gioca le partite casalinghe a Maale Adumim, il più grande degli insediamenti coloniali. Le direttive della Fifa prevedono l’esclusione di club che si sono registrati nel territorio di altre federazioni senza autorizzazione: «Le associazioni membro e i loro club non possono giocare nel territorio di un’altra associazione membro senza l’approvazione di quest’ultima». I palestinesi chiedono la sospensione dalla Fifa di Israele se non metterà fine alla partecipazione ai suoi campionati delle squadre delle colonie. Puntano inoltre l’indice contro Infantino che si sarebbe piegato alle pressioni di Israele. Secondo indiscrezioni Sexwale si preparava a richiedere allo Stato ebraico di fermare le partita di calcio negli insediamenti, prima di esaminare la richiesta di sospensione di Israele o di qualunque delle sue squadre.
Il mese scorso a sostegno dei palestinesi si erano schierate, con l’invio di una lettera al Consiglio della Fifa, 120 organizzazioni e associazioni in tutto il mondo, non poche delle quali ebraiche, insieme a personalità dello sport e della cultura, registi cinematografici ed esponenti politici di vari Paesi, tra i quali l’ex Relatore Speciale dell’ONU Richard Falk, l’ex ministro brasiliano per i diritti umani Paulo Sérgio Pinheiro e i registi cinematografici britannici Ken Loach e Paul Laverty. Per l’Italia avevano aderito l’Unione Italiana Sport per Tutti (UISP, con 1 milione 300 mila iscritti), l’associazione Lunaria e diverse squadre di sport popolare.
I palestinesi oggi potrebbero chiedere al Congresso della Fifa di respingere la decisione del Consiglio ma il clima è sfavorevole. Ieri il Bahrain ha impedito l’accesso al vertice a un esponente di Human Rights Watch, Omar Shakir, direttore dell’ufficio israelo-palestinese dell’organizzazione, intenzionato a spiegare i motivi della richiesta di sospensione delle squadre di calcio degli insediamenti. Shakir è stato fermato in aeroporto e interrogato per ore da funzionari bahraniti che gli hanno impedito di raggiungere il Congresso.
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