Cala la saracinesca, scene da guerriglia
Napoli Il corteo, organizzato dalla Confcommercio, che poi si dissocia dalle violenze, è l’ultima bomba che esplode in una città stremata, dove la mobilità è ormai diventa emergenza. E c’è chi ne approfitta
Napoli Il corteo, organizzato dalla Confcommercio, che poi si dissocia dalle violenze, è l’ultima bomba che esplode in una città stremata, dove la mobilità è ormai diventa emergenza. E c’è chi ne approfitta
Una mattinata di fuoco ieri a Napoli, con i commercianti in corteo contro le zone a traffico limitato e in generale contro l’amministrazione De Magistris.
Il primo scontro con le forze dell’ordine è davanti la sede del comune, in piazza Municipio, dopo il lancio di bombe carta da parte dei manifestanti: ultrà del Napoli mischiati ai negozianti arrivati dai quartieri commerciali del centro (da via Duomo, a Mergellina, passando per la Pignasecca, via Toledo, via Chiaia).
Una giornalista di Repubblica, Cristina Zagaria, si ferisce al ginocchio, l’esplosione le rimbomba in un orecchio. Parte la prima carica, Mario Talarico, ottantenne artigiano famoso per i suoi ombrelli in seta, precipita a terra colpito da una manganellata. Alla fine i feriti saranno due.
Intorno a mezzogiorno il corteo si rimette in marcia.
I negozi sono tutti chiusi, chi non aderisce alla serrata non passa inosservato. Un gruppo di manifestanti blocca l’accesso al supermercato della catena Carrefour, altri buttano fuori una ragazzina che voleva entrare a comprare un cellulare in un negozio di telefonia. Qualcuno abbassa la saracinesca a metà ma poi continua a macinare caffè e cappuccini. Il corteo ha molte anime: i commerciati dei negozi di lusso, che hanno appena scoperto la crisi, accanto a quelli che vivono in zone dove la pressione della camorra è forte, strozzati dal crollo dei consumi e dalle richieste dei clan. A volte il margine si riduce fino al punto in cui il clan fagocita il piccolo esercente.
La seconda tappa della protesta è il lungomare liberato (un’invenzione del sindaco che un anno fa ha pedonalizzato via Caracciolo): a piazza Vittoria la polizia si schiera a difesa del cantiere dell’America’s Cup, al via la prossima settimana, così il corteo ripiega in via Arcoleo e lì parte una seconda carica di alleggerimento.
Il blocco del traffico va avanti fino alle tre del pomeriggio, quando una delegazione viene ricevuta in prefettura dove consegnano la richiesta di un incontro in campo neutro, con un arbitro che medi con il sindaco.
La luna di miele con Luigi De Magistris è finita da un pezzo. Chiudere le principali arterie al traffico privato in una città dall’urbanistica così complicata come Napoli non è cosa da fare in fretta e in modo drastico.
L’amministrazione ha disseminato la città di Ztl senza mai retrocedere, i correttivi (come l’apertura dei varchi di via Acton e piazza Sannazaro o l’accesso a piazza Dante) sono stati varati martedì scorso, dopo un anno e mezzo di proteste, quando ormai la rabbia era incontenibile, quando soprattutto le condizioni generali sono diventate insostenibili.
La somma dei tagli nazionale e regionale al trasporto pubblico è stata del 27%, una corsa su quattro eliminata, il contributo all’Azienda napoletana mobilità è stato decurtato del 40%. Questo ha reso l’accesso alla città dall’hinterland attraverso i mezzi su ferro e gomma una corsa a ostacoli con ritardi sulle corse di ore.
L’uso dell’automobile privata è quasi impossibile per la chiusura delle strade e i prezzi della benzina. Il commercio è in ginocchio ma non è solo una questione di viabilità.
Nel 2012, secondo i dati provenienti dal sistema camerale, ha chiuso un’impresa al minuto a livello nazionale. Il reddito pro capite delle famiglie è sceso a quello di 27 anni fa e il calo dei consumi è il peggiore dal dopoguerra a oggi, soprattutto nel capoluogo della regione più povera d’Italia.
D’altro canto, l’afflusso di turisti è in netta crescita e molti gestori di pizzerie e ristoranti ammettono, a mezza bocca, che gli affari sono quintuplicati con il lungomare chiuso alle auto, ma restano i problemi strutturali di una città inchiodata al predissesto, in attesa messianica dell’anticipo del contributo della legge salva-comuni. Così molti napoletani non vogliono saperne di grandi eventi, come l’America’s Cup: la Rai manderà le immagini delle regate ma l’ala crollata del palazzo Guevara di Bovino sarà nascosto da un telo, come in un set cinematografico.
La serrata è stata indetta da molte sigle, Confcommercio Napoli ha fatto un mezzo passo indietro con il presidente Pietro Russo: «La nostra era una manifestazione pacifica, conclusa con la consegna delle chiavi degli esercizi commerciali di fronte Palazzo San Giacomo.
Ribadiamo la ferma condanna di qualsiasi violenza». Il presidente della Camera di Commercio partenopea, Maurizio Maddaloni, partner della società che gestisce la Coppa America in città, ci tiene a fare i suoi distinguo: «La difesa a oltranza del comune del lungomare liberato non porta da nessuna parte. Ma le regate sono cosa distinta rispetto ai problemi di gestione del territorio.
I grandi eventi, se ben organizzati, creano economia per l’indotto e fanno da moltiplicatore per il turismo». L’Aicast, associazione di categoria che riunisce industria e commercio, si dissocia puntando al dialogo sui correttivi. Il sindaco si trova a dover disinnescare la bomba prima che la macchina delle regate parta.
Nel comunicato diffuso ieri isole pedonali, piste ciclabili e Ztl restano la priorità, segue la denuncia dell’infiltrazione camorristica nella protesta di ieri per passare poi a un’apertura al dialogo «nell’esclusivo interesse di una città che, da due anni, stiamo amministrando senza risorse cercando di garantire una tenuta sociale compromessa dalla crisi e dalla contrazione del lavoro».
Bisognerà convincere i disoccupati e adesso anche i commercianti, come Maurizio Marinella, il re delle cravatte: «Gli eventi sono importanti ma non si può pensare che accanto a questi non venga strutturata una città in grado di assorbire la quotidianità».
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