La città di Venezia è pronta ad accogliere la 13° edizione del Ca’Foscari Short Film Festival, il primo festival in Europa gestito interamente da studenti universitari che, sotto la guida della direttrice Roberta Novielli, porteranno dal 22 al 25 marzo un programma ricco di incontri nei musei e fondazioni più importanti della città come il Museo Archeologico Nazionale e il Museo d’Arte Orientale – Ca’ Pesaro, la Fondazione Bevilacqua La Masa, la Casa del Cinema e l’In Paradiso ai Giardini della Biennale. Un rapporto ormai inscindibile quello tra il Festival e Venezia, omaggiata dal manifesto realizzato quest’anno da uno tra gli illustratori più apprezzati in Italia e all’estero, Manuel Fior: tra le calli veneziane lo sguardo si apre su una bifora dalle volte tondeggianti in cui si scorge l’abbraccio di una coppia; un incontro che è desiderio di scoperta dell’altro come dimostrano ogni anno i lavori degli studenti delle scuole di cinema provenienti da tutto il mondo.

I trenta cortometraggi del Concorso internazionale racchiudono la curiosità e lo sguardo sensibile delle nuove generazioni di registi verso il mondo e i temi sociali più urgenti come le storie dei migranti che attraversano le frontiere affidando la loro vita alla speranza e soprattutto all’incontro con l’altro come nel corto Bloody Gravel di Hojat Hosseini. Il regista racconta il viaggio di Roya e Bashir attraverso il confine iraniano per fuggire dall’Afghanistan; sulla strada costeggiata dal deserto i due si affidano a Saku e Osho due trafficanti e durante il difficile viaggio Roya entra in travaglio perdendo la vita e la piccola appena nata trova un inaspettato gesto di tenerezza da uno dei trafficanti che decide di salvarla. Tra i vari temi affrontati dai registi, come il pericolo di un ecosistema ormai distrutto in Winter Bloom di Ivan Krupenikov o l’alienazione dell’uomo sfruttato dal lavoro nei corti 9-5 di Maša Šarovic e In the nation of car lovers di Sagar Gahatraj, emergono con delicatezza le storie di piccole e grandi donne coraggiose come nel corto Remember our sister di Hayoung Jo. Il corto ambientato in un villaggio sud coreano negli anni ’80 riprende la storia realmente accaduta di un gruppo di donne che, costrette a soddisfare i piaceri dei soldati americani, lotta per i propri valori e per la libertà. Minerva Rivera Bolaños in Any Place affronta il tema degli abusi ritraendo un giorno di festa, dove nella convivialità della famiglia non sembra accadere nulla; ma nei silenzi della piccola protagonista e nel suo gesto estremo per salvare se stessa è celata una terribile verità. Bolaños attraverso tagli di inquadrature e un montaggio serrato mette a confronto il mondo dei bambini, non ascoltati e messi a tacere, con quello degli adulti che molto spesso sceglie di non vedere.

Intorno al Concorso Internazionale il festival presenta sul palco dell’Auditorium Santa Margherita, centro nevralgico da cui si dirama la manifestazione, focus con ospiti di fama internazionale come il Programma speciale della giuria durante il quale il pubblico scoprirà i momenti più importanti della carriera dei membri della giuria internazionale composta dall’artista multimediale Mika Johnson, dall’esponente di spicco dell’animazione americana anni ’90 Robert Pratt e dall’attore italiano Roberto Citran.

Il festival quest’anno rende omaggio a uno dei padri del fumetto italiano Bruno Bozzetto creatore di personaggi entrati a far parte della memoria collettiva come il Signor Rossi. Durante la Masterclass a cura di Davide Giurlando, l’autore ripercorrerà la sua lunga carriera: dai primi lavori alla vittoria dell’Orso d’oro a Berlino per il miglior cortometraggio con Mr. Tao, ma anche libri e le indimenticabili pubblicità per Carosello.

Un altro ospite a cui il festival rende omaggio è Amos Gitai, uno dei maggiori registi israeliani che ha utilizzato il cinema come strumento di pensiero e conoscenza concentrandosi sui concetti di casa, identità e appartenenza nel quadro del medio oriente; una ricerca lunga più di quarant’anni in cui la critica verso la politica di Israele ha portato il regista a dover lasciare molto spesso il suo paese. Conversando con il docente e critico cinematografico John Bleasdale (e collaboratore di Alias), Gitai mostrerà alcuni estratti scelti delle sue opere più celebri come Berlin-Jerusalem, Kadosh, Kippur. Il terzo ospite è uno dei maestri del cinema giapponese contemporaneo vincitore della Palma d’oro nel 2018 con Un affare di famiglia, Hirokazu Kore-eda che ha scandagliato le relazioni nella famiglia giapponese contemporanea minando, attraverso toni lievi e melanconici, l’istituzione delle figure genitoriali. Kore-eda presenterà il suo libro Pensieri dal set (Cue Press), un’occasione per conversare con il regista sulla sua visione del cinema e della società giapponese grazie al curatore dell’edizione italiana Francesco Vitucci. In un festival pensato per i giovani registi e gestito da giovani studenti non poteva mancare uno spazio dedicato a uno dei più promettenti registi della nuova generazione del cinema horror, Rob Savage che ha rielaborato l’horror tradizionale in maniera innovativa utilizzando il sistema dei social come in Host e all’interno del sottogenere horror found footage come nel recente Dashcam.

Nel lungo e ricco programma del festival tornano gli eventi collaterali con la ricognizione sullo stato della videoarte italiana curata da Elisabetta Di Sopra con la collaborazione dell’Archivio di videoarte Yearbook; e il Cinema delle origini a cura di Carlo Montanaro che racconterà il mondo delle silhouettes. Invece il viaggio all’interno del cinema asiatico parte con Cecilia Cossio che presenterà la prestigiosa scuola di cinema «Whistling Woods International» di Mumbai con la selezione di tre cortometraggi di diploma e si prosegue più a est con «East Asia Now» a cura di Stefano Locati che porterà gli spettatori alla scoperta delle ultime tendenze provenienti dall’Asia Orientale.