Alias

Caccia solitaria del trifulau

Caccia solitaria del trifulauPaolo Carretto

Intervista Un cercatore di tartufo, il suo cane, i misteri della preziosa ricerca

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 20 agosto 2022

Nel 1981 mio padre decise di andare per tartufi, con un amico, e portò a casa un cucciolotto di un paio di mesi. Nel giro di poco l’interesse di mio padre si affievolì, mentre mio fratello ed io ci appassionammo». Così racconta il trifolao (cercatore di tartufo, trifulau in piemontese) Paolo Carretto. Astigiano, ha 55 anni e di professione è bancario. Stiamo passeggiando sotto i pioppi, ai confini tra Castell’Alfero e Frinco in occasione della manifestazione «Oro Monferrato», un progetto pensato per valorizzare una parte di questo territorio non ancora conosciuta: boschi, tartufaie generalmente di tartufo bianco. E ovviamente le vigne, perché da queste terre attorno a Castagnole Monferrato viene il celebre Ruché. Dallo scorso dicembre, la cerca e la cavatura del tartufo sono iscritte nella lista UNESCO del Patrimonio culturale immateriale. Con noi, in questo caldo pomeriggio estivo, ci sono anche Charlie, Pluto e Lady: raspano, portando alla luce una manciata di tartufi neri che Carretto sottrae loro, ricompensandoli con una manciata di crocchette.

Quanto è difficile addestrare un cane da tartufi?
Non è facile, in ogni caso il cane da caccia è maggiormente portato alla ricerca. Si inizia a casa con dei succedanei: formaggio, tartufi neri, crocchette imbevute nell’olio tartufato. Ma poi bisogna applicarsi sul campo, nelle tartufaie. Ed è piuttosto complesso. Servono tempo e pazienza, anche per comprendere le caratteristiche del cane.

Dove ci troviamo in questo momento?
Ho acquistato questo terreno con mio fratello. Agli inizi degli anni Novanta qui c’era stata la volontà di riservare la raccolta ai soli tartufai del posto, impedendo ad altri di entrare. Di conseguenza, abbiamo iniziato a comprare terreni che ancora oggi sono destinati alla libera ricerca. Abbiamo sei ettari in comuni diversi. Sono terreni alcalini, adatti. Utilizzando un linguaggio da bancario, direi che è nostra intenzione diversificare il rischio! Speriamo di mantenere la produzione, se non anche di incrementarla, nonostante i cambiamenti climatici e la minore umidità.

Quali sono i tartufi di questa parte del Monferrato astigiano?
In questa zona le tipologie sono prevalentemente tre: il bianco in tutta la vallata, il nero estivo e il nero liscio. Quest’ultimo, il macrosporum, è il tartufo nero che mi piace di più. Ha un sentore che assomiglia vagamente al magnatum e per questo è perfetto anche per addestrare i cani. In inverno, soprattutto a gennaio, in questa zona ci sono anche il brumale e il bianchetto.

Per andare in cerca di tartufi è necessario un tesserino?
Sì, bisogna dare un esame presso la Regione Piemonte, dimostrando conoscenza su come estrarli e come mantenere il terreno. La tassa annuale è di 140 euro, da cui sei esentato se ti limiti a cercare tartufi sui tuoi terreni.

Quanti tartufai ci sono in Piemonte?
Siamo 1500, molti meno rispetto all’Emilia-Romagna e all’Abruzzo, dove i territori sono ben più vasti dei nostri.

Qual è il tartufo migliore?
Il bianco, anche psicologicamente siamo portati a venerare il Re della Cucina. La stagione del bianco si apre ufficialmente il 21 settembre e chiude il 31 gennaio. La produzione migliore arriva con il freddo e quindi con la brina.

I prezzi?
Dipende dal momento e dalle richieste. Da tartufaio a commerciante, il bianco si posiziona mediamente attorno ai 200 euro all’etto e il nero estivo oscilla intorno ai 15 euro all’etto. In Francia il prezzo del nero pregiato sale a 40-50 euro l’etto. Il consumatore lo paga ovviamente di più, perché il commerciante si fa carico del rischio di impresa perché il bianco ha un calo peso determinante: anche solo il giorno dopo averlo trovato può averne perso il 10 percento.

È possibile coltivare i tartufi?
Tecnicamente sì. Per quanto riguarda i tartufi estivi, il nero pregiato e il bianchetto è possibile mettere a dimora degli alberi micorizzati certificati che dopo circa 6-7 anni incominciano a produrre. Per quanto riguarda il bianco le probabilità di successo sono limitate. Nella gestione delle nostre tartufaie abbiamo visto che la lavorazione del terreno in determinati momenti e la pulizia danno risultati discreti.

In che misura il mestiere si trasmette di padre in figlio?
Dipende dalla passione, per me resta un hobby. Per poterci vivere, facendone una professione, dovrei riservare i miei terreni e non so se sarebbe sufficiente. In ogni caso andrei per tartufi anche se non valessero niente. Come i cacciatori che vanno a caccia solo per il piacere di veder correre il cane dietro al fagiano.

L’emozione del primo tartufo?
Era il 15 settembre 1981, il giorno dell’apertura della stagione, ero sotto quel pioppo là in fondo. In nostro cagnolino aveva una decina di mesi. Il nostro tutor aveva lasciato l’auto in quella stradina là e si era avvicinato a un pioppo che non c’è più. Le condizioni erano le migliori di sempre: bucavi e trovavi sempre un tartufo. Noi, eravamo neofiti. Arrivavamo da Asti. La cagna del nostro tutor, appena scesa dalla macchina, mentre era intenta a fare i suoi bisogni si mise a raspare e così, senza fare nulla, ha trovato sei gemelle bianche. Profumatissime. Dopodiché ne abbiamo trovato uno anche noi, l’unico della serata, a 40 cm di profondità: profumatissimo, come se fosse stato inverno. La sera, all’arrivo a casa, il nostro tutor svuotò la sacca: ce n’erano così tante da riempire due albanelle da un chilo! Con i miei, abitavamo in una cascina, dormivamo al piano superiore. Quando mia madre, il giorno dopo, aprì l’albanella al piano di sotto fui obbligato a scappare fuori per l’intensità dell’emanazione che si sparse per casa, come un profumo.

Il tartufo più grande?
L’ho trovato il 23 novembre 2007 alle 12 meno un quarto, ed era di 8 etti e 35.

Dove?
Nel Comune di Asti, ma non posso dire dove!

Il modo migliore per consumarlo?
L’ideale è qualcosa di grasso, quindi con l’uovo, con i formaggi, oppure la carne cruda. Lo abbiamo provato anche sullo zabaione per accompagnare la torta di nocciole: eccellente!

dove dormire: Locanda Antico Ricetto, via Dante Alighieri 1, Portacomaro (AT), Tel. 0141-202699 info@locandanticoricetto.com
dove mangiare e fare acquisti di prodotti tipici: Durando famiglia agricola dal 1630, viale Attilio Degiani 33, Portacomaro

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento