Alla fine il muflone sull’Isola del Giglio non c’è più. Dopo anni di battaglie da parte dei comitati ambientalisti – condite anche da interrogazioni parlamentari – ai primi di dicembre di quest’anno è stato eradicato dall’isola. Era stato importato dalla Sardegna negli anni ’50, nel tentativo di preservarne la specie all’epoca a rischio, a causa della caccia intensiva sull’isola sarda. Poi nel 2019 è partito il progetto Life LetsGo Giglio, approvato dalla regione Toscana insieme al Parco Nazionale Arcipelago Toscano e dal costo di circa 1,5 milioni di euro, col fine di eradicare le specie aliene dall’isola per preservare flora e fauna nativa.

«DEGLI 87 MUFLONI presenti, 35 son stati abbattuti e 52 catturati e trasferiti in altre riserve dove son stati sterilizzati – spiega Giampiero Sammuri, presidente del Parco – e non è che lo abbiamo fatto per gioco ma per preservare la biodiversità dell’isola. Il muflone, oltre ad essere una specie cacciabile in Italia, è una specie aliena e sappiamo tutti la loro pericolosità per l’ambiente in cui sono immesse». Un rapporto dell’agenzia Onu per la biodiversità uscito in estate ha sottolineato che quelle invasive nel 60 per cento dei casi sono state una causa di estinzione di altre specie e nel 16 le uniche responsabili. «Fa sempre dispiacere sacrificare degli animali – ammette Paolo Sposimo, naturalista esperto in progetti di eradicazione e controllo di specie aliene invasive e parte del gruppo Nemo che ha collaborato a Life LetsGo – l’intervento ha avuto lo scopo di evitare danni più gravi per la biodiversità. All’Elba il bosco di lecci non si rinnova più a causa della presenza dei mufloni. Al Giglio i boschi sono pochissimi e l’impatto è estremamente grave».

DI DIVERSO avviso, per quanto riguarda il loro impatto sull’ambiente, gli agricoltori dell’isola. Circa 50 tra agricoltori e viticoltori, avevano firmato una lettera aperta in cui si chiedeva di non abbattere nessuno dei mufloni, liberi dagli anni ’90 e confinati in una piccola riserva fino a quel momento. “I danni in più di dieci anni superano a malapena i mille euro” ci spiega uno dei firmatari che è voluto restare anonimo. Al progetto di eradicazione avevano aderito anche Wwf e Lav, con quest’ultima che poi si è scontrata col parco. «L’accordo era catturare i mufloni e spostarli in rifugi – chiarisce Massimo Vitturi della Lav – poi il parco lo ha violato ed è partito con le uccisioni. Sono stati uccisi in nome della biodiversità quando prima l’ambiente era stato alterato dall’uomo stesso: non è che sull’isola ci sono arrivati a nuoto. Ma Ispra, che è il massimo ente scientifico italiano, ha detto di eradicarli perché creano danni, nonostante fossero lì da un pezzo».

PROPRIO ISPRA è finito nell’occhio del ciclone a causa di uno studio del 2022 pubblicato su una rivista scientifica internazionale e fatto da numerosi accademici italiani. «Il nostro studio è stato ignorato – afferma Mario Barbato, docente di genomica al dipartimento di scienze veterinarie dell’Università di Messina – perlomeno nell’esecuzione del piano». Lo studio afferma che i mufloni del Giglio erano portatori di variabilità genetica non più presente in Sardegna, dove l’animale è specie protetta. «La variabilità genetica della popolazione del Giglio si era evoluta nei millenni – continua Barbato – ed era di valore anche solo per il mantenimento della biodiversità. Questo da solo non esclude che le azioni di eradicazione possano essere utili in determinati contesti. Di sicuro sarebbe stato necessario un approccio più cauto e con maggiori indagini per capire cosa si stesse facendo, data la natura irreversibile dell’eradicazione». L’Ispra ha visionato lo studio ma ha dato il benestare a proseguire. «Da un punto di vista genetico è abbastanza normale che le popolazioni isolate siano un po’ diverse da quelle originarie – osserva Piero Genovesi di Ispra – Lo studio ha evidenziato questo. Sulle conclusioni che questo abbia un significato evolutivo, noi riteniamo che non ci sia un fondamento scientifico. L’eradicazione al Giglio era utile per la biodiversità».

LE ERADICAZIONI sul Giglio non sono finite. Oltre al muflone e alle alterazioni varie compiute nel corso dei secoli – in passato i soli vigneti erano arrivati a coprire circa un quinto del totale del Giglio – come specie aliena è stato importato anche il coniglio selvatico. Già eradicata invece una specie di tartaruga del Nord America. «Lo studio sui mufloni avrebbe dovuto far cercare altri tipi di soluzioni ma fermarsi probabilmente avrebbe significato bloccare i finanziamenti – osserva Andrea Brutti dell’Ufficio Fauna Selvatica dell’Enpa – Ricordiamo che i progetti Life hanno in passato avuto esiti devastanti su specie rare: prima all’isola di Montecristo, dove per la derattizzazione sono state riversate 14 tonnellate di bocconi avvelenati che hanno decimato anche la Capra aegagrus, unica selvatica presente in Italia dal Neolitico, oppure a Pianosa dove a causa dell’eradicazione si stava ‘erroneamente’ uccidendo anche una sottospecie unica della lepre europea».

LA BATTAGLIA sui mufloni non sembra fermarsi qui. «Procederemo con una serie di richieste d’accesso agli atti per avere il numero definitivo degli abbattimenti perché negli anni i numeri non quadrano – dichiara Kim Bizzarri dell’associazione Vitadacani – senza considerare che il muflone sardo, che era poi anche quello del Giglio, non è cacciabile in Italia ed è stata così violata la legge. Abbiamo già denunciato il direttore Maurizio Burlando e il presidente Sammuri per disastro ambientale: ci sarà l’udienza il 25 marzo al tribunale di Grosseto. Stiamo procedendo in tal senso anche nei confronti del governatore della Toscana, Eugenio Giani. Non può finire così». «Il paradosso – conclude Tony Curcio, presidente del Comitato Antispecista Difesa Animale Protezione Ambiente – è che un progetto chiamato Life, porti morte. Fino a febbraio proveremo a fermare i cacciatori che cercano i mufloni rimasti, sperando ci siano ancora».