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Burt Bacharach, una cascata di note. Magie e turbamenti di un genio

Burt Bacharach, una cascata di note. Magie e turbamenti di un genioDionne Warwick e Burt Bacharach durante una performance della cantante al Pierre Hotel di New York, il 7 giugno 1968 (foto di Ron Galella/Ron Galella Collection via Getty Images)

La carriera/In collaborazione con il paroliere Hal David ha consegnato alla storia della musica pezzi intergenerazionali eseguiti da una sfilza di artisti «Se non state piangendo è perché non siete capaci di ascoltare». Allievo di Darius Milhaud, ha amato il jazz, ha diretto l’orchestra di Marlene Dietrich e ha affascinato Frank Sinatra

Pubblicato più di un anno faEdizione del 18 febbraio 2023

Come tutti i grandi compositori di ogni epoca, Burt Bacharach lo si conoscerebbe anche se non lo si fosse mai sentito nominare. Impossibile non aver mai ascoltato una sua canzone o una sua colonna sonora, impossibile non ricordare come familiari le melodie di brani come Magic Moments, I Say A Little Prayer, What the World Needs Now Is Love, Walk on By, The Look of Love o Raindrops Keep Fallin’ on My Head. Eppure Bacharach, morto a 94 anni lo scorso 8 febbraio a Los Angeles, pur essendo stato uno degli autori più popolari nella storia della musica leggera non è mai stato un artista «leggero». In una carriera che ha attraversato sette decenni ha imposto, con una classe che ha pochi eguali, uno stile compositivo di assoluta accessibilità per gli ascoltatori, ma in cui musicisti e addetti del mestiere ritrovavano arrangiamenti originali, sorprendenti cambi di tempo e soluzioni che spesso stupivano e disorientavano.

UN VALZER
Negli anni ’60 un suo pezzo, Wives and Lovers, venne inciso da Frank Sinatra con la Count Basie Orchestra. Burt ascoltò la registrazione e chiamò perplesso il produttore, Quincy Jones, dicendo: «Ma come l’avete incisa? Doveva essere in ¾. È un valzer!». «Burt – rispose Jones – Count Basie e la sua band così non la sanno suonare». Poco tempo prima lo stesso Sinatra al pubblico di un suo concerto a Las Vegas l’aveva presentato come uno che scrive canzoni con ritmi che sembravano taglie di cappelli. Dirà il compositore: «Non so quanti capirono la battuta. Io la trovai divertente».
Bacharach rimescolava le carte. Sapeva che non c’è niente di più difficile che scrivere una melodia facile e anche chi cerca leggerezza vuole originalità. Le sue canzoni sono sopravvissute a mode e a rivoluzioni. Nato a Kansas City nel 1928 e cresciuto a New York, iniziò a prendere lezioni di pianoforte a otto anni. A 15 anni già frequentava i jazz club di Manhattan. Si appassionò a Claude Debussy e Maurice Ravel. Studiò pianoforte mentre frequentava l’università a Montreal per poi perfezionarsi in California sotto la guida del compositore francese Darius Milhaud. Venne poi richiamato sotto le armi durante la Guerra di Corea, ma la sua partenza per il fronte venne rimandata perché la sua abilità al pianoforte lo qualificò più per le feste dei circoli ufficiali che per le trincee.
Per un periodo fu mandato di stanza in Germania, ma anche qui il suo compito era tenere le righe dello spartito e non della truppa. Tornato a New York, studiò con il compositore avanguardista Henry Cowell e incontrò la cantante Paula Stewart di cui diventò l’accompagnatore musicale, ma anche il marito. Sarà solo il primo di quattro matrimoni, in una vita scandita da rapporti tormentati. Al terzo tentativo, nel 1982, al momento di sposarsi con la cantante Carole Bayer, alla domanda di rito, «Vuoi tu Burt Bacharach prendere in moglie…?», rispose: «Ci provo».
La sua carriera di autore musicale iniziò per una divisione della casa cinematografica Paramount. Qui nel ’57 incontrò Hal David (scomparso nel 2012) che diventò il suo paroliere e il suo partner creativo. I loro primi successi furono The Story of My Life incisa da Marty Robbins, ma soprattutto Magic Moments registrata da Perry Como nel ’58. In quel periodo Bacharach era al lavoro con Marlene Dietrich di cui era diventato l’accompagnatore musicale nei suoi tour. Burt aveva trent’anni, Marlene cinquantotto. I due si vedevano spesso nei locali e alle feste. Tutti li credevano amanti.

BAMBOLA VUDÙ
Il compositore smentì sempre la relazione, ma l’Angelo Azzurro però rimase sempre invaghita del suo giovane direttore d’orchestra, tanto da fabbricare una bambola vudù della sua seconda moglie, la famosa attrice Angie Dickinson. Dal 1958 al 1962 Burt compose più di 80 canzoni, ma le hit e le soddisfazioni professionali furono poche.
Nel ’62 la collaborazione con David diventò quasi esclusiva. Insieme scrissero un brano per L’uomo che uccise Liberty Valance, capolavoro di John Ford. La canzone cantata da Gene Pitney non venne usata nel film, ma arrivò nella top ten. Nello stesso periodo il duo Bacharach-David fece la conoscenza di una giovane cantante. Ricorderà David: «Si chiamava Dionne Warwick. Fummo sconvolti da quanto era brava. Capimmo che era straordinaria. Il primo disco che incidemmo con lei fu Don’t Make Me Over e fu una hit. Seguirono 17 anni di successi». Nel 1965 Bacharach debuttò anche con il primo LP a suo nome, Hit maker!, in cui compaiono tra i musicisti i futuri Led Zeppelin, Jimmy Page e John Paul Jones. Lo stesso anno venne pubblicata la colonna sonora del film What’s New, Pussycat? La pellicola, scritta e interpretata da Woody Allen, divenne un grandissimo successo così come la canzone tratta dal film, cantata da Tom Jones, che portò alla prima nomination all’Oscar. La statuetta, anzi le statuette, arrivarono nel 1970 quando Bacharach vinse come miglior colonna sonora per il film Butch Cassidy, e come miglior canzone (con Hal David) per Raindrops Keep Fallin’ on My Head. Un terzo Oscar arriverà nel 1981 per Arthur’s Theme. Anche se il pubblico sembrava attratto da diversi generi musicali la musica di Burt rimaneva lontana da mode o da tendenze, i suoi brani sembravano classici senza tempo anche se erano stati appena composti. Molti dei suoi pezzi sono diventati hit in diverse epoche e in diverse versioni. (There’s) Always Something there to Remind Me, incisa una prima volta da Dionne Warwick nel ’63, diventò una numero uno in Gran Bretagna nel ’64 interpretata da Sandy Shaw e una top ten internazionale nel 1983 nella versione dei Naked Eyes. Walk on By debuttò sempre con la voce di Warwick per poi essere rielaborata da Isaac Hayes per una versione che è stata campionata in decine di brani hip hop (The Notorious B.I.G., Tupac e Beyoncé). Il connubio con David si interruppe negli anni ’70.

SINGOLO DELL’ANNO
La carriera di Bacharach è proseguita tra miriadi di collaborazioni, concerti e trionfi personali. Nel 1986 la sua That’s What Friends Are For è stata il singolo più venduto dell’anno negli Stati Uniti e ha contribuito a raccogliere milioni per la lotta contro l’Aids. Negli anni ’90 ha iniziato una collaborazione con Elvis Costello che ha portato all’album Painted from Memory.
Nel nuovo secolo Bacharach non ha rallentato la sua attività. Nel 2003 ha firmato un disco con Ronald Isley. Nel 2005 un lavoro solista, At this Time, con la partecipazione di Dr. Dre, che ha vinto il Grammy (il suo sesto) come Miglior Pop Strumentale. Nel 2009 l’abbiamo visto sul palco di Sanremo accompagnare la cantante italiana Karima. A 88 anni ha composto la musica del film A Boy Called Po e nel 2020 ha realizzato l’EP Blue Umbrella. A marzo è prevista l’uscita di un nuovo album che raccoglie gli inediti della collaborazione con Costello. A Bacharach possono essere rimproverate poche cose. La sua storia è raccontata nell’autobiografia Anyone Who Had a Heart e lì si parla anche della figlia Nikki, morta suicida nel 2007. Dal punto di vista musicale gli si può solo imputare che la sua musica, per l’assoluta capacità di fondere classico e moderno, stile e leggerezza, è diventata così pervasiva da essere spesso stata sfruttata all’inverosimile: citata, copiata, stravolta, riarrangiata fino a diventare lo standard per la musica d’ambiente e l’easy listening. Legioni di compositori mediocri hanno tentato di imitare goffamente lo stile del Maestro e le troppe contraffazioni hanno finito per rendere maniera anche l’originale. Alla fine ci siamo forse dimenticati di quanto Burt Bacharach fosse, e sarà, unico e inimitabile. Come ha scritto una testata americana alla notizia della sua morte: «Se non state piangendo è perché non siete stati capaci di ascoltare».

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