L’ex-primo ministro bulgaro Boyko Borisov (in carica dal 2009 al 2013 e dal 2014 al 2021), ha vinto le elezioni anticipate di domenica 2 ottobre, le quarte in un anno e mezzo. Elezioni che non allontano lo spettro dell’instabilità nello stato più povero dell’Unione europea con un’inflazione che galoppa al 20%.

Altissima l’astensione che con il 37,8% registra il dato più basso della storia della Bulgaria democratica.

Il partito populista conservatore Gerb è tornato la prima forza nel Paese con il 25,36% delle preferenze, mentre la formazione Continuiamo il cambiamento, dell’ex premier riformatore Kirill Petkov, supera di poco il 20%, ma è primo a Sofia. Segue il Movimento per le Libertà e i Diritti (Dps), espressione della minoranza turca, con oltre il 13%, potrebbe allearsi con l’ex premier. Con il 10% raddoppia i consensi e scavalca i socialisti (che hanno di poco superato il 9%), la formazione ultranazionalista e filorussa Vazrazhdane (Risorgimento) che difende l’uscita della Bulgaria dall’Ue e dalla Nato e la fine delle sanzioni contro la Russia.

Per il leader populista ed ex campione di karate Borisov, contestato in questi anni con accuse di corruzione, personalismo, legami con oligarchi e violazioni della libertà dei media, non sarà facile formare una maggioranza nella Narodno Sabranie (il parlamento unicamerale composto da 240 deputati), probabile comunque che dovrà guardare a destra.

Tra le ipotesi che circolano un esecutivo di tecnici, mentre già qualcuno inizia a parlare di ennesime elezioni anticipate.