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Bugie a mano armata

Divano La rubrica settimanale a cura di Alberto Olivetti
Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 18 marzo 2022

Eroe. Spietato Assassino. Difensore della Libertà. Criminale Uccisore di Bambini. Coraggioso Partigiano. Flagello di Dio. Despota sanguinario. Limpido Esempio d’Amor di Patria. Democrazia. Dittatura. Boia. Santo. Vittima Innocente. Cieco Carnefice Comunista. Nazista.

Quale straordinaria contrapposizione di bianco e di nero, armi alla mano: tu mio nemico io tuo nemico, tu il mio sangue io il tuo sangue. Uccidersi casa casa, strada strada, gli armati e gli inermi, tra le scuole, gli ospedali, le chiese delle città. Ed io chiamo a raccolta quanti più posso a darmi man forte, sicuro d’aver ragione, per sterminare il mio nemico. Un nemico che anche è il tuo, ti dico. A difesa, allora, dei nostri Valori. Noi, i Buoni. Loro i Cattivi. Noi, pronti alla morte, per le nostre madri, le nostre spose, per il futuro dei nostri figli.

Erasmo da Rotterdam ne Il lamento della Pace (1517) fa parlare la Pace con queste parole: «Che di più fragile, di più breve della vita umana? A quante malattie, a quanti incidenti non è soggetta! Eppure, nonostante i malanni intollerabili che di per sé comporta, gli uomini nella loro follia si attirano da sé la maggior parte delle proprie sventure, e una tale cecità ne ottenebra la mente, che non avverte nulla di tutto questo. Si gettano a capofitto dirompendo, spezzando, infrangendo ogni vincolo naturale e cristiano, ogni patto; combattono ovunque instancabilmente, smisuratamente, interminabilmente, nazioni in urto con nazioni, città con città, fazioni con fazioni, sovrani con sovrani, e per la dissennatezza di due omiciattoli destinati a perire ben presto come la durata d’un giorno, l’umanità intera è sconvolta da cima a fondo».

La guerra acceca ogni tratto che si dica umano. Essa immiserisce e deturpa ogni ragionamento, anzi lo impedisce. Lo ottenebra e lo riduce un meccanismo inceppato, uno strumento di offesa, un insulto. Offendere è destituire l’umanità dell’altro, negarla fino a ridurre l’altro a una sagoma, a un bersaglio da centrare. E, contestualmente, uccidere comporta l’abdicare alla mia propria dignità, cancellarla, ché io possa omologarmi ad una umanità meccanica, divenire io la protesi dell’arma che imbraccio. Essere così io comandato dall’arma, il contrario esatto del comandare io l’arma che impugno. Per accettare questo rovesciamento, ho bisogno di sentirmi nel giusto, chiamato ad affermare alcunché di nobile, un ‘principio superiore’. Ed è così che mi è indispensabile raccontarmela e inventarmela e crederci una coscienza elevata, adamantina, superiore. La verità che mi costruisco non deve più di tanto poggiare su elementi fattuali, bensì appoggiarsi su convincimenti che io presuppongo effettivi, oggettivi, evidenti. E giusti. Per me giusti ora e, quando avrò vinto, giusti per gli altri domani.

Sull’enorme portata delle figurazioni, delle immaginazioni collettive che infiammano gli animi alla guerra e fanno dell’uccidere un nobile dovere, ha scritto nel 1921 le pagine memorabili di Riflessioni di uno storico sulle false notizie della guerra il grande storico francese Marc Bloch. Con la classe 1886 è al fronte nella Grande Guerra. Nella seconda guerra mondiale combatte a Dunkerque. Nel 1942, a 56 anni, entra nella Resistenza, è seviziato e fucilato dai nazisti nel giugno del 1944.

«Una falsa notizia nasce sempre da rappresentazioni collettive che preesistono alla sua nascita; essa non è casuale se non in apparenza, o, più precisamente, tutto ciò che v’è di fortuito in essa è l’incidente iniziale, assolutamente casuale, che scatena il lavorio delle capacità d’immaginazione, ma questa messa in moto non ha luogo se non perché le immaginazioni sono già pronte e in silenzioso fermento». Nella guerra che sparge bugie, «gli uomini esprimono i loro pregiudizi, i loro odi, i loro timori, tutte le loro emozioni forti. Grandi stati d’animo collettivi sono i soli ad avere il potere di trasformare in una leggenda una percezione distorta». La guerra propala la bugia. In me coincidono la bugia e l’arma. Affermo nel sangue la mia convinzione, vera o falsa. Riflette Bloch: «Ora dal momento in cui l’errore aveva fatto versare sangue, esso era definitivamente convalidato».

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