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Buco nelle consegne ed errori nella programmazione, chi paga il prezzo

Buco nelle consegne ed errori nella programmazione, chi paga il prezzoLa Asl Roma1 inocula il vaccino Pfizer in una Rsa – LaPresse

Vaccini Anziani e disabili le categorie più a rischio. Quali le regioni più in affanno

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 21 gennaio 2021

L’annuncio del nuovo taglio delle dosi di vaccino da parte di Pfizer ha già fatto piegare la curva delle vaccinazioni. Molte regioni devono adesso rallentare, per non esaurire la scorta di vaccini residua. Ma rallentare troppo non si può: la seconda dose va assunta tre settimane dopo la prima secondo i protocolli sperimentati dalla Pfizer. A meno di non fare come il Regno Unito, che ha deciso di adottare tempistiche diverse da quelle consigliate dalle case farmaceutiche lasciando passare anche tre mesi tra una dose e l’altra e consentendo ai medici di effettuare le due somministrazioni con vaccini diversi.

Tra le regioni italiane, Veneto, Campania, Marche, Alto Adige, Piemonte e Valle d’Aosta hanno usato circa il 90% delle dosi consegnate loro dall’azienda, e hanno scorte limitatissime. Dopo i tagli annunciati, devono rallentare il ritmo per garantire i richiami. La Regione Puglia ha annunciato che chi a ha avuto la prima vaccinazione senza averne diritto, sfruttando parentele e conoscenze, non sarà garantita la seconda dose. Ma anche molti appuntamenti regolari già concordati sono stati rimandati. I numeri sono piuttosto eloquenti: mentre nelle prime due settimane di gennaio le somministrazioni erano arrivate a sfiorare le centomila vaccinazioni giornaliere, ora se ne fanno circa trentamila al giorno, cioè due terzi in meno.

Capire quali sono le categorie in cui stanno rallentando le vaccinazioni non è facilissimo, perché i dati rilasciati dal commissario Arcuri saranno anche “aperti” ma presentano incoerenze: nel bollettino del 17 gennaio risultavano vaccinati 103 mila ospiti delle Rsa, mentre quello di ieri ne riporta 16 mila in meno.

Ma certamente sono gli anziani quelli che soffriranno maggiormente per le dosi mancanti: per capirlo, basta confrontare il “Piano strategico” per la campagna vaccinale elaborato dal ministero della Salute con la realtà. Secondo il “Piano”, nel primo trimestre del 2021 avremmo dovuto ricevere 8,7 milioni di dosi Pfizer e 1,3 Moderna: nel complesso, oltre 3 milioni di dosi al mese. Al 21 gennaio, le dosi consegnate sono circa la metà e difficilmente recupereremo in questi ultimi giorni di gennaio. Anche in assenza di tagli, infatti, la Pfizer consegna circa mezzo milione di dosi a settimana.

Il programma prevedeva di vaccinare nella prima fase medici, infermieri e anziani over 80. Per i sanitari le somministrazioni hanno proceduto spedite, con circa un milione di persone già vaccinate (oltre il 70% della categoria). Le cose si sono inceppate proprio quando si trattava di passare agli anziani, cioè la popolazione più vulnerabile in assoluto. Gli anziani con più di ottant’anni rappresentano il 61% delle vittime di Covid-19 e la loro protezione è una priorità assoluta.

A oggi, tuttavia, sono stati vaccinati poco più di centomila ultra-ottantenni e residenti delle Rsa, pari al 2% del totale (circa 4,5 milioni di persone). L’obiettivo dichiarato è di vaccinarle tutte entro la fine di marzo. Per riuscirci è necessario fare 130 mila vaccinazioni al giorno: ma è un traguardo a questo punto ormai fuori portata, per la difficoltà di combinare la difficile logistica del vaccino – a cui ora si aggiunge la scarsità delle dosi – con la ridotta mobilità della popolazione-target.

Sotto accusa non è solo la Pfizer, ma anche l’attuazione del piano vaccinale da parte delle regioni. Il piano dava la precedenza agli operatori sanitari e sociosanitari “in prima linea”, più esposti e preziosi nella risposta alla pandemia. Ma le Asl hanno esteso le vaccinazioni a tutto il personale, dipendente e non, indipendentemente dal ruolo, dirigenti e impiegati amministrativi compresi, allungando i tempi e consumando dosi preziose.

A farne le spese, oltre agli ultra-ottantenni, sono anche le persone con gravi disabilità, che non sanno ancora quando e come saranno vaccinate. La Fish e la Fand, principali associazioni delle persone con disabilità, hanno scritto una lettera piuttosto dura al ministro Speranza e al Commissario straordinario Arcuri, per chiedere chiarezza. «Come è noto – si legge nella lettera – il Piano vaccinale predisposto dal Ministero della Salute prevede la vaccinazione per le persone con disabilità ed i loro caregiver a partire dal mese di febbraio 2021». Ma un piano che li riguardi ancora non c’è: «Molte regioni non hanno comunicato le metodologie che intenderanno adottare o lo hanno fatto in modo parziale e confuso. Come si potranno vaccinare le persone con disabilità? Con quale iter procedurale? Presentando quale documentazione?» chiedono ora le associazioni.

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