Bruxelles si unisce al pressing Sì Tav. M5S sotto assedio
Torino-Lione La Ue: l’Italia rischia di dover restituire i fondi già versati. Salvini minaccioso: «Se continuano a insultarmi le cose si complicano»
Torino-Lione La Ue: l’Italia rischia di dover restituire i fondi già versati. Salvini minaccioso: «Se continuano a insultarmi le cose si complicano»
È qualcosa in più di un semplice monito. Quello di Matteo Salvini è un avvertimento tra i più minacciosi ed è insieme il segno di come la somma delle tensioni crescenti tra Lega e Movimento 5 Stelle abbia già logorato l’alleanza molto più di quanto i leader non ammettano in pubblico: «Sono convinto che su Tav e Venezuela l’accordo si trova. Ma se qualcuno continua a insultarmi e a darmi del rompicoglioni le cose si complicano».
LE COSE SI SONO GIÀ complicate sia perché i rapporti tra i soci di maggioranza mostrano ormai la corda sia perché in ballo ora ci sono anche i rapporti internazionali. L’Europa entra nel campo in cui Lega e M5S stanno giocando la partita decisiva sulla Tav a gamba tesa: «Non possiamo escludere, se ci sono ritardi prolungati, di dover chiedere all’Italia i contributi già versati». Inoltre, aggiunge un portavoce della Commissione Ue, se i fondi già previsti non fossero impiegati per la tratta Torino-Lione «c’è il rischio che possano essere allocati ad altri progetti». E’ un assist studiato per offrire un supporto monetizzabile alla linea di Salvini. Nell’analisi costi-benefici, che la Commissione sottolinea di «non aver richiesto», dovranno essere contati anche gli eventuali rimborsi. Sono 500 milioni se ci si limita ai fondi già versati, lieviterebbero sino a un miliardo e 200 milioni nei prossimi anni se venissero dirottati verso altri progetti non italiani i fondi già messi in conto per la Tav.
LA FACCENDA HA RISVOLTI che vanno molto al di là delle tabelle contabili: però a quelle verrà delegata la risoluzione. Lo conferma in mattinata Salvini: «Di Maio mi deve spiegare perché, numeri alla mano, è sconveniente usare treni veloci risparmiando inquinamento e quattrini». Sulla stessa linea, ma con intenti opposti, il ministro Danilo Toninelli. Che risponde all’Europa senza tenere i nervi pienamente a posto: «L’analisi costi-benefici è stata decisa da un governo sovrano. La Ue stia tranquilla: tra pochi giorni avrà la documentazione». Il pentastellato ministro dei trasporti comunque non manca di confermare il suo parere: «Chi se ne frega di andare a Lione grazie a un buco inutile nella montagna».
SECONDO LA TABELLA di marcia del governo l’analisi commissionata al gruppo diretto dal professor Marco Ponti, che giace nei cassetti sin dal 9 gennaio, sarà consegnata alla Ue a metà febbraio e poi resa finalmente nota. Cosa dica è il segreto di Pulcinella. Tutti sanno già che darà un parere fortemente negativo: molti i costi, quasi nulli i benefici. Con ciò la partita dovrebbe essere chiusa. Non sarà così perché quella della comparazione tra spese e guadagni previsti è solo una facciata. Intorno alla Tav si gioca una partita, anche simbolica, di ben maggiore valenza e la Lega non ha intenzione di mollare. Salvini, in serata, abbassa i toni: «Se i lavori ripartono il primo treno passa nel 2030. Ma al governo non ci sono solo io».
Mostrarsi ragionevole, se non docile, fa parte della strategia comunicativa del capo leghista. Non significa che pensi di mollare sulla Tav. Tutt’al più mira a rinviare lo showdown a dopo le elezioni europee, quando potrà far pesare la forza che prevede verrà consegnata alla Lega dagli elettori. Ma quella data sembra oggi lontanissima e arrivarci non sarà un gioco. La sfida sulla Tav si intreccia infatti con altri guai di massima portata e il tutto rischia di comporre un vero e proprio labirinto. Prima di tutto c’è il voto della giunta di palazzo Madama sull’autorizzazione a procedere contro il ministro degli Interni. Tutti negano che esista un nesso tra la Tav e quel voto, Salvini esclude sdegnato ogni voce di voto di scambio, ma è inevitabile che quel nesso invece si crei, tanto che tra i 5S circolano ipotesi sconsiderate quella di votare a favore in giunta, per tenere l’alleato sulla corda, riservandosi poi la possibilità di salvarlo in aula. Per i 5 Stelle sarebbe un modo sicuro di massimizzare il danno.
MA UNA SCELTA DI QUI a una ventina di giorni i grillini dovranno farla e se sarà pollice verso il governo diventerà seduta stante un morto vivente.
Poi c’è la politica estera, e sul Venezuela i soci, sin qui uniti almeno su quel fronte, militano adesso su barricate opposte. E sul Venezuela come sulla Tav Salvini e l’odiata Ue si ritrovano alleati, uniti nel circondare e assediare Il Movimento 5 Stelle.
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