La domanda che si pongono in molti, a cominciare da Veniero Rizzardi, il musicologo che ritrovò la partitura perduta a New York nell’anno 2000 e ne curò poi un’edizione critica, è se c’è continuità tra il Bruno Maderna di questo Requiem ora su cd della Stradivarius e il compositore noto e amato per i suoi lavori dodecafonici, insomma il Maderna che nel 1948 incontrò i grandi compagni della «neue musik» e da allora non ne abbandonò mai i criteri del far musica, fino alla morte nel 1973. Rizzardi ritiene che sì, che la continuità ci sia e vada trovata nei riferimenti alla tradizione rinascimentale veneziana che sono rintracciabili in tutta la produzione maderniana. Un parere  condivisibile, come quello che indica la modernità dell’opera pur nata all’ombra di modelli che si chiamavano Hindemith, Bartók, Stravinsky. Certo, è musica che suona come «dal passato», non così quella del Maderna della neoavanguardia. Il Requiem che in questa versione discografica annovera Andrea Molino come direttore dell’Orchestra del Teatro La Fenice, fu terminato nel settembre 1946. Mai eseguito fino al 19 novembre 2009 – e la prima mondiale fu proprio questa riprodotta in cd -, oggi colpisce per l’intrepida/arcaica orchestrazione (niente legni, 3 pianoforti in organico) e per la commossa intimità degli accenti, specie nei Lux aeterna e Libera me conclusivi.