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Bruno Bozzetto, da un’asse da stiro il miracolo dell’animazione

Bruno Bozzetto, da un’asse da stiro il miracolo dell’animazioneBruno Bozzetto nel 1968, all’epoca di Vip - Mio fratello superuomo, foto di Milou Steiner, RDB, Ullstein Bild, via Getty Images

Vite per il cinema La macchina verticale creata dal padre, il primo cortometraggio (Tapum!) a vent’anni, i successi: West and Soda, Il signor Rossi, Mister Tao... La biografia di Bruno Bozzetto da Rizzoli-Lizard

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 7 gennaio 2024

Un piccolo uomo munito di zaino sale una montagna che si innalza ripida come le Alpi sulla Pianura Padana. Raggiunge la vetta, mangia un panino e si rilassa suonando l’armonica. Poi rimette lo zaino sulle spalle e, invece di scendere dall’altro versante, pianta un piede nel cielo e ricomincia a salire, con lo stesso ritmo placido ma ostinato con cui ha scalato la montagna. Arriva fino alla nuvola su cui c’è Dio, che lo accoglie a braccia aperte e chiacchiera con lui. Ma anche lì non si ferma, e fa addirittura cadere in ginocchio Dio per il prodigio: sale ancora più in alto e si perde, sospeso nel cielo…

Sembra quasi un racconto chassidico, in realtà è il soggetto di Mister Tao, il cortometraggio di meno di tre minuti con cui Bruno Bozzetto vinse nel 1990 l’Orso d’oro al Festival di Berlino. In una carriera come quella di Bozzetto ricca di scalate e di vette conquistate (tra cui la nomination all’Oscar, l’anno successivo, per un altro corto, Cavallette), Mister Tao è il cannocchiale con cui ammirare al meglio il paesaggio. Lo si può comprendere leggendo uno dei primi capitoli di il signor Bozzetto Una vita animata (Rizzoli Lizard, pp. 255, € 18,00), libro di memorie scritto dal campione dell’animazione italiana insieme a Simone Tempia. Parlare di memorie o di autobiografia, però, non è qualcosa che Bozzetto gradirebbe, perché, come dice nell’epilogo, quelli sono modi per guardarsi alle spalle, mentre lui, come il suo Mister Tao, preferisce mettere un passo davanti all’altro e procedere, se non verso il cielo, almeno verso il futuro.

Eppure, quel modo di avanzare pacato e implacabile è qualcosa che Bozzetto ha ereditato, perché lo spirito di Mister Tao gli viene dal padre Umberto – suo primo mecenate, complice e partner artistico totale, a cui Bozzetto deve la prima «verticale», la macchina per realizzare un’animazione, creata a partire da un’asse da stiro. Quel congegno leonardesco è sì, simbolo di pazienza artigianale, ma anche di un modo diverso di aggredire il cielo che richiama un altro «mister», il Mr Vertigo di Paul Auster, storia di un bambino di strada che impara a volare: «E se non fosse questione di scalini? Se si dovesse scoprire che ci si arriva d’un colpo, con un solo balzo, la folgorazione di un istante che trasforma tutto?».

Perché per dare inizio a una parabola come quella di Bruno Bozzetto ci voleva il coraggio di un salto verso un’idea nuova di cinema . Certo, in Italia c’erano stati pionieri come i fratelli Pagot (omaggiati da Miyazaki in Porco Rosso) e Anton Gino Domeneghini, ma l’animazione come strumento per raccontare la realtà, e non solo le fiabe, era qualcosa di pressoché inconcepibile. E proprio in questo vuoto avviene il salto di Bozzetto, che come soggetto del suo primo cortometraggio (realizzato nel ’58 a vent’anni) sceglie la storia delle armi, metafora della «smania di potere e prevaricazione che ha reso l’umanità la specie più violenta sul pianeta».

Il corto si intitolerà, per intuizione del padre di Bozzetto, Tapum!, come la canzone della prima guerra mondiale, e verrà sorprendentemente ammesso al Festival di Cannes. Segna anche la nascita di un motivo costante, che attraverserà l’opera di Bozzetto riflettendosi anche nel corto nominato agli Oscar nel ’91: un altro apologo sul potere e la distruzione, in cui ai mucchi d’ossa disseminati dalla Storia sul suolo terrestre seguono sempre, e comunque, la rinascita dell’erba e il lavorio degli insetti – unica forma di eternità che il laico Bozzetto riesce a immaginare.

Nel mezzo, però, non c’è soltanto o perlopiù l’ispirazione «aforistica» che unisce sia Mister Tao sia Tapum! e Cavallette, ma un gioco allegro e serio con i generi più universali e codificati, il western e l’avventura, che diventano il terreno di coltura di due dei lungometraggi più noti di Bozzetto: West and Soda (1965, una concrezione altra del filone citazionistico e parodico che nasceva proprio in quegli anni nel cinema live action, il western all’italiana) e Vip – Mio fratello superuomo (’68). E un rapporto costante con il mondo commerciale, in particolare con la pubblicità, che è medicina e veleno: «una sorta di causa (e al contempo di effetto) della trasformazione» di una società contadina e arretrata come quella italiana, e insieme il cavallo di Troia della sua imminente nevrosi.

In questo volo che plana su più di settant’anni di storia italiana, e di storia del cinema, rimane nelle pagine di Bozzetto e Tempia il senso di uno sforzo immane, come la disciplina di un monaco orientale, che però partorisce un risultato tanto aereo e spensierato come la passeggiata tra le nuvole di Mister Tao, che stupisce persino Dio. Con l’aggiunta che questo sforzo non è ascesi individuale, ma sogno collettivo – perché il cinema porta sì il sigillo di un «autore», ma è sempre opera di gruppo, di squadra (e Bozzetto non trascura di ricordare i suoi geniali collaboratori, tra cui Guido Manuli, Carmen Bioletto e il musicista Franco Godi) che si trasmette a un altro insieme di sognatori, il pubblico.

«La vita è uno stato mentale»: con queste parole si conclude Oltre il giardino, il famoso film di Hal Ashby tratto dal romanzo di Jerzy Kosinski, mentre il suo protagonista, Chance Gardiner, cammina sulle acque di un lago. La forma della mente di Bozzetto, come il candore di Chance, ha permesso ai suoi complici e spettatori di compiere molte di queste passeggiate miracolose.

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