«Ce lo chiede l’Europa». Il ministro Renato Brunetta sfodera il mantra dell’austerità per spiegare come mai tutti i posti di lavoro legati al Recovery plan siano a tempo determinato: «contratti da 5-6 anni, quanto la durata del Pnrr», spiega. Lo fa intervenendo al Festival di Trento – regno di Tito Boeri e del mainstream dell’economia in linea col governo Draghi – a poche ore dal consiglio dei ministri che vara il decreto Reclutamento, «il terzo elemento del trittico governance, semplificazione, reclutamento; le prime tre di 40 riforme che vanno fatte per il Recovery Plan», si crogiola Brunetta.

Il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta

IL CONSIGLIO DEI MINISTRI NON FILA liscio come voleva il ministro per la Pubblica amministrazione. Viene sospeso per una mezzora per «effettuare una verifica su una norma relativa al ministero della transizione ecologica guidato da Roberto Cingolani», spiega palazzo Chigi. Cingolani infatti chiedeva assunzioni ad hoc per il rafforzamento del suo ministero, con l’arrivo di personale anche da società collegate. Una scorciatoia non prevista dalle leggi e inapplicabile nel decreto.

Tutto si sblocca con la scelta di rimandare le richieste di Cingolani – già molto criticato dal M5s, da cui in teoria proverrebbe in quanto sponsorizzato da Beppe Grillo – ad un futuro consiglio dei ministri.

Poi, a fine consiglio, Brunetta in una triste e (quasi) solitaria conferenza stampa, spiega ancora meglio il suo decreto. «Con il decreto Reclutamento entra la modernità nella pubblica amministrazione – esordisce con modestia – . Novità di rafforzamento della nostra pubblica amministrazione: l’obiettivo è di realizzare il Pnrr, di spendere 230-40 miliardinell’arco di 5 anni». «Abbiamo messo in piedi un meccanismo innovativo con standard internazionali, prevedendo delle apposite piattaforme di reclutamento. Avremo un portale con tutti i curriculum e attraverso questo portale verranno selezionati e poi messi a disposizione degli enti titolari dei progetti, perché possano sceglierli, contrattualizzare e farli lavorare con contratti a termine», illustra Brunetta.

UN NUMERO PRECISO del «reclutamento» previsto però non è possibile averlo. Bisogna accontentarsi dei «24 mila tecnici previsti dal decreto e 405 informatici per transizione digitale», di cui «22 mila funzionari ed esperti per gli uffici del processo e della giustizia amministrativa» che snocciola Brunetta assieme alle «decine di migliaia che saranno necessarie per i progetti del Pnrr e che saranno assunti anche da Regioni, Comuni e Province».

Che poi cerca di bloccare in anticipo gli appetiti dei partiti nel passaggio parlamentare di conversione del decreto. «Non ci saranno assalti alla diligenza, non ci saranno emendamenti creativi ma tutto il governo vigilerà e semmai migliorerà la sua natura per la realizzazione del Pnrr. Non ci sarà alcune infornata, semplicemente sangue di modernità dentro una Pa che aveva sofferto negli ultimi anni», promette. «Il decreto è costituito di 19 articoli, è molto complesso, ma si vedrà un cambiamento fin dalle prossime settimane. Lo chiamerei decreto “nuovo capitale umano” e ci aiuta a completare l’ultimo miglio», continua Brunetta.

TOCCA AFFRONTARE ANCHE IL TEMA dei contratti a tempo e Brunetta prova a invertire i termini: «Qualcuno mi ha chiesto: “Crei precari”. Al contrario: creo contratti e poi una riserva per il futuro. Auspicabilmente nel 2026 l’Italia sarà in crescita e forte grazie al Pnrr e ci sarà una prova selettiva per dare sangue fresco alla Pa», sostiene ottimista Brunetta.

UN OTTIMISMO CHE SI DIPANA anche oltre il Pnrr: «Veniamo da 12 anni di blocco da turn over, il turn over ora riprenderà al 110% e in alcuni settori anche di più, come nella sanità. Si potrà ri-iniziare con la contrattazione della secondo livello, per cui se si fa un’operazione di efficienza», promette.

Una Pa che si aprirà anche all’esterno: «Abbiamo una Pa con dirigenza ingessata, con poca mobilità orizzontale e verticale. Va messa in concorrenza con l’esterno: dovrà prevalere il merito», rispolvera la parola preferita della sua fallita esperienza da ministro di Berlusconi.

NON MANCA UNA DOMANDA sulla fine dello smart working negli uffici pubblici. Brunetta anche qui gongola: «La bacerei per la domanda – commenta – . Ho avuto l’onore di togliere la norma sul 50% in smart working, tocca ai responsabili degli uffici predisporre il ritorno in presenza basandosi su customer satisfaction, soddisfazione degli utenti».
Nessuna reazione da parte dei sindacati che attendono i testi pubblicati in Gazzetta ufficiale.