Turchia, lo spot dell’ultradestra per deportare siriani

Un video patinato di due minuti con una turca che vende biglietti per un bus rosso sullo sfondo e alla fine l’Iban a cui donare: è la nuova campagna xenofoba lanciata da Umit Ozdag, leader del partito turco di estrema destra Victory Party. Chiede di inviargli denaro con cui acquistare biglietti di «sola andata» per Damasco per rifugiati siriani da deportare. Con un’opzione: indicare il nome del siriano che il donatore vorrebbe cacciare (nel video lui indica il giornalista siriano Ahmet Hamo e l’editorialista turco Nagehan Alci). Da anni Ozdag punta la sua carriera politica sulla guerra ai rifugiati. Fino a promuovere l’idea che i siriani nel paese non siano 3,6 milioni ma 13 e a produrre un film, «Silent Invasion»: nella Turchia del futuro gli arabi sono la maggioranza che governa quel che resta del popolo turco.

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Palestinese ucciso al checkpoint, è il 15° del 2023
Ieri a Hebron, nel sud della Cisgiordania occupata, l’esercito israeliano ha ucciso il 15esimo palestinese dall’inizio dell’anno: Hamdi Shaker Abu Dayyeh, 40 anni. Secondo l’esercito israeliano avrebbe aperto il fuoco contro i soldati all’ingresso del villaggio di Halhul. Nessun ferito tra i militari. Testimoni palestinesi hanno raccontato che l’esercito ha impedito ai paramedici di soccorrere l’uomo. È l’undicesimo palestinese a essere ucciso in Cisgiordania in sei giorni.

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Unhcr: nel 2022 3.500 Rohingya in fuga, 348 morti

«Allarmante»: così l’agenzia Onu per i rifugiati, Unhcr, ha definito ieri il crescente numero di rifugiati Rohingya morti nel tentativo di lasciare il Myanmar via mare verso il Bangladesh. Nel 2022 ci hanno provato in 3.500 (erano stati 700 l’anno precedente), almeno il 45% donne e bambini. Di questi hanno perso la vita almeno 348 persone, «l’anno più mortale dal 2014», ha spiegato la portavoce dell’Unhcr, Shabia Mantoo. I Rohingya – musulmani – continuano la loro disperata fuga fuori dal Myanmar, loro paese di origine di cui però non sono mai stati riconosciuti cittadini, ma vittime di una persecuzione religiosa strutturale.

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Proteste del 2019, Il Cairo condanna 22 bambini

La corte penale del Cairo ha condannato a pene da 5 a 15 anni di carcere ventidue bambini, con l’accusa di aver preso parte alle proteste contro il governo del 2019, scatenate dall’uomo d’affari in esilio Mohamed Ali (condannato a 25 anni in contumacia). Nessuna possibilità di appello: i reati rientrano nella legge anti-terrorismo del 2013.