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Brevi dal mondo: Somalia, Libia, Kashmir

Internazionale Doppio attentato a Mogadiscio di al Shabaab dopo gli attacchi Usa con i droni. Conte vola in Libia da Sarraj e Haftar. In Kashmir altri sei morti nell'anno più sanguinoso in 10 anni

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 23 dicembre 2018

Somalia, raid Usa e attentato a Mogadiscio

Sotto attacco dei droni Usa, che hanno intensificato i raid contro le loro basi dopo che l’amministrazione Trump ha cambiato le “regole d’ingaggio”, i jihadisti di al Shabaab rispondono con le solite modalità: un duplice attentato suicida nel cuore della capitale Mogadiscio, a due passi dal palazzo presidenziale. Una doppia esplosione che ieri mattina ha provocato la morte di almeno 13 persone e una ventina di feriti. Il gruppo armato somalo lo ha rivendicato dalle onde di Radio Andalus, la sua emittente radiofonica.

Poche ore prima c’era stato il ritiro in parlamento di una mozione di sfiducia contro il presidente Farmajo e l’annuncio di U.S. Africom che altri 11 miliziani (dopo i 62 del 17 dicembre) erano stati uccisi dai bombardamenti Usa nel sud del paese. Tra le vittime di ieri ci sono anche il reporter Awil Dihar Salad, volto noto di Universal Tv, due addetti alla sicurezza e un autista dell’emittente somala.

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Natale libico: Conte da Serraj e Haftar

Oggi il primo ministro Conte inizia la sua prima visita in Libia, a 40 giorni dalla conferenza di Palermo. A Tripoli vedrà il premier del governo di unità Serraj. In Cirenaica incontrerà Khalifa Haftar, prima visita di un premier italiano da quando il generale ha il controllo di Bengasi, dove la Farnesina sta valutando la riapertura del consolato. In città è stato dichiarato ieri lo stato di massima allerta per tre mesi.

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Kashmir, altri sei morti nell’anno peggiore

L’anno più sanguinoso dell’ultimo decennio in Kashmir, con 324 morti di cui 156 civili (dati Kashmir Coalition of Civil Society), si chiude con altre vittime. Ieri mattina sei ribelli sono stati uccisi in uno scontro a fuoco dalla polizia indiana nel distretto di Arampora, sud del Kashmir. «Nessun danno collaterale, l’operazione si è svolta in un campo aperto», ha detto la polizia. Secondo altre fonti i sei erano membri di Ansar ul Gazwatul Hind, gruppo vicino ad al-Qaeda.

Subito dopo l’uccisione (preceduta venerdì da altri due morti alla frontiera e la scorsa settimana da sette vittime civili a Sirnoo), in migliaia sono scesi in strada per protestare mentre le autorità indiane hanno sospeso la rete internet e bloccato i treni. Da oltre 30 anni New Delhi reprime ogni forma di protesta in Kashmir, pacifica o meno, e ogni tipo di movimento indipendentista, con quello che Amnesty definisce «un uso indiscriminato ed eccessivo della forza».

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