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Brevi dal mondo: Siria, Corea del Nord, Stati uniti

Brevi dal mondo: Siria, Corea del Nord, Stati unitiUna foto governativa di Kim Jong-un che ispeziona la zona da destinare a una serra

Internazionale Hasakah, centinaia i morti Arrivano gli aiuti umanitari. Il peggior missile di Kim Jong Un dal 2017: Seul si appella all’Onu. 6 gennaio, Trump promette il perdono

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 31 gennaio 2022

Hasakah, centinaia i morti. Arrivano gli aiuti dell’Onu

Ieri le Forze democratiche siriane (Sdf) hanno annunciato la chiusura definitiva della controffensiva contro lo Stato islamico nella prigione di Sina’a, ad Hasakah, città della Siria del nord-est. Si era già festeggiato nei giorni scorsi per la fine di una settimana di battaglia, dentro e fuori il carcere.
Ma piccole cellule di islamisti erano ancora operative. Ieri sono state neutralizzate: «Annunciamo la fine della campagna alla prigione Sina’a nel quartiere Ghiweran e delle ultime cellule di mercenari Isis nascosti nei dormitori nord». Ancora sabato, secondo l’agenzia curda Anha, si registravano scontri a fuoco nel quartiere: cinque islamisti sono stati individuati in una casa. Uno di loro è stato ucciso, gli altri catturati, aggiungendosi così al bilancio – corposo – dell’assalto combinato dell’Isis iniziato il 20 gennaio scorso. Secondo le Sdf, il numero di combattenti uccisi è salito a 35. Diverso da quanto riportato dall’Osservatorio siriano per i diritti umani, ong basata a Londra e parte del fronte di opposizione al governo di Damasco, che parla di 79 combattenti di Sdf e Asaysh uccisi, oltre a 246 jihadisti (a decine trovati sotto le macerie del carcere bombardato anche dai caccia Usa) e 7 civili, per un bilancio totale di 332 morti. Oltre 3.500, aggiungono le Sdf, gli islamisti arrestati (tra prigionieri in rivolta e miliziani arrivati da fuori) e redistribuiti in altre carceri del Rojava.
Intanto, iniziano a rientrare nei rispettivi quartieri di Hasakah alcuni degli oltre 6mila civili costretti a fuggire. Ieri, secondo quanto riportato dal Rojava Information Center, 28 camion di aiuti dell’Onu hanno raggiunto Hasakah.

Il peggior missile di Kim Jong Un dal 2017. Seul si appella all’Onu

Il test missilistico più a lungo raggio dal 2017: così gli esperti hanno definito l’esercitazione che la Corea del Nord ha condotto ieri. Un missile balistico sarebbe stato lanciato alle 7.52 del mattino, ora locale, dalla provincia nordcoreana di Jagang, verso il mare.
Qualche dettaglio lo ha fornito il capo di gabinetto giapponese Hirokazu Matsuno: il missile avrebbe raggiunto un’altezza di 2mila km e una distanza di 800 e avrebbe volato per mezz’ora. Stessi i dati raccolti dalla Corea del Sud. Si sarebbe trattato di un missile balistico Hwasong-12; l’ultima volta era stato testato quattro anni e mezzo fa. Il lancio segue alle parole del leader nordcoreano Kim Jong Un che aveva parlato dell’intenzione di migliorare e modernizzare il proprio arsenale militare. A inizio gennaio Pyongyang aveva annunciato la ripresa «di tutte le attività temporaneamente sospese», chiaro messaggio a Washington e a Seul.
E proprio dai Seul ieri è intervenuto il presidente Moon Jae-in che ha chiesto un incontro del Consiglio di sicurezza dell’Onu, mentre il Dipartimento di Stato Usa ha definito il test la prova della minaccia rappresentata dal programma missilistico nordcoreano.

6 gennaio, Trump promette il perdono

Sabato, durante un comizio in Texas, Trump ha promesso ai rivoltosi del 6 gennaio il perdono presidenziale qualora dovesse tornare alla Casa bianca nel 2024. «Li tratteremo giustamente, e se questo vorrà dire perdonarli noi lo faremo, perché sinora sono stati trattati molto ingiustamente». Le persone incriminate sinora per i fatti del 6 gennaio sono 700, di cui 11 Oath Keepers accusati di «cospirazione sediziosa». Alla sua base, durante il comizio, Trump ha anche chiesto di scendere in piazza se le indagini su di lui – a New York per frode fiscale e in Georgia per aver fatto pressioni su ufficiali governativi affinché ribaltassero il risultato elettorale – si risolveranno in un’azione legale. «Se questi procuratori radicali, violenti e razzisti fanno qualcosa di sbagliato o corrotto ci sarà la protesta più grande che il Paese abbia mai visto».

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