Italia

Brevetti, appello per l’accessibilità universale ai farmaci e ai vaccini

Brevetti, appello per l’accessibilità universale ai farmaci e ai vacciniWashington, un particolare di una protesta contro i prezzi dei farmaci anti Aids

L’iniziativa dell'Istituto Negri di Milano e di Medici senza frontiere Italia. Oltre 50 esperti di salute pubblica, accademici e intellettuali chiedono che le regole internazionali della proprietà intellettuale non limitino il diritto alle cure

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 22 aprile 2020

È pubblico da oggi sul sito de il manifesto un appello al governo italiano firmato da oltre cinquanta esperti di salute pubblica, accademici e intellettuali affinché si adoperi per garantire l’accesso a cure e vaccini utili durante l’emergenza Covid-19. In particolare l’appello chiede che le regole internazionali della proprietà intellettuale, cioè il sistema brevettuale e gli accordi dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, non limitino l’accesso a farmaci, vaccini e test diagnostici ai Paesi o ai pazienti che non possono permetterseli.

I primi firmatari dell’appello sono il farmacologo Silvio Garattini, fondatore e oggi presidente dell’Istituto «Mario Negri» di Milano e Claudia Lodesani, presidente dell’organizzazione non governativa Medici senza frontiere Italia. Seguono altri nomi illustri, come quelli degli epidemiologi Pierluigi Lopalco, Stefano Vella e Francesco Forastiere, di intellettuali impegnate sul terreno dei diritti sociali come Daniela Padoan, Simona Sambati e Amina Crisma, di persone attive da anni nella cooperazione allo sviluppo come Alex Zanotelli e Margherita Romanelli. Infine, firmano l’appello anche diversi nomi ben noti ai lettori del manifesto come il sociologo Marco Revelli, Monica Di Sisto, Nicoletta Dentico e Alfonso Gianni, che più di altri ha lavorato alla costruzione della rete che sostiene l’appello.

La pandemia di Covid-19 fa tornare di attualità la questione dell’accesso alle cure. In meno di quattro mesi, il virus ha contagiato già due milioni e mezzo di individui e le persone suscettibili sono miliardi, in ogni angolo della terra. Si tratta di un potenziale mercato farmaceutico senza precedenti, su cui molte aziende vorrebbero mettere le mani. I brevetti giocano un ruolo decisivo in questa partita: grazie al brevetto, lo scopritore di un vaccino o di un farmaco può acquisire un monopolio ventennale sulla sua produzione e commercializzazione. Potrà quindi fissare il prezzo secondo la propria convenienza, magari a un livello così elevato da renderlo inaccessibile ai sistemi sanitari dei Paesi in via di sviluppo.

I firmatari dell’appello intendono ricordare al governo che la via del brevetto non è l’unica contemplata dal diritto commerciale internazionale. In presenza di crisi sanitarie conclamate come quella che stiamo attraversando, un governo può autorizzare la produzione di un farmaco senza pagare le licenze al detentore del brevetto emettendo una «licenza obbligatoria». Non si tratta di un esproprio proletario, ma di una procedura prevista anche dall’Organizzazione Mondiale del Commercio, dopo una lunga battaglia vinta dalle associazioni di pazienti per l’accesso ai farmaci anti-Aids nei Paesi in via di sviluppo all’inizio degli anni Duemila. Come ricorda l’appello, i parlamenti di Cile, Israele, Ecuador e Germania hanno già adottato risoluzioni in cui si dichiara che l’epidemia globale di Coronavirus giustifica l’uso di licenze obbligatorie per vaccini, farmaci e test diagnostici. Dunque si può fare, ma è richiesta una precisa volontà politica.

È importante che altri Paesi, Italia compresa, facciano altrettanto in tempi rapidi quanto lo sviluppo dei vaccini: ce ne sono già una cinquantina in fase di sviluppo e il protrarsi dell’emergenza aumenta il potere contrattuale delle aziende. Anche le terapie che si sperimentano sui pazienti pongono un problema di accesso. Il Remdesivir, il farmaco antivirale ritenuto più promettente, è stato messo a punto dalla società farmaceutica Gilead.

È un nome tristemente noto a chi si occupa di accesso ai farmaci: si tratta della stessa società che per altri farmaci antivirali, quelli contro l’epatite C, qualche anno fa arrivò a far pagare fino a 80 mila dollari per trattamento sul mercato americano e decine di migliaia di euro anche qui in Europa, finché nuovi antivirali concorrenti non ne hanno calmierato il prezzo. Altri farmaci ritenuti promettenti, come l’idrossiclorochina, costano assai meno. Ma l’attuale capacità produttiva è ridotta e i blocchi alle esportazioni rischiano di ridurne ulteriormente la disponibilità. L’intervento di governi e agenzie internazionali è necessario per allargare la produzione e garantire la distribuzione dei farmaci laddove servono, e non solo a chi offre di più.

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