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Brescia nella morsa dei veleni, è la città più inquinata d’Europa

Brescia nella morsa dei veleni, è la città più inquinata d’Europa

La ricerca Studio pubblicato da Lancet mette sott’accusa l’alta concentrazione di polveri sottili

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 21 gennaio 2021

La mal’aria uccide e in Italia lo fa colpendo in particolare chi vive nelle città della Pianura Padana. Brescia, Bergamo, Vicenza e Saranno (VA) sono tra le prime dieci città in Europa dove si muore di eccesso di polveri sottili, le PM2.5 che presentano un’«alta capacità di penetrazione nelle vie respiratorie» come spiega l’Ispra nell’annuario dei dati ambientali. A Brescia, in particolare, le polveri sottili sono responsabili del 15 per cento delle morti naturali. A ribadire la gravità della situazione, dopo il recente rapporto 2020 dell’Agenzia europea dell’Ambiente, arriva uno stud pubblicato il 19 gennaio sulla rivista scientifica Lancet Planet Health 2021, il primo paper a stimare il numero di morti premature o in eccesso legate all’inquinamento atmosferico in circa un migliaio di città europee.

LA PAROLA INGLESE USATA dai ricercatori per descrivere la mortalità è «burden», fardello, e gli agenti presi in considerazione dai ricercatori di diversi istituti spagnoli, statunitensi e svizzeri, tra cui Institute for Global Health di Barcellona e CIBER Epidemiología y Salud Pública di Madrid, sono il PM2.5 e il biossido di azoto, NO2. «I nostri risultati ci dicono che una numero significativo di morti premature nelle città europee potrebbero essere evitate ogni anno diminuendo la concentrazione nell’aria dei maggiori inquinamenti all’interno dei parametri stabiliti nelle linee guida dell’Organizzazione mondiale della Organizzazione mondiale della Sanità» spiega lo studio pubblicato da Lancet.

NELLE CITTÀ OGGETTO DELLO studio vivono circa 168 milioni di cittadini europei. Almeno 50mila, ogni anno, potrebbero essere salvate riportando i parametri entro i limiti dell’OMS. Sarebbero 220mila se la qualità dell’aria in ogni città europea fosse equiparata ai valori registrati nelle città più virtuose del continente misurati nel 2015. «I più alti tassi di mortalità attribuibili al NO2, un gas tossico associato principalmente al traffico automobilistico, sono stati riscontrati nelle grandi città di paesi come Spagna, Belgio, Italia e Francia» ha spiegato Sasha Khomenko, ricercatore all’Institute for Global Health e coordinatore del gruppo di lavoro. In alcune città europee, la combustione dei veicoli a motore copra il 70 per cento di NO2. «Per il PM2.5 – ha aggiunto Khomenko commentando il paper – le città con il più alto tasso di mortalità si trovano nella Pianura Padana italiana, nella Polonia meridionale e nella Repubblica Ceca orientale. Questo perché il particolato in sospensione viene emesso non solo dai veicoli a motore, ma anche da altre fonti di combustione, tra cui l’industria, il riscaldamento domestico e la combustione di carbone e legna».

COME VISTO, BRESCIA è la città dov’è più alto il danno che può essere attribuito al particolato sottile e quindi anche quella dove rientrare nei parametri dell’OMS garantirebbe di ridurre l’eccesso di mortalità. È l’area metropolitana di Madrid, invece, quella dov’è più forte il problema legato al biossido di azoto, che causa il 7% delle morti premature. Applicando le linee guida Oms sul PM2.5 a Brescia potrebbero essere evitati 232 morti l’anno e a Bergamo 137. Facendo lo stesso con l’NO2 a Torino ci sarebbero 34 decessi in meno e a Milano 103.

DI QUESTI NUMERI E DI QUESTE analisi il nostro Paese pare non voler tenere conto: a novembre scorso l’Italia era stata condannata dalla corte di giustizia dell’Unione europea per non aver garantito interventi atti a garantire un miglioramento della qualità dell’aria, in particolare in diverse aree della Pianura Padana. A inizio gennaio 2021, però, le Regioni Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto, al termine di un incontro tra i presidenti Stefano Bonaccini, Attilio Fontana, Alberto Cirio e Luca Zaia, a cui hanno partecipato anche gli Assessori all’Ambiente, «hanno condiviso la necessità di un rinvio fino al termine dell’emergenza Covid dello stop ai veicoli Euro 4 Diesel previsto per il prossimo 11 gennaio». Hanno avanzato la richiesta al Ministero dell’Ambiente e – almeno per quanto riguarda Regione Lombardia – il blocco scatterà in Lombardia solo al termine dell’emergenza sanitaria in corso. La Regione si giustifica così: «In questo modo si vuole favorire maggior sicurezza sui mezzi pubblici contrastandone l’affollamento». La decisione sarebbe stata presa a «tutela della salute pubblica sul territorio regionale tramite modulazione della mobilità dei cittadini in modo da ridurre il più possibile i rischi di infezione da Covid-19 derivanti da forme di aggregazione».

È UN INCREDIBILE CIRCOLO vizioso, dal momento in cui se continua a peggiorare la qualità dell’aria (e lo si percepisce pedalando a Milano, dove il traffico è imponente nonostante la zona rossa) potrebbe aumentare la capacità del virus di penetrare corpi e polmoni già debilitati. Da maggio 2020 è in corso anche in Italia uno studio epidemiologico, coordinato da Istituto superiore di sanità e Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente. Il punto di partenza è un assunto: «L’inquinamento atmosferico aumenta il rischio di infezioni delle basse vie respiratorie, particolarmente in soggetti vulnerabili, quali anziani e persone con patologie pregresse, condizioni che caratterizzano anche l’epidemia di Covid-19. Le ipotesi più accreditate indicano che un incremento nei livelli di PM rende il sistema respiratorio più suscettibile all’infezione e alle complicazioni della malattia da coronavirus».

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