L’autore lo chiama quaderno di scrittura, anzi più precisamente raccolta di «scarti, schegge, frammenti, trucioli, polvere, tutto ciò che di solito viene raccolto e buttato via dall’artista dopo aver scolpito la sua opera», ma Dovunque acqua sia voce, l’ultima fatica di Domenico Brancale, poeta, performer e traduttore, è molto di più. Uscito con le Edizioni degli Animali (pp. 130, euro 18), il volume, arricchito dagli acquerelli dell’artista spagnolo Miquel Barcelò, spinge in avanti la ricerca poetica dell’autore di L’ossario del sole, Incerti umani, Scannaciucce (il nome dialettale delle agavi con il loro contorno di spine che facevano ragliare disperatamente gli asini assetati che le mangiavano).

ED È PROPRIO da questa penultima raccolta, inno alla luce e agli spazi del suo originario Sud, che l’autore in qualche modo si riaggancia nella sua ricerca di infinito: «Penso alle agavi che ho visto più volte, bruciate, spezzate, avvelenate. Non passa stagione senza che dal busto carbonizzato ricomincino a spuntare stoloni, diramazione di carne vegetale fino a quell’aculeo che sembra incidere l’aria».

COSÌ QUESTO DIARIO DI BORDO, intreccio di filosofia della poesia e poesia filosofica, riparte dalle ragioni primarie (l’acqua come il sacco amniotico della nascita) per attraversare altri orizzonti in una fuga perenne, un rimescolare le carte nella speranza di riagganciare la natura nella sua essenza più profonda, dove la perdita è sempre un ritrovamento: «La poesia avvera la realtà. Apre gli occhi a ciò che non si può vedere». Non manca l’ironia sublime in questo taccuino dove fa capolino la seria malattia di cui l’autore ha sofferto: «Lista di medicine: una fiala di Dostoevskij, una supposta di Flaubert, tre compresse di Walser, infusione di Kafka, sette gocce di Bernhard, pomata Lispector».

IL VIAGGIO PROSEGUE ininterrotto per tornare all’acqua primigenia, alla parola della poesia: «Mi sono inginocchiato nella parola. Ci sono entrato. / Vedrai, col passare delle ore, la marea del dolore si ritirerà». Le pennellate di Barcelò, misteriose e affascinanti, hanno la forza di penetrare, sciogliere nel colore e spingere sull’onda questo vascello dove risuona il desiderio di lingua ancestrale di Brancale.