Braccianti, stallo 5S: «Così non reggiamo». Poi il Mef: l’accordo c’è
Migranti e non solo Crimi: no regali ai caporali. Ma il testo esclude chi compie illeciti. In serata il ministro dell’economia: farà emergere il lavoro nero. Il sottosegretario Sibilia: «Il caporalato è una piaga già perseguita quotidianamente, non è il caso di infilare questo dossier in un decreto urgente che si occupa della crisi». Ma rimandare la norma a un provvedimento successivo rischia di condannarlo ad un binario morto
Migranti e non solo Crimi: no regali ai caporali. Ma il testo esclude chi compie illeciti. In serata il ministro dell’economia: farà emergere il lavoro nero. Il sottosegretario Sibilia: «Il caporalato è una piaga già perseguita quotidianamente, non è il caso di infilare questo dossier in un decreto urgente che si occupa della crisi». Ma rimandare la norma a un provvedimento successivo rischia di condannarlo ad un binario morto
L’accordo sulle regolarizzazioni di braccianti, colf e badanti il 6 maggio era stato chiuso fra tre ministre e un ministro (Bellanova dell’agricoltura, Lamorgese dell’Interno, Catalfo del Lavoro e Provenzano del Sud), salvo la durata dei permessi di lavoro (sei mesi per il Pd e Iv, uno per 5s). Il giorno dopo era stato scritto nei dettagli dai tecnici degli uffici legislativi. Ieri ha ricominciato a ballare. E dalla certezza che fosse ormai ancorato nel «Decreto Rilancio» che oggi il consiglio dei ministri dovrebbe licenziare, ieri si è fatta strada l’ipotesi di uno stralcio per un provvedimento successivo. Con il rischio di finire su un binario morto. Ma in serata il ministro Gualtieri annuncia la fumata bianca: «La regolarizzazione ci sarà, aiuterà a far emergere il lavoro nero».
IL PARADOSSO è che mentre Leu, +Europa e le associazioni già professano delusione per un intervento che si annuncia settoriale e troppo timido, i 5 stelle alzano i decibel e attaccano l’idea di «sanatoria». Usando la stessa parola di Lega e Fdi.
UNA PAROLA POCO ADATTA al provvedimento. Ma di cui non ha avuto paura Maroni quando nel 2002 «sanò» le carte di 647mila persone. Oggi la futura (speriamo) norma sull’emersione del lavoro irregolare dispone una «regolarizzazione» in senso stretto. Non si rivolge a tutti gli irregolari presenti in Italia, cosa pure auspicabile se non altro per ragioni sanitarie. Ma di questo non si è mai parlato nelle trattativa della maggioranza.
E INFATTI C’È UNA INCONGRUENZA evidente fra il testo concordato dalla ministra Catalfo (M5s) e le contestazioni dei colleghi grillini. Domenica al confronto fra Conte e i capidelegazione della maggioranza il reggente Crimi aveva ripreso il timone del dossier braccianti. Ma né lui né il ministro Bonafede l’avevano bocciato. E così secondo il Pd l’accordo è fatto.
INVECE IERI BASTAVA ASCOLTARE il sottosegretario agli interni Carlo Sibilia per capire che per una parte dei grillini il rospo è indigeribile: «Non c’è nessun accordo», avverte Sibilia, «è impensabile avallare un accordo che preveda il condono penale», «La sanatoria lancerebbe un messaggio sbagliato persino all’imprenditore agricolo, che si vedrebbe costretto ad usufruire di manodopera non regolare ma “regolarizzata” a posteriori».
MA NELLA BOZZA ARRIVATA sui cellulari dei capidelegazione di maggioranza c’è scritto a chiare lettere che quel rischio non si corre affatto, come ha già spiegato il manifesto di sabato scorso. Il comma 7 del testo – nella versione precedente era il comma 8 – dettaglia la casistica in cui le richieste di regolarizzazione saranno rigettate. E sono: «la condanna del datore di lavoro negli ultimi cinque anni, anche con sentenza non definitiva» per «favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’immigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite», e l’«intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro».
INSOMMA NESSUN CONDANNATO sarà condonato. Sono due i canali per le regolarizzazioni: primo, la richiesta congiunta di datore e lavoratore, e cioè il canale tradizionale, lo stesso che fu usato nella sanatoria Maroni. Secondo, l’istanza individuale, per sottrarre i braccianti ai caporali: a chi fa richiesta viene concesso un permesso temporaneo di sei mesi per ricerca di lavoro, convertibili in permesso per motivi di lavoro per la durata del contratto. In questo caso, proprio perché non diventi «una sanatoria mascherata», c’è un limite di tempo: bisognerà avere un permesso (umanitario, turistico o una richiesta d’asilo) scaduto al 31 ottobre 2019. La platea potenziale di questa tipologia è di meno di 200mila persone. «Il governo abbia il coraggio di investire sulla legalità» chiede Erasmo Palazzotto (Leu). Nei giorni scorsi era filtrata la notizia del pressing di Conte sul provvedimento. Se pressing c’è stato, nelle ultime ore non è pervenuto.
MA UNA RUMOROSA FETTA degli ex alleati della Lega subisce ancora la propaganda di Salvini e ora è sul piede di guerra: c’è chi chiede una riunione dei gruppi, chi di cancellare l’estensione della norma a colf e badanti anche italiane – richiesta quest’ultima particolarmente nefasta perché nel paese molti anziani stanno tornando a casa dalle Rsa e le famiglie hanno bisogno di canali rapidi per regolarizzare il lavoro di chi le aiuta. I più contrari sono il ministro Sergio Costa, i sottosegretari Sibilia, Ferraresi, L’Abbate, la viceministra Castelli.
CRIMI, DOPO AVER SOSTENUTO che la norma avrebbe favorito i caporali – argomento che ha poi dovuto abbandonare per manifesta infondatezza – ieri sulla chat grillina insisteva sul fantomatico condono: «Far emergere il nero abbuonando sanzioni penali significa dire ai nostri imprenditori onesti siete dei coglioni». Altro che «abbuono». La realtà è quella che Crimi confida ai suoi più stretti: «L’intesa sulle regolarizzazioni non la reggiamo».
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