Dalla storia della pittura abbiamo ereditato un’immagine del paesaggio così connaturata alle condizioni atmosferiche diurne che la sua versione notturna ha sempre costituito un rompicapo per gli artisti.

Il paesaggio notturno è segnato dalla scomparsa dell’orizzonte e della visibilità, costringendoci a far ricorso al tatto e all’udito, a trovare nuovi modi di abitare una realtà circostante che si carica spesso di elementi misteriosi se non minacciosi.

Queste preoccupazioni sono ancora d’attualità, come dimostra l’artista libanese Charbel-joseh H. Boutros (1981). Che si possa fare della notte non un paesaggio ma una scultura? e che si possa fare della scultura non una materia modellata esposta all’altezza del nostro sguardo ma un oggetto cavo, chiuso su se stesso e impenetrabile?

La serie Night enclosed in marble (2012-’14) consiste in una valigia dalle dimensioni contenute (23x23x9 cm) realizzata in marmo di Carrara. Nelle due facce interne che si aprono come un libro l’artista scava un vuoto di mezzo centimetro cubo così che, una volta richiusa la valigia, al suo centro si crea una cavità sferica di 1 cm3.

In seguito, durante una notte senza luna in cui si vede a stento dove si poggiano i piedi, porta il blocco di marmo in una foresta libanese legata alla sua infanzia, come Monte Libano o la valle di Qadisha.

Qui apre le due facce della scultura-libro, lascia che la notte si depositi nel vuoto centrale e la richiude pochi secondi dopo, sigillando al suo interno un centimetro cubo di notte. Ogni valigia contiene una notte diversa, ognuna con le sue specificità malgrado le apparenze.

Geografia intima dell’oscurità, «atlante delle emozioni» come direbbe Giuliana Bruno, Night enclosed in marble è anche un modo di fare astronomia che, anziché puntare il telescopio al cielo, lo cattura come con un retino da farfalle.

La notte è al centro di diversi lavori di Boutros: Night Works, Sueur d’étoile, Filming the Dark, Night Cartography, in cui il territorio notturno a essere cartografato non è altro che il sonno dell’artista, dando una coloritura affettiva al suo tema prediletto, e soprattutto No Light in White Light (2014). In questo video un prete ortodosso siriano legge in aramaico e ad alta voce alcuni passi della Genesi; siamo al crepuscolo e la lettura s’interrompe quando la luce diventa troppo fioca – una cesura col racconto che evoca la creazione della luce e del ciclo giorno/notte, spalancando l’oscurità e i suoi misteri. Per Boutros tale dimensione notturna è anche legata alla definizione di contemporaneo di Agamben, qualcosa ovvero che, non attirato dalla luce del presente, guarda nell’oscurità.

Rifacendosi alla tradizione dell’arte minimalista, concettuale e fluxus, la pratica di Boutros può ricordare alcune opere di Robert Filliou (Tool box, Boîte optimiste, Information box).

Al centro dimora l’invisibilità come materiale che può essere scolpito al pari del marmo. Una «charged invisibility» che egli così definisce: «L’invisibilità è usata come materia che carico di intime narrazioni geografiche, politiche e storiche; è uno strumento per sfuggire alla speculazione, per nascondersi da una realtà estremamente saturata dai meccanismi dello spettacolo». Ricerca così modi di lavorare con l’impercettibile, di trattarlo come un materiale, di trattenerne infime qualità e persino di metterle in scatola.

Night enclosed in marble è in fondo un tentativo di collezionare la notte nelle sue manifestazioni. Un volume nero privo di corporalità che accede così a una dimensione mentale. Vuoto e invisibile, resta comunque dotato di presenza: chi oserà aprire la scultura-libro lasciando aria e luce penetrare al suo interno, lascerà sfuggire inesorabilmente quella porzione di notte conservata come un insetto nell’ambra.