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Consulta, botti finali di una crisi dagli esiti imprevedibili

Consulta, botti finali di una crisi dagli esiti imprevedibiliDonato Bruno, Forza Italia

Consulta Donato Bruno, il forzista che tenta la strada della Corte costituzionale, sarebbe indagato a Isernia

Pubblicato circa 10 anni faEdizione del 20 settembre 2014

Manca ancora parecchio a martedì prossimo, ed è ovvio che una classe politica abituata a vivere alla giornata tiri il fiato. Ma tutti si rendono conto che quella sarà una data fatidica, l’ultima chance per sbloccare l’impasse delle nomine per la Consulta e il Csm senza precipitare in una crisi dagli esiti imprevedibili. Perché se anche il ticket Bruno-Violante dovesse cadere, dopo quello Catricalà-Violante, difficilmente le truppe dei candidati sconfitti farebbero passare altri al loro posto. E il capo dello stato, finito nel vuoto il suo appello, sta perdendo la pazienza e potrebbe prendere in considerazione interventi più drastici.

La strada non è in discesa. Anzi. Il fatto nuovo è la notizia dell’avviso di garanzia ai danni di Donato Bruno, il papabile forzista. Sarebbe stato raggiunto dall’avviso a Isernia, per il fallimento della Ittierre nel 2009. Possibile imputazione pesante: «Interesse privato del curatore negli atti del fallimento». Mica scherzi. Comunque la si metta, è una storiaccia. La notizia è stata data dal Fatto, il diretto interessato smentisce e annuncia querela ai danni del direttore del quotidiano giustizialista. Ma, essendo improbabile che i togati abbiano passato una bufala al “loro” giornale, è inevitabile sospettare che la poco lieta novella sia stata fatta pervenire al giornale ancora prima che all’interessato.
Forza Italia fa quadrato e conferma la candidatura. Il Pd annaspa nell’imbarazzo. La vice Serracchiani si limita a confermare che «il nostro candidato è Violante». Però, senza impegnarsi troppo, ripete anche la lezioncina del maestro Matteo, per cui «l’avviso serve all’indagato, per fare chiarezza». Chiacchiere.

Il fattaccio sarebbe una grana coi fiocchi anche in condizioni normali, figurarsi in quelle disastrose in cui versano le nomine in questione. Una parte del Pd già proprio non ce la faceva a supportare Bruno, considerato il pargolo di Cesarone Previti. Con l’avviso di mezzo non se ne parlerà proprio. Sel aveva accettato di votare Violante (con parecchi mal di pancia) in cambio della nomina al Csm della sua candidata Paola Balducci, ma su Bruno non si era mossa di un dito. Quanto al più volte colpito ma non ancora affondato Luciano Violante, anche lì il voto di martedì sarebbe comunque a massimo rischio. Berlusconi prosegue nella trattativa con la Lega per strappare la determinante trentina di voti necessari ma i plenipotenziari di Salvini esigono in cambio un candidato forzista come targa, ma per tutto il resto gradito al Carroccio. Non è facile trovarlo ed è molto più difficile imporlo alla riottosa massa di parlamentari incontrollabili.

Dunque anche senza l’intervento a gamba tesa di Isernia e del Fatto, la partita sarebbe stata complicata. Con l’avviso, se confermato, diluvierà sul fradicio. Buona parte della truppa azzurra ha già dimostrato di tenere in poco conto gli ordini di scuderia al momento di votare Violante. Una volta abbattuto Bruno, i reprobi potrebbero moltiplicarsi. In una vicenda gestita nel peggiore dei modi, la conferma della paralisi sulla Consulta, martedì, si porterebbe dietro anche quella del Csm, dove la faccenda è per certi versi più delicata perché mentre la Consulta può comunque lavorare, fino alle nomine e oltre l’organo di autogoverno della magistratura è in panne.

Per il già furibondo Napolitano potrebbe essere la goccia finale (anche se parecchi in Parlamento addebitano proprio alla sua insistenza su Violante il guaio). Sopporterebbe una definitiva fumata nera se il ricambio fosse già pronto, ma così non è. La caduta del ticket lascerebbe Consulta e Csm nel caos.
Creando così una situazione pericolosa, perché se Renzi e Berlusconi si accorderanno davvero su una legge elettorale che, assegnando alla lista il premio di maggioranza, falcidierebbe i partiti minori, le camere si riempiranno all’istante di deputati e senatori pronti a cogliere ogni occasione per far saltare il tavolo e votare subito. Con una legge elettorale molto più favorevole di quella che incombe dietro l’angolo.

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