L’occasione era troppo ghiotta per lasciarsela scappare e lui, da vecchia volpe della politica, l’ha presa al volo. Sparando ad alzo zero contro Matteo Salvini. «Alla Lega serve un nuovo leader» ha detto, dritto per dritto, Umberto Bossi. Per il segretario leghista, già in una fase difficile della sua vita politica, un colpo durissimo da incassare. Gemonio, casa del Senatur. Un centinaio di militanti, «duri e puri» della prima ora, ieri si sono riuniti per festeggiare, a modo loro, il compleanno della Lega. Un omaggio a chi, dicono, «quarant’anni fa ha regalato un sogno a tutti gli uomini liberi del nord». Arrivati da diverse parti della Lombardia, hanno sventolato le bandiere della Lega che fu, tra slogan secessionisti e dichiarazioni nostalgiche.

LA MAGLIETTA PIÙ DIFFUSA, quella con la scritta «Mai più schiavi di Roma». Hanno resistito sotto un sole cocente, non abituale in questo periodo da quelle parti (ma non si parli di cambiamenti climatici per carità), fino alla sorpresa finale. Il Senatur apre le porte di casa sua e li accoglie per un brindisi e una fetta di torta. E, «contento per aver visto tanta gente che non vedeva da tempo», si sfoga: «Salvini ha preso la sua strada ma ci vuole un po’ di testa». E anche un nuovo leader, aggiunge, senza giri di parole. «Deve andare nella direzione dell’autonomia, rimettere al centro la questione settentrionale», spiega. Insomma, fare l’opposto di chi, negli ultimi anni, ha abbandonato le sue radici per imprimere una svolta nazionalista e sovranista alla Lega.

IL MINISTRO GIORGETTI sarebbe un buon sostituto, per Bossi, ma evita di indicarlo come possibile successore di Salvini perché, dice, «altrimenti lo massacrano». Che la giornata sarebbe stata «frizzantina» lo si era capito da alcuni indizi: nella notte tra giovedì e venerdì (giorno esatto della nascita della Lega Autonomista Lombarda, atto firmato a Varese nello studio notarile dell’avvocata Franca Bellorini) sulla strada che costeggia la dimora di Umberto Bossi era apparsa una scritta sull’asfalto: «Grazie Bossi, Leoni, Manuela» (Leoni è Giuseppe, ex senatore del Carroccio, Manuela è Marrone, la moglie di Bossi, tra i firmatari dell’atto fondativo ndr). Accanto, un sole delle Alpi.

ALL’INGRESSO DEL PAESE, poco meno di 3 mila abitanti in provincia di Varese, un semplice «W Bossi». Ancora, le parole della vigilia dello stesso Leoni, che aveva attaccato frontalmente l’attuale segretario federale: «La sua Lega è un’altra cosa, una degenerazione». E, a fargli eco, il coordinatore del Comitato Nord Paolo Grimoldi, ultimo segretario eletto della Lega Lombarda: «L’attuale Lega non è più quella delle origini, Salvini faccia un passo indietro, alle europee temo che sarà una caporetto». Non male per un partito che celebra il suo quarantesimo compleanno e, nella testa del segretario federale, sarebbe dovuto essere un momento di almeno apparente unità. Ma a volte, quando per festeggiare il tuo compleanno organizzi più di una festa, vuole dire che hai molti amici, e stai passando un periodo felice della tua vita.

ALTRE VOLTE, invece, significa che è meglio che chi per diverse ragioni fa (ho ha fatto) parte della tua vita non si incontri, perché il rischio è che rovini la festa. Per la Lega, per dirla alla Corrado Guzzanti, è «la seconda che hai detto». In questo momento ci sono almeno due leghe: quella sovranista e nazionalista di Salvini, che dopo la sbornia iniziale e i successi elettorali (oltre il 30% alle europee del 2019) sta vivendo un periodo di profonda crisi; quella della prima ora, nordista e federalista, che rialza la testa e si fa sentire. O forse, come ha dichiarato l’ex ministro e leghista della prima ora Roberto Castelli, ora animatore del Partito Popolare del Nord, non ce n’è «nemmeno una». Ma sarebbe uno scenario troppo bello per essere vero.

LA LEGA «UFFICIALE» festeggia oggi a Varese, davanti alla sua storica sede, in una celebrazione organizzata all’ultimo momento e di gran fretta. Umberto Bossi, invitato, non ci andrà, ha spiegato secco ieri. Salvini potrebbe replicare, ma sarebbe gettare benzina sul fuoco in un momento già complicato. Il partito più antico del parlamento italiano festeggia il suo compleanno diviso. I nostalgici della Lega Nord idealmente abbracciati al loro vate Bossi. I fedelissimi del «nuovo corso» salviniano asserragliati in difesa del presente. «Senza Matteo la Lega sarebbe finita», le parole di Andrea Crippa, megafono del segretario federale. All’orizzonte le elezioni europee, spartiacque per il futuro della Lega: «Nord» o «Per Salvini premier» che sia.