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Borges e Bioy, smarginature del reale come segno d’autore

Borges e Bioy, smarginature del reale come segno d’autore

Letteratura argentina Da Adelphi «Racconti brevi e straordinari», del 1955. In uscita i saggi di «Storia dell’eternità», pubblicati da Borges nel '36

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 4 ottobre 2020

Se c’è un concetto matematico che ben si presta a descrivere una qualità dell’opera di Borges è quello di «frattale»: per quanto minima sia la sua estensione, questo oggetto geometrico possiede la stessa struttura dell’unità superiore, e la ripete dunque su diverse scale. L’opera di Borges esibisce difatti insistenze tematiche e strategie retoriche ricorrenti, tali da poter ravvisare similitudini anche tra volumi distanti cronologicamente, e ai quali è toccata diversa fortuna: è il caso degli ultimi due titoli riproposti da Adelphi nell’ambito della riedizione delle opere di Borges a cura di Tommaso Scarano, i saggi di Storia dell’eternità, del 1936 (pp. 116, € 9,50, in uscita il 22 ottobre) e l’antologia Racconti brevi e straordinari (pp. 204, € 15,00) che Borges compilò insieme ad Adolfo Bioy Casares, e pubblicò nel 1955.

Nei vent’anni che separano questi volumi, Borges torna più volte sul tempo, «mistero metafisico, naturale, che deve precedere l’eternità, la quale è figlia degli uomini». Il paradosso intrinseco al titolo, Storia dell’eternità, denuncia l’atteggiamento ludico e irriverente del ragionare borgesiano, che assimila le speculazioni filosofiche e le invenzioni della letteratura per discutere lo scorrere del tempo e così dimostrarne l’illusorietà. Il catalogo di riferimenti – Plotino, Platone, Sant’Agostino, Nietzsche – è ampio ed erudito: Borges è infatti affascinato dal pensiero astratto e dai misteri della metafisica, i cui postulati trasforma in inesauribile fonte di meraviglia, come si può apprezzare in Racconti brevi e straordinari e nel libro che ne è senz’altro il modello ispiratore, l’Antologia della letteratura fantastica, altro frutto del sodalizio con Bioy, cui collaborò anche Silvina Ocampo.

L’idea della letteratura come artificio, della continuità tra la realtà e la finzione, tra il mondo e il libro – ambedue ciclici e inesauribili, unici e molteplici come il tempo – sottesa alla peculiare nozione di fantastico metafisico di quella prima antologia, è anche la cifra dei Racconti brevi e straordinari. Il volume raccoglie 110 tra fiabe, parabole, aneddoti – «a condizione che siano brevi», come recita la nota preliminare – giustapponendo tradizioni e leggende di latitudini ed epoche diverse. Dalle saghe norrene a quelle indiane, l’esotico si rivela anche straordinario, cioè magico, sede di prodigi inattesi o spaventosi.

Lo slittamento nel sogno, le manifestazioni dell’illusorietà dei sensi o i paradossi temporali provocano quella smarginatura del reale che è il tema consueto dell’opera dei due argentini e anche il leit-motiv dei testi qui riuniti, i quali illustrano, come precisano gli autori, «l’essenziale di ciò che è narrazione». Nel loro segreto e costante intervento sui testi, con cui reinventano forma e funzione dell’antologia, sta l’originalità del volume, il «segno d’autore» di Borges e Bioy. La brevità, ad esempio, è il risultato dei tagli su testi di lunghezza canonica: molti dei racconti antologizzati, infatti, non esistono in forma autonoma se non in queste pagine, e acquistano senso solo tramite l’uso sapiente di titoli creati ad hoc e l’accostamento con i testi contigui.

Il gioco degli apocrifi e delle false attribuzioni – caro a Borges – svuota d’esemplarità questi racconti, aprendoli invece alle allusioni ironiche, che implicano un certo patto col lettore, riassumendo la quintessenza di quello che sarebbe poi stato definito «lo statuto borgesiano», che si andò affinando grazie al dialogo ininterrotto e felice con l’amico Bioy, come le pagine di questo prezioso volume senz’altro dimostrano.

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